Agriturismo Oneda

 



 

AGRITURISMO “ONEDA”:

UN'AZIENDA CHE CONTINUA A CRESCERE

 

Ebbene si, un'azienda agricola che si tramanda da generazioni, una tradizione che viene donata da padre a figlio e da nonno a nipote.

É così che l'azienda agricola Invemizzi Giacomo e Felice continua nella sua operosità fino all'anno 2018 quando sorge questa domanda: "Chi continuerà nella gestione dell'azienda?"

Davide, figlio di Felice, senza esitazioni si prende la responsabilità di allevare, produrre formaggio e valorizzare il territorio che lo circonda. In collaborazione con papà Felice, Zio Giacomo e l'amico Michele decidono di portare avanti una storia piena di sacrifici ma soprattutto di nuovi progetti.

E qui nasce la Società Agricola “Oneda”. Al loro fianco si aggiungono Zia Rosa (sorella di Giacomo e Felice) ed io Barbara, moglie di Davide.

Inizialmente lo affianco solo in parte, nel tempo libero dal mio lavoro, e mi offro per sbrigare le pratiche d'ufficio. Poi un giorno io e Davide ci fermiamo a pensare e ci chiediamo seriamente cosa vogliamo nel nostro futuro per noi e per il nostro bambino. Sicuramente far sì che Riccardo cresca a contatto con gli animali e con la natura, che preferisca una passeggiata nel bosco piuttosto che la tv. E per noi vorremmo uno stile di vita che ci dia l'opportunità dl poter scegliere cosa fare con la consapevolezza di rischiare, anche di poter perdere ma sempre con lo spirito di lottare e ricominciare.




Decidiamo così di valorizzare questa azienda con l'idea di aprire un agriturismo proprio qui, in località Oneda, da cui poi prenderà il nome. Ci informiamo subito per tutto il necessario e, visto che il cammino non sarà semplice, il 22 gennaio 2019 iniziamo il corso per poter diventare imprenditori agrituristici.

Una volta terminato il corso, è il momento di progettare e iniziamo i lavori… piano piano il nostro agriturismo prende forma. Le emozioni nel vedere ogni giorno quel pezzetto che si aggiunge, sono davvero tante come lo sono state le arrabbiature e le preoccupazioni che a volte ci hanno fatto pensare di gettare la spugna.

Questo era il nostro sogno e si stava avverando. A gennaio 2020 impostiamo un po' il tutto e si decide che a Maggio 2020 si apre. I mesi passano, i lavori stanno per terminare fino a quando non ci ha raggiunto il primo lockdown da covid 19... Un momento che non dimenticheremo, pensieri e preoccupazioni si fanno sentire anche perché non sappiamo cosa potremo fare e quando potremo aprire. Per qualche mese rimaniamo bloccati poi finalmente il 15 agosto apriamo.

Ci occupiamo dl ristorazione utilizzando i prodotti della nostra azienda agricola (formaggi, carni e salumi). Prepariamo piatti semplici e genuini seguendo le tradizioni del nostro territorio, il tutto condito da tanta passione per il nostro lavoro. All'interno del locale esercitiamo anche la vendita dei nostri prodotti.

Dopo quasi tre mesi di apertura possiamo dire che è stata una scelta sofferta, pensata e ripensata, piena di sacrifici e rinunce, ma la soddisfazione per il nostro lavoro e l’orgoglio per essere qui a mandare avanti una tradizione di famiglia sono la risposta a tutto.

Vi aspettiamo! Appena sarà possibile!

