SCAVI PALEONTOLOGICI

in località Scudi - Grigna settentrionale


Il livello fossilifero a Vertebrati nella parte inferiore della Formazione di Buchenstein (Ladinico Inferiore, Triassico Medio, 230-235 milioni di anni fa) agli Scudi, rappresenta una novità assoluta per questa unità che finora aveva fornito solo rari e frammentari resti di vertebrati pur essendo molto diffusa fino a tutta l’area dolomitica.

Il ritrovamento del livello si deve al Prof. Andrea Tintori durante una escursione didattica più di vent'anni fa: alcune scaglie e qualche frammento malconcio davano comunque l’impressione che vi si potesse rischiare di investire un po’ di tempo e denaro. A prima vista il livello fossilifero non si presenta così favorevole alla buona conservazione di organismi delicati come i pesci, visto che è formato da calcari poco laminati e ricchi di liste di selce (vedi foto): una situazione molto diversa dai calcari neri e spesso ben laminati della coeva Formazione di Perledo-Varenna, è famosa fin dalla metà dell’Ottocento proprio per i suoi pesci e rettili, tra i quali il Lariosauro.

Tra il 2003 e il 2004 è stato intrapreso un primo saggio per verificare la reale consistenza del giacimento. Tale ricerca ha prodotto risultati veramente degni di interesse, permettendo di individuare uno spessore di circa 100 cm con strati abbastanza compatti, ma spesso molto ricchi di fossili, soprattutto pesci. La conservazione non è sempre ottimale e soprattutto i resti sulle superfici di strato sono spesso malconci, tanto da renderli inutilizzabili per lo studio di dettaglio. Quanto rinvenuto in questa prima fase ha evidenziato come quello che si riteneva un livello fossilifero interessante, ma probabilmente non molto importante, è in realtà una novità decisamente notevole sia per la ricchezza che per la diversità delle specie presenti, alcune delle quali certamente nuove.

Il supporto finanziario della Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera, ha permesso lo svolgimento anche di un’altra campagna di scavo nell’estate 2005: anche in questo caso si sono ottenuti nuovamente risultati eccezionali come il ritrovamento di alcuni crostacei, molto rari in tutto il Triassico medio.

Siamo quindi in grado ora di proporre una prima valutazione di questa fauna, anche se la preparazione del materiale utile per lo studio prenderà molto tempo, certamente alcuni anni., ma questo è normale per un sito a vertebrati del Mesozoico.

Per quanto riguarda i pesci abbiamo certamente alcuni generi ben conosciuti e caratteristici del Triassico Medio, quali Habroichthys, Peltopleurus e Placopleurus. Si tratta di pesciolini di pochi centimetri, spesso molto numerosi su una singola superficie ad indicare che vi furono eventi ‘catastrofici’ che provocarono una mortalità di massa. Vista la diffusione di questi generi, essi possono venire utilizzati per stabilire l’età relativa dei vari giacimenti a vertebrati del Triassico medio della Lombardia, ma anche di altre località come vedremo più avanti.

 

Un altro genere molto ben conosciuto è Saurichthys, diffuso in tutto il Triassico e in tutto il mondo. Gli esemplari degli Scudi sono tuttavia molto interessanti perché sono decisamente più grandi di tutti quelli conosciuti nel Triassico medio, raggiungendo probabilmente i 150 cm di lunghezza, sia perché alcuni altri presentano una dentatura molto particolare, mai riscontrata finora nelle molte specie di Saurichthys.

 

 

Anche per Saurichthys occorrerà aspettare la preparazione di diversi esemplari per poter dire una parola definitiva, ma l’impressione è che ci sia qualche cosa di veramente nuovo per questo genere. D’altra parte per un pesce che è rimasto il dominatore delle acque costiere triassiche per quasi 50 milioni di anni, non ci si deve mai stupire della sua adattabilità a prede ed ambienti diversi.

Diversi altri generi sono presenti, alcuni già conosciuti nei siti del Monte San Giorgio e rinvenuti qui per la prima volta fuori dall’area tipo, altri certamente nuovi. Nel complesso quindi si dovrebbero avere almeno una quindicina di specie di pesci, il che costituisce uno standard notevole per un singolo livello del Triassico Medio, assimilabile quindi ad una associazione naturale. Certamente oggi, in un simile ambiente tropicale quale era il mare della Grigna allora, vi sarebbero molte più specie, ma sono passati un po’ di milioni di anni e anche i pesci si sono molto evoluti!

 

Molto importante è anche il ritrovamento di diversi crostacei, tra i quali spiccano i resti di tilacocefali, un gruppo molto particolare che ha attirato molta attenzione tra i paleontologi negli ultimi anni. Nel nostro caso abbiamo alcuni esemplari di 3-4 cm, finora i più grandi del Triassico! La loro conservazione è inoltre molto buona per cui sarà possibile una descrizione dettagliata che peraltro è già in corso con il collega Giorgio Teruzzi del Museo di Storia Naturale di Milano.

