Il triassico del Grignone



 

IL TRIASSICO DEL GRIGNONE


Quando due anni fa il Monte San Giorgio, tra Varese e Canton Ticino, divenne Patrimonio mondiale del’Umanità UNESCO per il suo valore paleontologico, proposi al gruppo europeo ‘Triassico’, di visitare il nuovo sito UNESCO e alcune altre località lombarde molto importanti, tra le quali non poteva mancare il gruppo delle Grigne, dove oltre 150 anni fa l’Abate Antonio Stoppani muoveva i suoi primi passi nella geologia. L’invito venne subito accolto mentre il gruppo era in visita alle Dolomiti, anch’esse appena iscritte nel Patrimonio dell’Umanità. Con i miei colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano, abbiamo quindi incominciato a pensare l’organizzazione sempre più nei dettagli e la Valsassina ha fatto la parte del leone con due giornate su quattro di escursione, il Grignone appunto e i Piani di Artavaggio dove le rocce sono un ‘pochino’ più recenti (solo 20-25 milioni di anni!) rispetto a quelle delle Grigne e sono studiate dal collega Prof. Flavio Jadoul. Ci aspettavamo una trentina di partecipanti, eravamo in 25 con il sottoscritto ma dobbiamo tenere presente che ogni anno i problemi per chi fa ricerca diventano sempre maggiori e trovare un finanziamento è quasi impossibile soprattutto in Italia. Comunque siamo stati in media con le altre escursioni, a parte le Dolomiti… dove si è raggiunta la quota 80 partecipanti perché la maggior parte ha abbinato le vacanze!

Quello che ci interessa più da vicino è comunque la giornata del 3 settembre che ci ha visto salire in carovana verso il Pialeral per poi avviarci verso la Baita Amalia e da lì verso gli Scudi. Con il Prof. Maurizio Gaetani, che da 40 anni si occupa anche delle Grigne tanto che gli abbiamo dedicato il nuovo pesce trovato proprio agli scudi, Stoppania gaetanii, abbiamo seguito una parte del sentiero geologico, quella più importante per gli specialisti, perché permette di seguire strato dopo strato l’evolversi degli antichi ambienti di deposizione in quella che era una grande laguna più o meno profonda che si incuneava nelle acque profonde pochi metri dove si deponeva la Formazione di Esino, cioè i calcari e le dolomie massicce che hanno reso le Grigne (e tante montagne delle Dolomiti) così belle e famose. Calcare di Angolo, Formazione di Bellano, Calcare di Prezzo e Formazione di Buchenstein non diranno molto agli abitanti di Pasturo, ma sono i nomi che i geologi hanno dato a ciascun tipo di roccia sedimentaria a seconda dell’ambiente di deposizione e dell’età. Alcuni, la Formazione di Esino o quella di Bellano, sono chiaramente legate alla tipicità delle Grigne, altre, come il Buchenstein, vedono la loro origine molto lontano, nelle Dolomiti, ad ulteriore testimonianza della similitudine che c’è tra le nostre montagne e quelle. D’altra parte se mettessimo le Grigne o il Resegone in Gardena o in Val di Fassa, nessuno troverebbe nulla da dire…ci starebbero benissimo.

Ma torniamo al nostro giro geologico. Un po’ più lenti del previsto, sia perché l’interesse provoca richieste di approfondimenti e discussioni, sia perché qualcuno non era proprio al massimo della forma, siamo arrivati alla Baita dello Scudo e da li siamo saliti allo scavo paleontologico.