                                  

                                                                                    Barbara e Davide


IL GRINZONE n.73




Sport Estate 2020

 



 

SPORT ESTATE 2020

 

Sport Estate 2020 è un'iniziativa di EVO (Experience Valsassina Outdoor) rivolta a residenti e villeggianti,  realizzata nel contesto del progetto C.I.M.E. (co-finanziato da Regione Lombardia e Fondazione Cariplo), al quale anche il Comune di Pasturo ha formalmente dato il proprio sostegno. All'iniziativa hanno partecipato le società sportive Hidamora (parkour) e Sbanda Brianza (skate board). L’attività di Sport Estate ha coperto le 8 settimane di luglio e agosto 2020, durante le quali i partecipanti hanno praticato diverse discipline sportive, a livello non agonistico ma esclusivamente socio-aggregativo: dalla semplice passeggiata sui monti alla spiaggia del lago, dall’arrampicata allo skate-board e al parkour…
In totale si sono iscritti poco meno di duecento minori tra i 5 e i 14 anni, e hanno prestato servizio venti collaboratori tra cui Davide Bellelli (ideatore e organizzatore di Sport Estate), diversi addetti di EVO ssdrl e alcuni preziosi genitori, ma soprattutto 15 adolescenti volontari in qualità di animatori. Partecipanti e volontari provenivano per due terzi da Pasturo e dall'intera Valsassina, il rimanente terzo era composto da villeggianti di svariata provenienza. Ragazzi valligiani, brianzoli, metropolitani si sono ritrovati insieme per diverse settimane, stringendo spesso nuove amicizie.




Caro Grinzone,

quando mi hai chiesto di raccontarTi cos'è successo a Pasturo quest'estate - devo ammetterlo - ho istantaneamente ceduto alle sirene della lusinga e dell'auto-incensazione. Un “successo”, quando si presenta, lo si riconosce volentieri e, pagati i dovuti tributi a chiunque lo abbia reso possibile, ci si abbandona al diletto dell'encomio e magari al lusso del panegirico.

Ma questa volta è diverso. Sì, è andata bene. Sì, siamo stati bravi (seppur con diversi 'nei’…). Sì, nessuno se lo sarebbe aspettato. Ma, ripeto, questa volta è diverso. Lascio che siano le immagini a raccontare ciò che le parole comunque non riuscirebbero a dire, oppure ciò che richiederebbe sinceramente ben altra favella di quella misera di cui dispongo senza scadere nello scontato e nel retorico. Quindi caro Grinzone, visto che il Tuo lettore è comunque di età per lo più adulta, Ti riferisco cosa mi bolle or ora in animo - e pur mi turba.

Da quel 6 luglio sono trascorse otto settimane in cui, un po' in barba alla malsanissima e deleteria ipocondria che tutti ci ha pervaso, mi sono follemente accollato l'onere (rendendomene conto in corso d'opera) di aprire le gabbie e sottrarre alla cattività quasi duecento cuccioli di sapiens sapiens piuttosto “conciati” e ancora ben intontiti dai più pericolosi degli stupefacenti: la sfiducia e la diffidenza.

Ora, caro Grinzone, io reo confesso di rimessa in libertà di specie ingabbiate per legge, mi chiedo: come facciamo noi adulti - genitori, insegnanti, educatori in generale - a non accorgerci di cosa è stato fatto a questi cuccioli e cosa rischiamo di fare nuovamente di qui a breve? Ci rendiamo conto che il sapiens sapiens è una specie relazionale, un animale sociale, una bestia che vive in branchi e da sola muore? E ci rendiamo conto che è puro autolesionismo ingabbiare i cuccioli per preservare gli anziani del branco?

In otto settimane di assembramenti, commistione di provenienze, rimescolamento di ceppi famigliari non è successo nulla. Nulla. Mi auguro che nei mesi di potenziale follia che stanno nuovamente di fronte ai nostri piccoli, il ricordo della Libertà e della Normalità (!) infantile e preadolescenziale di cui hanno goduto li aiuti a tirare avanti. Spero anche che facciano dannare, ma veramente dannare, quegli adulti zelanti e pedissequi nell'immascherarli e implotonarli nella demenzialità legalista che li sacrifica senza scrupoli sull'altare della pubblica incapacità di tutelare la salute di chi deve essere tutelato. Chi si ammala venga protetto, ma la vita deve proseguire: per proteggere le piante dai parassiti ci mettiamo a tagliare i boccioli?