 

Anche altri crostacei più ‘tradizionali’, simili cioè agli attuali gamberi, sono presenti: purtroppo finora non abbiamo trovato buoni esemplari, ma quanto visto ci lascia ben sperare se si proseguiranno gli scavi nei prossimi anni. Anche in questo caso non si conosce molto di questo gruppo per il Triassico medio, per cui ogni nuovo esemplare acquista una grande importanza.

 

Non abbiamo invece finora rinvenuto alcun resto di rettili: ciò può apparire strano anche a noi paleontologi perché solitamente in questo periodo i rettili marini costieri erano molto diffusi. Non ci aspettiamo il Lariosaurus balsamoi che era di qualche milione di anni più recente, ma potrebbero benissimo essercene degli altri. L’ambiente di deposizione non era molto distante dalla costa e poiché abbiamo anche pesci che certamente vivevano in pochi metri d’acqua dove si nutrivano di organismi che vivevano sul fondo, prima o poi troveremo anche i rettili che si cibavano di questi pesci! Tuttavia potrebbe anche darsi che, essendoci un gran numero di grandi Saurichthys (i barracuda del tempo), non vi fosse spazio per i rettili piscivori che sarebbero stati in concorrenza diretta; queste ipotesi sono però difficili da provare anche se il paleontologo ‘deve’ cercare di ricostruire nel miglior modo possibile l’ambiente di vita e i rapporti intercorrenti tra le specie rinvenute, aiutandosi anche con le situazioni simili conosciute nei dintorni, soprattutto il Monte San Giorgio che si ritiene a tutt’oggi quanto di meglio si possa conoscere circa i vertebrati marini del Triassico Medio.

 

L’interesse principale del nuovo sito è proprio rappresentato dalla novità di avere nuove associazioni a pesci fossili in Lombardia centro-occidentale, dove già vi sono i famosi giacimenti di Besano-Monte san Giorgio e Perledo-Varenna. Queste località, famose da più di 150 anni, appartengono tuttavia a bacini sedimentari differenti e da una prima analisi del materiale rinvenuto in Grigna Settentrionale appare evidente che vi siano specie e generi nuovi, associati ad altri che sono in comune con le località già conosciute. Con questo nuovo giacimento la Lombardia viene ad assumere un’importanza ancora superiore per quanto riguarda i vertebrati marini del Triassico Medio, configurandosi come una delle pochissime regioni a livello mondiale che presenta almeno 4 aree (Besano-Monte San Giorgio, Perledo-Varenna, Valcuvia) che anche prese singolarmente sarebbero di grande prestigio a livello internazionale. Se si amplia il discorso, questa nostra regione oggi si pone a diretto confronto con i nuovi siti che stanno vedendo la luce in Cina meridionale, in particolare nella provincia di Guizhou. Qui si ha pure una successione Triassica molto ricca di vertebrati marini ed alcuni livelli sembra corrispondano abbastanza bene a nostri, sia come ambiente che come composizione della fauna fossile. Sembra incredibile che con una simile distanza piccoli pesci e rettili siano così simili, ma dobbiamo tener presente che allora la disposizione dei continenti era totalmente differente e tra quella che è oggi l’Italia settentrionale e la Cina Meridionale di allora vi era una lunga catena di isole più o meno grandi che poteva permettere a questi organismi costieri di migrare con grande facilità.

 

 

Che fare ora? Il nostro gruppo di ricerca che si è arricchito in questo autunno di un nuovo dottorando, Marco Rusconi, che lavorerà proprio su questo giacimento, sta cercando di preparare alcuni dei resti che a prima vista sembrano più interessanti. E’ un lavoro lungo, come già ribadito, ma speriamo nel corso del prossimo anno di iniziare a pubblicare qualche fossile. Per quanto riguarda gli aspetti generali, il nuovo sito è già stato presentato in un paio di congressi internazionali (Germania e USA) oltre che in Italia. Ha destato un grande interesse e in questi giorni si sta mettendo a punto una collaborazione con l’Università di Pechino e quella di Davis (California) per lo studio congiunto di un nuovo sito in Cina. La situazione è complessa, anche perché i finanziamenti del Ministero sono quelli che sono: tuttavia speriamo che vista l’importanza di questo progetto a livello internazionale si possa proseguire, portando anche il Triassico delle Grigna in giro per il mondo in una sorta di gemellaggio paleontologico globale per quanto riguarda il Triassico. Come potete ben capire ciò può avere una importanza notevole anche per la valorizzazione locale di questo patrimonio naturalistico e culturale che spero veda sempre tutti lavorare insieme. Un grazie finale a chi ha permesso questo piccolo ‘antipasto’, La Soprintendenza Archeologica della Lombardia, La Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera, il MIUR con finanziamento PRIN, gli amici di Monfalcone (le nostre ruspe!), e anche Dario Pensa che ci ha nutrito così bene.......... e a tutti coloro che ci appoggeranno in futuro per continuare questa bellissima avventura.

                  

                                                                                Andrea Tintori e Cristina Lombardo


IL GRINZONE n.13  (2005)