Certo, sarebbe stato bello far vedere un scavo in attività, ma ormai da tre anni siamo fermi, quindi ci si è dovuti accontentare delle mie spiegazioni. Purtroppo mentre si stavano facendo le osservazioni sugli strati fossiliferi è iniziato a piovere, non forte, ma l’ambiente non permette di rischiare, soprattutto con persone non proprio avvezze al sentierino che dovevamo percorrere e quindi siamo rientrati rapidamente. Il programma prevedeva di risalire il crinale sopra la Baita e raggiungere la base dello Scudo, dove si vede molto bene il passaggio dagli strati sottili della Formazione di Buchenstein alla parete non stratificata dell’Esino, ma non si poteva certo rischiare anche se alcuni avrebbero voluto farlo ugualmente. Così, con grande sacrificio… siamo arrivati in anticipo al Rifugio Antonietta dove Dario ci aspettava con pizzoccheri e polenta uncia a go-go… accidenti anche la grolla! Chi li levava più da sotto il tavolo? anche perché continuava a piovere e l’dea di dover continuare il nostro lavoro veniva messa in secondo piano. Comunque chi organizza deve anche alzare la voce e quindi siamo ridiscesi, ma i formaggi della Valsassina avevano lasciato il segno a giudicare da quanto è stato acquistato il giorno seguente!

Con calma siamo quindi tornati sul fondo valle per andare a Parlasco ad osservare i calcari neri del Calcare di Perledo-Varenna, nomi famosi già ai tempi dello Stoppani per il ritrovamento del Lariosaurus e di tanti pesci. Lungo la strada verso Esino, anche se continuava una noiosa pioggerellina, abbiamo quindi completato la parte ‘di terreno’ come diciamo noi geologi. L’ultima fermata ufficiale, oltre alla richiesta, esaudita anche questa, di acquistare la coppa dell’amicizia dopo l’esperienza al Pialeral, è stata la visita alla mostra temporanea presso la sede della CM, dove Giacomo Camozzini ha fatto gli onori di casa e io ho potuto illustrare alcuni degli splendidi fossili che sono stati trovati agli Scudi. Devo dire che tutti sono stati impressionati dagli esemplari e ci hanno fatto i complimenti anche per la difficoltà della preparazione che ha richiesto moltissime ore al microscopio.


                                                                                                 Andrea Tintori


IL GRINZONE n.40  (2012)


Una stella marina... alpina



 

UNA STELLA MARINA... ALPINA


Una sensazionale scoperta nello scavo presso gli “Scudi” da parte del professor Andrea Tintori, docente di Paleontologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” dell’Università degli Studi di Milano.

 

Dicono che abbia feeling come paleontologo! qualcuno la chiama fortuna, altri usano un termine un po’ più volgare accompagnato dalle mani aperte a coppa, con pollici e indici che si fronteggiano. In sostanza però io dico che chi cerca... trova e che non bisogna mai perdersi d’animo anche quando nessuno ti dà ascolto.

Il nostro scavo agli Scudi è fermo da due anni ormai, così come la preparazione degli esemplari rinvenuti nei quattro anni di lavoro. Sai è la crisi..., non ci sono fondi per queste cose..., a chi vuoi che interessino quattro sassi... se mai qualcuno ti risponde. Ma allora che senso ha avere un Parco che veramente contiene tesori naturalistici incredibili? Se ci guardiamo intorno, il Grignone (sarebbe meglio dire le Grigne) è veramente un concentrato di tesori ancora in parte inesplorati e certamente non valorizzati adeguatamente. Se è tanto per avere il logo e la carta intestata, beh allora siamo veramente alla frutta!

Comunque, alla fine di agosto, durante le riprese per un servizio per la trasmissione Geo & Geo sotto la direzione del regista di documentari Gino Cammarota, siamo saliti al Rifugio Antonietta al Pialeral e il giorno successivo, di buon mattino e ancora con un po’ di “polenta uncia” sullo stomaco, siamo andati allo scavo. Come si fa sempre in questi casi, mi ero portato un bell’esemplare, non preparato, da mostrare come finto ritrovamento.

 


Tre chilogrammi portati per nulla, non ce n’è stato proprio bisogno! Dopo le riprese di ambiente, relative alla geologia della zona, stavo illustrando la tecnica di scavo con l’aiuto di due studentesse, sollevando piccole porzioni di strato, quando è apparsa una... stella! Certo, lì attorno ci sono le stelle alpine; quando ti martelli un dito, si vedono le stelle; ma una stella marina, no, proprio non me l’aspettavo; e tutto in diretta, durante la ripresa!