Sono anch'io genitore e se una legge ammalora mio figlio, non posso tacere. È indecente solo pensare di privare questi bambini e ragazzi della loro normalità - a partire dall'istruzione quotidiana assieme ai loro compagni.

Perdonami Grinzone, ma altro proprio non ti dico: guardati le immagini e augurati con me che tutte queste piccole birbe possano continuare a fare il loro mestiere di rompiscatole nei mesi a venire, con la stessa salutare, salvifica e meravigliosa naturalezza con cui hanno rotto le scatole a me quest'estate. 

Grazie bimbe, ragazzi e animatori per le notti insonni che mi avete fatto passare, e per tutte le volte che mi avete fatto perdere le staffe; vi devo una inattesa “botta di vita”. Ho avuto un'infanzia e un'adolescenza fortunatamente migliore della vostra: senza mascherina, senza telefono, senza gps che mi rintracciasse, senza adulti nei paraggi, senza reality shows culinari, senza social networks, senza manie di moda o tecnologia, e - per fortuna, per quanto mi hanno insegnato - correndo rischi oggettivamente ben maggiori di quelli da cui noi adulti oggi vi costringiamo a proteggervi.

Ho tentato perciò di farvi assaggiare un po' della libertà e della curiosità di cui ho goduto io, a voi sconosciuta. Libertà e curiosità che quando sarete grandi faranno rima con valori e qualità positive, non certo con smartphone, tecnologia, mascherina o distanziamento, e ancor meno con paura del prossimo (al riguardo - mi sia cristianamente concesso - Madre Teresa di Calcutta gli ammalati se li portava a casa; non ricordo però sue fotografie in mascherina o dietro al plexiglas ...).

Per concludere vorrei menzionare alcune persone che hanno affiancato il sottoscritto in fase di 'parto' della proposta e - soprattutto - che con monastica pazienza lo hanno supportato e assistito durante tutta questa imprevista avventura: Massimiliano, Massimo, Adriano, Elena, Cristian. Senza di loro non si sarebbe fatto nulla. L'ultimo grazie, sincero e indispensabile, alle famiglie: senza la loro fiducia nessuno di noi avrebbe combinato alcunché.

 

                                                                                          Davide Bellelli


IL GRINZONE n.72



 

Missionario al contrario

 



 

MISSIONARIO AL CONTRARIO

 

Chi poteva immaginare che un giorno, un africano del Congo, cresciuto tra il verde equatoriale e il caldo tropicale, si sarebbe innamorato delle Pre-Alpi Orobie andando a vivere tra l'altopiano valsassinese e il paese ai piedi della Grigna Settentrionale… Un background valsassinese che, nel corso di ben 17 anni, ha plasmato la mia nuova identità. Perché, da che mondo è mondo, ogni volta che un popolo è entrato in contatto con un altro popolo ha sempre subito ineluttabilmente un cambiamento, un mutamento; ed è proprio la diversità dell'altro ad arricchire la nostra personalità. Il mio credere alla bellezza delle diversità in questi anni di presenza tra Bàrs e Pastür mi ha aiutato a coniugare le diversità delle due sponde del torrente Pioverna, facendo di me un ibrido Valsasnat, ed io mi sento fiero di esserlo.



