UNA STELLA MARINA... ALPINA


Una sensazionale scoperta nello scavo presso gli “Scudi” da parte del professor Andrea Tintori, docente di Paleontologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” dell’Università degli Studi di Milano.

 

Dicono che abbia feeling come paleontologo! qualcuno la chiama fortuna, altri usano un termine un po’ più volgare accompagnato dalle mani aperte a coppa, con pollici e indici che si fronteggiano. In sostanza però io dico che chi cerca... trova e che non bisogna mai perdersi d’animo anche quando nessuno ti dà ascolto.

Il nostro scavo agli Scudi è fermo da due anni ormai, così come la preparazione degli esemplari rinvenuti nei quattro anni di lavoro. Sai è la crisi..., non ci sono fondi per queste cose..., a chi vuoi che interessino quattro sassi... se mai qualcuno ti risponde. Ma allora che senso ha avere un Parco che veramente contiene tesori naturalistici incredibili? Se ci guardiamo intorno, il Grignone (sarebbe meglio dire le Grigne) è veramente un concentrato di tesori ancora in parte inesplorati e certamente non valorizzati adeguatamente. Se è tanto per avere il logo e la carta intestata, beh allora siamo veramente alla frutta!

Comunque, alla fine di agosto, durante le riprese per un servizio per la trasmissione Geo & Geo sotto la direzione del regista di documentari Gino Cammarota, siamo saliti al Rifugio Antonietta al Pialeral e il giorno successivo, di buon mattino e ancora con un po’ di “polenta uncia” sullo stomaco, siamo andati allo scavo. Come si fa sempre in questi casi, mi ero portato un bell’esemplare, non preparato, da mostrare come finto ritrovamento.

 


Tre chilogrammi portati per nulla, non ce n’è stato proprio bisogno! Dopo le riprese di ambiente, relative alla geologia della zona, stavo illustrando la tecnica di scavo con l’aiuto di due studentesse, sollevando piccole porzioni di strato, quando è apparsa una... stella! Certo, lì attorno ci sono le stelle alpine; quando ti martelli un dito, si vedono le stelle; ma una stella marina, no, proprio non me l’aspettavo; e tutto in diretta, durante la ripresa!

 

Si potrà dire: ma se gli altri fossili (pesci, crostacei, molluschi) trovati in quel livello sono marini, dove sta la sorpresa? vedo di spiegarlo...

Le stelle marine sono organismi molto antichi, comparendo circa 500 milioni di anni fa. Sono cugine dei ricci di mare ma le loro possibilità di fossilizzarsi sono di gran lunga inferiori a quelle dei ricci non avendo uno scheletro rigido ma essendo composte da moltissime piastrine di calcite (carbonato di calcio) che si articolano tra di loro permettendo un buon movimento delle braccia.

250 milioni di anni fa, la più grande crisi biologica, che è stata messa a separare il Paleozoico dal Mesozoico (il Permiano dal Triassico) coinvolge anche le stelle marine provocando la scomparsa della gran parte delle forme primitive che comunque danno origine alle nuove linee evolutive che giungeranno poi tranquillamente fino ai nostri giorni. Questo significa che le stelle del Triassico non sono molto diverse da quelle attuali, anche se sono passati 240 milioni di anni. Tuttavia questa loro lenta ripresa triassica è poco conosciuta perchè a tutt’oggi i paleontologi ne hanno rinvenuto e studiato solamente sei specie raggruppate in quattro generi di cui uno solo rinvenuto fuori dalla Germania, nel Triassico superiore della Valle Brembana! Le rocce triassiche del bacino tedesco sono considerate la ‘culla’ delle moderne stelle marine e il nostro esemplare rappresenta quindi la prima stella del Triassico Medio rinvenuta fuori dalla Germania e la più antica trovata in Italia!

Dan Blake, lo specialista americano con cui sono in contatto per lo studio (e con il quale avevamo già descritto l’esemplare bergamasco) ha detto che molto probabilmente la nostra stella è diversa da quelle tedesche più o meno della stessa età, ma lo studio sarà lungo e vedrà l’intervento diretto del prof. Blake. Infatti io ho finora eseguito la preparazione preliminare, mettendo in luce solo parte dello scheletro calcitico dell’esemplare, senza addentrarmi troppo nei dettagli perchè, non essendo uno specialista, potrei danneggiare parti molto importanti anche se apparentemente insignificanti. Questa fase finale della preparazione verrà quindi eseguita dal Prof. Blake, che spero possa venire in primavera per condurre la fase preliminare dello studio. E’ infatti buona norma che sia proprio chi studia l’esemplare a terminare la preparazione. Fortunatamente, ancora una volta!, l’esemplare era ricoperto solamente da un sottile velo di roccia abbastanza tenera, contrariamente a quanto succede per la maggior parte degli altri fossili degli scudi, e quindi finora è stato relativamente facile la pulizia anche se per la delicatezza dello scheletro si deve comunque procedere con estrema cautela. Se si pensa alle centinaia di ore al microscopio per mettere in luce i grandi pesci degli Scudi, le poche ore spese finora per la stella sono veramente un’eccezione.

 

Quindi il nostro Grignone non ha finito di svelare i suoi misteri, io ne ero e ne sono certo!

Speriamo che oltre alla buona volontà di pochi e alla mia fortuna sfacciata, si possa proseguire nella ricerca e nella preparazione in modo da poter presentare a tutti questo spicchio di storia della vita sulla Terra.

 

                                                                                                   Andrea Tintori


IL GRINZONE n.37 (2011)