 

Si potrà dire: ma se gli altri fossili (pesci, crostacei, molluschi) trovati in quel livello sono marini, dove sta la sorpresa? vedo di spiegarlo...

Le stelle marine sono organismi molto antichi, comparendo circa 500 milioni di anni fa. Sono cugine dei ricci di mare ma le loro possibilità di fossilizzarsi sono di gran lunga inferiori a quelle dei ricci non avendo uno scheletro rigido ma essendo composte da moltissime piastrine di calcite (carbonato di calcio) che si articolano tra di loro permettendo un buon movimento delle braccia.

250 milioni di anni fa, la più grande crisi biologica, che è stata messa a separare il Paleozoico dal Mesozoico (il Permiano dal Triassico) coinvolge anche le stelle marine provocando la scomparsa della gran parte delle forme primitive che comunque danno origine alle nuove linee evolutive che giungeranno poi tranquillamente fino ai nostri giorni. Questo significa che le stelle del Triassico non sono molto diverse da quelle attuali, anche se sono passati 240 milioni di anni. Tuttavia questa loro lenta ripresa triassica è poco conosciuta perchè a tutt’oggi i paleontologi ne hanno rinvenuto e studiato solamente sei specie raggruppate in quattro generi di cui uno solo rinvenuto fuori dalla Germania, nel Triassico superiore della Valle Brembana! Le rocce triassiche del bacino tedesco sono considerate la ‘culla’ delle moderne stelle marine e il nostro esemplare rappresenta quindi la prima stella del Triassico Medio rinvenuta fuori dalla Germania e la più antica trovata in Italia!

Dan Blake, lo specialista americano con cui sono in contatto per lo studio (e con il quale avevamo già descritto l’esemplare bergamasco) ha detto che molto probabilmente la nostra stella è diversa da quelle tedesche più o meno della stessa età, ma lo studio sarà lungo e vedrà l’intervento diretto del prof. Blake. Infatti io ho finora eseguito la preparazione preliminare, mettendo in luce solo parte dello scheletro calcitico dell’esemplare, senza addentrarmi troppo nei dettagli perchè, non essendo uno specialista, potrei danneggiare parti molto importanti anche se apparentemente insignificanti. Questa fase finale della preparazione verrà quindi eseguita dal Prof. Blake, che spero possa venire in primavera per condurre la fase preliminare dello studio. E’ infatti buona norma che sia proprio chi studia l’esemplare a terminare la preparazione. Fortunatamente, ancora una volta!, l’esemplare era ricoperto solamente da un sottile velo di roccia abbastanza tenera, contrariamente a quanto succede per la maggior parte degli altri fossili degli scudi, e quindi finora è stato relativamente facile la pulizia anche se per la delicatezza dello scheletro si deve comunque procedere con estrema cautela. Se si pensa alle centinaia di ore al microscopio per mettere in luce i grandi pesci degli Scudi, le poche ore spese finora per la stella sono veramente un’eccezione.

 

Quindi il nostro Grignone non ha finito di svelare i suoi misteri, io ne ero e ne sono certo!

Speriamo che oltre alla buona volontà di pochi e alla mia fortuna sfacciata, si possa proseguire nella ricerca e nella preparazione in modo da poter presentare a tutti questo spicchio di storia della vita sulla Terra.

 

                                                                                                   Andrea Tintori


IL GRINZONE n.37 (2011)



Scavi paleontologici




SCAVI PALEONTOLOGICI

in località Scudi - Grigna settentrionale


Il livello fossilifero a Vertebrati nella parte inferiore della Formazione di Buchenstein (Ladinico Inferiore, Triassico Medio, 230-235 milioni di anni fa) agli Scudi, rappresenta una novità assoluta per questa unità che finora aveva fornito solo rari e frammentari resti di vertebrati pur essendo molto diffusa fino a tutta l’area dolomitica.