Innamorato perso della mia terra d'origine, la Repubblica Democratica del Congo, arrivai in Italia, nel 2002, grazie all’amicizia con don Francesco Pedretti, sacerdote della Chiesa ambrosiana e fondatore del Centro di Orientamento Educativo, e a una borsa di studio che mi consentì l’iscrizione alla facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica a Milano. Un vero cursus di studi, alla scoperta di sé e uno strumento per approfondire quanto è decisiva in ogni esistenza la dimensione dell’incontro: “L’uomo non è fatto per vivere da solo, è fatto per entrare in rapporto con l’altro”. Ogni ‘io’ si realizza nell’interazione con un ‘tu’, ogni identità si arricchisce incontrando altre identità. Oggi come oggi cerco di mettere a frutto questo convincimento, veicolando nelle realtà scolastiche i vari percorsi educativi, condividendo con i giovani i temi della convivenza, della coabitazione e dell’integrazione. Parlo della mia terra nella sua varietà invitandoli ad oltrepassare i pregiudizi e stereotipi e a valorizzare il bello delle culture. Nella mia cultura sub-sahariana africana, bantù, congolese, ci sono valori culturali che fanno invidia a tutto il mondo, così come ci sono degli aspetti della medesima cultura di cui vergognarsi. Nella vostra/nostra cultura occidentale, mediterranea, italiana, valssasinese, ci sono altrettanto valori culturali da lodare, come ci sono aspetti di cui vergognarsi... ed è qui che viene il bello, il punto della nostra maturità, ovvero setacciare, prendendo il bello dei popoli e scartando il brutto dei popoli, ognuno però nella propria libertà di scelta.

Grande sette volte più dell'Italia e ricco di risorse minerarie, la Repubblica Democratica del Congo (RDC), ex Congo belga, ex Zaire, è il secondo paese più grande dell'Africa, dopo l'Algeria. Nonostante abbia il sottosuolo più ricco del pianeta, oggi si ritrova tra i paesi meno sviluppati del pianeta. La disintegrazione delle strutture economiche formali e la crisi del controllo politico autoritario post-coloniale, lo stanno spostando sempre più lontano da percorsi riconosciuti di sviluppo. Un paese dilaniato da vent'anni di guerra assurda, decimato dagli “assettati di ricchezze”. All’origine di quella che viene presentata come guerra civile, c’è una lotta per il controllo delle risorse in cui sono coinvolti grandi interessi internazionali ed oligarchie locali. “Il Congo è il termometro della dimenticanza del mondo”.

Ecco perché il mio cuore piange e geme a causa dell'egoismo dell'umano, a causa dell'ipocrisia dell'umano, a causa dell'avarizia dei comuni mortali.

Motivo per cui nei miei incontri nelle scuole cerco di far scoprire popoli e culture in gran parte sconosciuti ma che le migrazioni hanno portato in Italia, tento di farmi ambasciatore di quella cultura dell’incontro, evocata da Papa Francesco, che rappresenta la risorsa più efficace per costruire una convivenza con radici solide in un Paese sempre più multietnico.

Questo desiderio dell'incontro tra varie culture ha fatto scaturire in me il desiderio di iniziare un percorso che facilitasse l'incontro tra persone e tra culture. Quale modo migliore per 

sincronizzare le persone se non utilizzare lo strumento più potente che abbatte i muri, la musica? Nel 2010 è stato fondato Elikya, che in lingua lingala del Congo significa “Speranza”, un coro e una realtà associativa che oggi opera su tutto il territorio italiano, è formato da 60 coristi e una decina di musicisti originari di 16 Paesi diversi, in un contesto sociale ed ecclesiale molto vario e mutevole. Elikya vuole mostrare, attraverso la sua espressione, come sia possibile una convivenza pacifica tra giovani appartenenti a diverse nazionalità, lingue e religioni differenti. Il nostro progetto attraverso il linguaggio universale della musica trasmette un messaggio di speranza per tutti i popoli della terra. I principi di pace e fratellanza che danno vita ad ogni azione, vogliono essere la testimonianza di una integrazione e inclusione possibile dove le differenze vengono riconosciute per trovare insieme un massimo comune denominatore, un modello di integrazione che può rispondere alla domanda di quale cambiamento sia possibile al fine di costruire un “mondo di Bene”. Ergo, ringrazio questa terra che mi ha reso un fratello tra i fratelli nella “valle dei sassi”.