Il ritrovamento del livello si deve al Prof. Andrea Tintori durante una escursione didattica più di vent'anni fa: alcune scaglie e qualche frammento malconcio davano comunque l’impressione che vi si potesse rischiare di investire un po’ di tempo e denaro. A prima vista il livello fossilifero non si presenta così favorevole alla buona conservazione di organismi delicati come i pesci, visto che è formato da calcari poco laminati e ricchi di liste di selce (vedi foto): una situazione molto diversa dai calcari neri e spesso ben laminati della coeva Formazione di Perledo-Varenna, è famosa fin dalla metà dell’Ottocento proprio per i suoi pesci e rettili, tra i quali il Lariosauro.

Tra il 2003 e il 2004 è stato intrapreso un primo saggio per verificare la reale consistenza del giacimento. Tale ricerca ha prodotto risultati veramente degni di interesse, permettendo di individuare uno spessore di circa 100 cm con strati abbastanza compatti, ma spesso molto ricchi di fossili, soprattutto pesci. La conservazione non è sempre ottimale e soprattutto i resti sulle superfici di strato sono spesso malconci, tanto da renderli inutilizzabili per lo studio di dettaglio. Quanto rinvenuto in questa prima fase ha evidenziato come quello che si riteneva un livello fossilifero interessante, ma probabilmente non molto importante, è in realtà una novità decisamente notevole sia per la ricchezza che per la diversità delle specie presenti, alcune delle quali certamente nuove.

Il supporto finanziario della Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera, ha permesso lo svolgimento anche di un’altra campagna di scavo nell’estate 2005: anche in questo caso si sono ottenuti nuovamente risultati eccezionali come il ritrovamento di alcuni crostacei, molto rari in tutto il Triassico medio.

Siamo quindi in grado ora di proporre una prima valutazione di questa fauna, anche se la preparazione del materiale utile per lo studio prenderà molto tempo, certamente alcuni anni., ma questo è normale per un sito a vertebrati del Mesozoico.

Per quanto riguarda i pesci abbiamo certamente alcuni generi ben conosciuti e caratteristici del Triassico Medio, quali Habroichthys, Peltopleurus e Placopleurus. Si tratta di pesciolini di pochi centimetri, spesso molto numerosi su una singola superficie ad indicare che vi furono eventi ‘catastrofici’ che provocarono una mortalità di massa. Vista la diffusione di questi generi, essi possono venire utilizzati per stabilire l’età relativa dei vari giacimenti a vertebrati del Triassico medio della Lombardia, ma anche di altre località come vedremo più avanti.

 

Un altro genere molto ben conosciuto è Saurichthys, diffuso in tutto il Triassico e in tutto il mondo. Gli esemplari degli Scudi sono tuttavia molto interessanti perché sono decisamente più grandi di tutti quelli conosciuti nel Triassico medio, raggiungendo probabilmente i 150 cm di lunghezza, sia perché alcuni altri presentano una dentatura molto particolare, mai riscontrata finora nelle molte specie di Saurichthys.

 

 

Anche per Saurichthys occorrerà aspettare la preparazione di diversi esemplari per poter dire una parola definitiva, ma l’impressione è che ci sia qualche cosa di veramente nuovo per questo genere. D’altra parte per un pesce che è rimasto il dominatore delle acque costiere triassiche per quasi 50 milioni di anni, non ci si deve mai stupire della sua adattabilità a prede ed ambienti diversi.

Diversi altri generi sono presenti, alcuni già conosciuti nei siti del Monte San Giorgio e rinvenuti qui per la prima volta fuori dall’area tipo, altri certamente nuovi. Nel complesso quindi si dovrebbero avere almeno una quindicina di specie di pesci, il che costituisce uno standard notevole per un singolo livello del Triassico Medio, assimilabile quindi ad una associazione naturale. Certamente oggi, in un simile ambiente tropicale quale era il mare della Grigna allora, vi sarebbero molte più specie, ma sono passati un po’ di milioni di anni e anche i pesci si sono molto evoluti!