                                                                                         Raymond Bahati


IL GRINZONE n.67



 

 

 

Restauri in corso

  



 

RESTAURI IN CORSO

 

La fede e la devozione dei nostri antenati nei secoli passati hanno lasciato una traccia tangibile della loro fede nelle numerose chiese che costellano il territorio di Pasturo.

Ricordiamo le più importanti: la parrocchiale di S. Eusebio, la Madonna della Cintura, la chiesa di San Pietro a Baiedo, la chiesa di S. Andrea al cimitero, la chiesa del Sacro Cuore ai Grassi Lunghi, la chiesa di San Calimero ai monti, la chiesetta degli Alpini in Cornisella, la cappella della Madonna dei sentieri in cima al Grignone. Senza contare le cappelle nelle case dei privati.

Per qualcuno troppe queste chiese…!

E invece per noi sono tutte costruzioni preziose erette dalla volontà di un popolo che in questi luoghi sacri ha voluto esprimere, nelle varie vicende della storia, una visione di fede della vita; ha voluto manifestare gratitudine e riconoscenza al Dio che non fa mai mancare i segni della sua Provvidenza; un popolo che, disperso nei lavori della terra, rivolgeva a questi luoghi santi il suo sguardo invocando, fiducioso, protezione e aiuto.

E questi edifici sacri meritavano l’impegno generoso perché fossero splendidi di opere d’arte. E si faceva a gara nella generosità per dare sempre più bellezza e splendore a questi luoghi, agli arredi sacri, ai paramenti e alle suppellettili.

E noi abbiamo un’eredità di un valore storico e artistico immenso che ci è invidiato e di cui siamo giustamente orgogliosi.

Così come non è mai venuto meno lungo i secoli lo sforzo e il sacrificio di molti per mantenere queste strutture nella loro bellezza e nel loro decoro.



Non ultima, in questo senso, anche la decisione di intervenire sulla chiesa di S. Andrea che presenta i segni impietosi del tempo che trascorre. Questa chiesa di cui si è persa nei secoli la memoria delle origini, ma che senza dubbio conserva le reliquie di tanti secoli trascorsi, è altrettanto cara alla devozione della gente di Pasturo quanto il santuario della Madonna della Cintura, forse perché raccoglie e custodisce, accanto, coloro che ci hanno preceduto e il cui ricordo portiamo nel cuore. Non per nulla la chiesa si riempie di fedeli in particolare nei giorni dell’ottava dei morti.

Si è reso necessario intervenire sulla struttura muraria per consolidarla e per rinforzare le parti ammalorate. Lo studio preventivo è stato fatto dai tecnici della Curia arcivescovile e dopo una lunga e laboriosa gestazione è stato messo in opera, seguendo le indicazioni della Sovrintendenza Regionale ai beni ambientali. I lavori eseguiti da ditte specializzate in questo settore sono poco visibili perchè tutti interni alle pareti e alla volta sopra l’altare, ma ci danno la garanzia che ora la stabilità della chiesa è assicurata.

Un secondo intervento che sarà presto realizzato comprende il restauro degli intonaci e delle decorazioni del presbiterio. Anche questo nella fedeltà alle indicazioni della Sovrintendenza.

Non è certo un intervento risolutivo perché occorrerà, in un secondo tempo, intervenire sul tetto e sulle facciate esterne.

Per il finanziamento dell’opera la popolazione ha già dato un notevole contributo economico (circa 30.000,00 euro), che unito al finanziamento della Fondazione Comunitaria del Lecchese (24.000,00 euro), coprirà buona parte della spesa, prevista in circa 60.000,00 euro. La generosità della popolazione di Pasturo farà il resto.    