 

Molto importante è anche il ritrovamento di diversi crostacei, tra i quali spiccano i resti di tilacocefali, un gruppo molto particolare che ha attirato molta attenzione tra i paleontologi negli ultimi anni. Nel nostro caso abbiamo alcuni esemplari di 3-4 cm, finora i più grandi del Triassico! La loro conservazione è inoltre molto buona per cui sarà possibile una descrizione dettagliata che peraltro è già in corso con il collega Giorgio Teruzzi del Museo di Storia Naturale di Milano.

 

Anche altri crostacei più ‘tradizionali’, simili cioè agli attuali gamberi, sono presenti: purtroppo finora non abbiamo trovato buoni esemplari, ma quanto visto ci lascia ben sperare se si proseguiranno gli scavi nei prossimi anni. Anche in questo caso non si conosce molto di questo gruppo per il Triassico medio, per cui ogni nuovo esemplare acquista una grande importanza.

 

Non abbiamo invece finora rinvenuto alcun resto di rettili: ciò può apparire strano anche a noi paleontologi perché solitamente in questo periodo i rettili marini costieri erano molto diffusi. Non ci aspettiamo il Lariosaurus balsamoi che era di qualche milione di anni più recente, ma potrebbero benissimo essercene degli altri. L’ambiente di deposizione non era molto distante dalla costa e poiché abbiamo anche pesci che certamente vivevano in pochi metri d’acqua dove si nutrivano di organismi che vivevano sul fondo, prima o poi troveremo anche i rettili che si cibavano di questi pesci! Tuttavia potrebbe anche darsi che, essendoci un gran numero di grandi Saurichthys (i barracuda del tempo), non vi fosse spazio per i rettili piscivori che sarebbero stati in concorrenza diretta; queste ipotesi sono però difficili da provare anche se il paleontologo ‘deve’ cercare di ricostruire nel miglior modo possibile l’ambiente di vita e i rapporti intercorrenti tra le specie rinvenute, aiutandosi anche con le situazioni simili conosciute nei dintorni, soprattutto il Monte San Giorgio che si ritiene a tutt’oggi quanto di meglio si possa conoscere circa i vertebrati marini del Triassico Medio.

 

L’interesse principale del nuovo sito è proprio rappresentato dalla novità di avere nuove associazioni a pesci fossili in Lombardia centro-occidentale, dove già vi sono i famosi giacimenti di Besano-Monte san Giorgio e Perledo-Varenna. Queste località, famose da più di 150 anni, appartengono tuttavia a bacini sedimentari differenti e da una prima analisi del materiale rinvenuto in Grigna Settentrionale appare evidente che vi siano specie e generi nuovi, associati ad altri che sono in comune con le località già conosciute. Con questo nuovo giacimento la Lombardia viene ad assumere un’importanza ancora superiore per quanto riguarda i vertebrati marini del Triassico Medio, configurandosi come una delle pochissime regioni a livello mondiale che presenta almeno 4 aree (Besano-Monte San Giorgio, Perledo-Varenna, Valcuvia) che anche prese singolarmente sarebbero di grande prestigio a livello internazionale. Se si amplia il discorso, questa nostra regione oggi si pone a diretto confronto con i nuovi siti che stanno vedendo la luce in Cina meridionale, in particolare nella provincia di Guizhou. Qui si ha pure una successione Triassica molto ricca di vertebrati marini ed alcuni livelli sembra corrispondano abbastanza bene a nostri, sia come ambiente che come composizione della fauna fossile. Sembra incredibile che con una simile distanza piccoli pesci e rettili siano così simili, ma dobbiamo tener presente che allora la disposizione dei continenti era totalmente differente e tra quella che è oggi l’Italia settentrionale e la Cina Meridionale di allora vi era una lunga catena di isole più o meno grandi che poteva permettere a questi organismi costieri di migrare con grande facilità.