 

                                                                                      don Antonio


IL GRINZONE n.72



Da lassù non si vedono confini

 



 

DA LASSU' NON SI VEDONO CONFINI

 

Quando si può dire che una serata sia riuscita? Proviamo ad elencare le condizioni necessarie: molte persone ad assistervi, un argomento interessante, un relatore capace di dare informazioni nuove e di suscitare entusiasmo. Nell’incontro con Paolo Nespoli di domenica 23 giugno tutte e tre queste condizioni si sono realizzate mescolandosi all’istrionica capacità dell’astronauta di incantare il pubblico. Più che di una conferenza si è trattato di uno spettacolo teatrale con un attore abilissimo ad interagire con gli spettatori sia che si trattasse di bambini o di adulti. Però gli attori recitano una storia inventata, mentre quella che Nespoli ha raccontato al pubblico che riempiva la sala del cinema “Bruno Colombo” di Pasturo è una storia vera, quasi incredibile, ma vera. Si è trattato di un inno a credere alle proprie potenzialità.




Nel suo libro “Dall'alto i problemi sembrano più piccoli”, pubblicato nel 2012, Nespoli racconta del suo incontro con Oriana Fallaci mentre, negli anni ottanta, partecipava come militare italiano ad una missione di Pace in Libano. La scrittrice lo spinse a tentare di realizzare il suo sogno di diventare astronauta. Lasciò l’esercito, si trasferì a New York divenne ingegnere aerospaziale ed imparò l’inglese. Nel corso della serata Nespoli ha raccontato con ironia le mille selezioni prima di diventare, nel 1991, un candidato astronauta dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Poi la lunga attesa da “candidato astronauta” fino al 2007 e, finalmente, la sua prima missione in qualità di esperto incaricato di coordinare le operazioni di montaggio di alcune componenti della Stazione Orbitante Internazionale. Nel 2010 e nel 2017 altre due missioni per un totale di 313 giorni, 2 ore e 36 minuti vissuti da “extraterrestre” nello spazio. In orbita a quattrocento chilometri di altezza, ma al lavoro per tutti noi “terrestri” perché impegnato in continui esperimenti scientifici possibili solo lassù, in assenza di peso.

Fortissimo il messaggio scientifico e, in un momento in cui c’è chi blatera di “terra piatta” oppure nega le missioni spaziali, c’era proprio bisogno di una testimonianza diretta e potente. L’esperienza della stazione orbitante internazionale, nata dalla collaborazione tra scienziati di tutto il mondo, mostra le enormi potenzialità della collaborazione scientifica tra le diverse nazioni. “Da lassù non si vedono confini” ha più volte ripetuto Nespoli mentre ci donava le splendide immagini del nostro pianeta che ha avuto la fortuna di ammirare dallo spazio. Nel video intitolato “Nasa Silence”, a cui Nespoli ha collaborato, si succedevano albe, tramonti, aurore boreali e soprattutto si evidenziava la sottilissima striscia dell’atmosfera che ci avvolge e nutre uomini, animali, alberi come fosse una placenta azzurra che rende tutti figli di un’unica madre e quindi fratelli. Altro messaggio fortissimo che Nespoli ha saputo donarci è quello della capacità di impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi e non si tratta certo di un messaggio scontato. Il consumismo non vuole persone forti, capaci di lottare per i propri ideali. Meglio che il consumatore sia una debole preda dei messaggi pubblicitari, mentre Paolo Nespoli ci ha mostrato tutta la forza di volontà che lo ha reso capace di non arrendersi mai e di operare per una ricerca scientifica al servizio di tutti. L’astronauta ha usato più volte la frase ”acquisire la capacità di collaborare mentre si è in emergenza”, frase che, oggi più che mai, si dovrebbe applicare non solo alle missioni spaziali, ma alle sorti di tutto il nostro meraviglioso pianeta azzurro.

In un’intervista del 2017 Nespoli dichiarò che, vista dallo spazio, la nostra Terra sembra una nave azzurra che naviga in un infinito oceano-cielo con tutti noi a bordo come marinai. Alcuni sono a poppa, altri a prua però sembriamo non renderci bene conto di essere tutti sulla stessa nave e che l’atteggiamento più naturale sarebbe quello di collaborare per farla navigare nel modo migliore possibile.

                                                                                                                                         Ruggero Meles

 

IL GRINZONE n. 68