 

 

Che fare ora? Il nostro gruppo di ricerca che si è arricchito in questo autunno di un nuovo dottorando, Marco Rusconi, che lavorerà proprio su questo giacimento, sta cercando di preparare alcuni dei resti che a prima vista sembrano più interessanti. E’ un lavoro lungo, come già ribadito, ma speriamo nel corso del prossimo anno di iniziare a pubblicare qualche fossile. Per quanto riguarda gli aspetti generali, il nuovo sito è già stato presentato in un paio di congressi internazionali (Germania e USA) oltre che in Italia. Ha destato un grande interesse e in questi giorni si sta mettendo a punto una collaborazione con l’Università di Pechino e quella di Davis (California) per lo studio congiunto di un nuovo sito in Cina. La situazione è complessa, anche perché i finanziamenti del Ministero sono quelli che sono: tuttavia speriamo che vista l’importanza di questo progetto a livello internazionale si possa proseguire, portando anche il Triassico delle Grigna in giro per il mondo in una sorta di gemellaggio paleontologico globale per quanto riguarda il Triassico. Come potete ben capire ciò può avere una importanza notevole anche per la valorizzazione locale di questo patrimonio naturalistico e culturale che spero veda sempre tutti lavorare insieme. Un grazie finale a chi ha permesso questo piccolo ‘antipasto’, La Soprintendenza Archeologica della Lombardia, La Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera, il MIUR con finanziamento PRIN, gli amici di Monfalcone (le nostre ruspe!), e anche Dario Pensa che ci ha nutrito così bene.......... e a tutti coloro che ci appoggeranno in futuro per continuare questa bellissima avventura.

                  

                                                                                Andrea Tintori e Cristina Lombardo


IL GRINZONE n.13  (2005)



Un tuffo nel mare delle Grigne




UN TUFFO NEL MARE DELLE GRIGNE

L'esperienza di due giovani studentesse alla ricerca di forme di vita passate


Una lente d’ingrandimento, cappello in testa, mazzetta e scalpello in mano... un alone di fascino e mistero avvolge il ricercatore di un documentario visto da bambine.

E finalmente dopo parecchi anni la fantasia ha lasciato posto alla realtà: protagoniste di questa bell’esperienza due ragazze che, accomunate dalla voglia di scoprire la montagna, si sono improvvisate paleontologhe per qualche giorno.
… ”l’opportunità ci è giunta nel mese di luglio tramite Andrea Tintori, nostro professore di paleontologia; così dopo un anno trascorso a Milano sui banchi universitari, abbiamo colto l’occasione per poter “toccar con mano” quel che siamo abituate a vedere su un libro.

Siamo studentesse del corso di Scienze Naturali dell’Università Statale di Milano e come naturaliste abbiamo imparato ad ampliare il nostro spirito d’osservazione ai diversi aspetti del mondo che ci circonda: la biologia e la geologia sono scienze che s’intrecciano e si fondono insieme, il mondo del passato tramite cambiamenti geologici, variazioni climatiche ed evoluzioni biologiche si è trasformato nel mondo che oggi conosciamo e continuerà ad evolversi anche negli anni avvenire.
Tuttavia tali processi evolutivi sono lenti e la vita umana è troppo breve per rendersi conto di come essi avvengano… questa difficoltà può essere superata se si esaminano gli organismi fossili.
Proprio per questo è interessante porre uno sguardo sugli aspetti paleontologici del nostro Pianeta per capirne la sua storia… e le Grigne nascondono tra le proprie rocce tesori del passato.

Ma perché proprio le Grigne? Ed in base a quale criterio si è scelto il punto esatto per lo scavo?

I primi ritrovamenti di vertebrati fossili risalgono agli anni ’80 durante un’escursione del prof. Tintori ai piedi degli Scudi, dove rocce facenti parte della Formazione del Buchenstein (triassico medio circa 230 milioni di anni fa) hanno permesso di stabilire l’esistenza di un mare tropicale; le numerose specie di pesci fossili rinvenute ne sono la conferma.

Il programma di studio di questi affioramenti si avvia nel 2003 e procede annualmente con campi estivi di ricerca che hanno portato significativi risultati (ricordiamo l’esemplare di Saurichthys di 1.5m ritrovato nel 2005) ai quali gli studenti, se interessati, possono partecipare.



Questo è il nostro caso, per cui, animate da grande entusiasmo e curiosità, per una settimana abbiamo avuto modo di conoscere il Grignone sotto un nuovo aspetto.

Ore 7.00 … “drinn” … il suono della sveglia ci annuncia che un altro giorno sta per cominciare, che sonno! Ma bisogna alzarsi perché ad attenderci al piano inferiore per fare colazione c’è il Prof. Tintori insieme al dottorando Marco Rusconi ed il collaboratore Stefano Rossignoli.

Scarponi ai piedi, zaino in spalla e via.. si parte! Quarantacinque minuti di camminata (rigorosamente in salita!) verso lo scavo, tra le incantevoli montagne del parco della Grigna Settentrionale, una meraviglia per i nostri occhi abituati al “verde” parco milanese e allo smog metropolitano.

Rimaniamo al sito fino a tardo pomeriggio: a noi è affidato il compito di “aprire” letteralmente le rocce con l’ausilio di attrezzatura adatta (lime, mazzette, scalpelli, occhiali antischeggia), mentre gli uomini scavano nella montagna (a loro il lavoro più duro!!). La fatica dopo qualche ora sotto il sole di luglio non impiega molto a farsi sentire ma, compensate dai ritrovamenti e da un’abbronzatura invidiabile, continuiamo imperterrite!

L’individuazione degli organismi non è per nulla semplice e la maggiore difficoltà sta proprio nel distinguere il fossile dalla roccia stessa: c’è infatti da tenere presente che la loro conservazione non è sempre ottimale, soprattutto negli strati più superficiali, più soggetti ad alterazioni fisiche, tanto da scartarne parecchi dato il loro cattivo stato.
Regola principale è quindi fare attenzione ad osservare le rocce nei particolari prima di aprirle e, in secondo tempo, avere molta pazienza perché possono passare anche molte ore (se non giorni) tra un ritrovamento e l’altro.

Siamo riuscite a recuperare qualche pesce in buono stato ma ovviamente per il riconoscimento ci siamo avvalse dell’aiuto del professore o, in sua assenza, dei suoi fidati aiutanti.

 

Non sappiamo se quest’esperienza potrà esserci utile per la nostra carriera post-universitaria, ma di certo è stato bello lavorare a stretto contatto con il prof. Tintori in uno scavo apparentemente poco importante, ma che in realtà ha destato molto interesse a livello internazionale per un legame paleontologico con i giacimenti situati nella Cina meridionale: sono infatti venuti alla luce resti di organismi simili ai nostri, se non uguali, segno che nel Triassico esisteva probabilmente un passaggio che permetteva a questi piccoli pesci di superare così lunghe distanze. Grazie a una collaborazione con l’Università di Pechino e l’Università americana di Devis, il professore e il suo staff in questi giorni sono diretti a Oriente per dare una risposta a queste ipotesi.

Crediamo che la paleontologia, una branca ancora per certi versi oscura nel nostro Paese, abbia bisogno di persone che la facciano ”emergere” con passione e dedizione; sarebbe davvero bello, ad esempio, se le Grigne venissero valorizzate non solo come mete per gli alpinisti ed escursionisti, ma anche perché custodiscono un tesoro di inconsapevole importanza che arricchirebbe il patrimonio naturalistico e culturale locale...

                  

                                                                             Veronica Orlando e Isabel Venara


IL GRINZONE n.20 (2007)


 

  

 

20 scavi2


In questa sezione sono presenti gli articoli relativi alle recenti scoperte di fossili marini sulle pendici della Grigna.