BRICIOLE DI STORIA PASTURESE  
dagli archivi parrocchiali valsassinesi (I parte)


Gli archivi parrocchiali della Valsassina (e non solo), spesso trascurati anche dai più navigati esploratori di storia locale, si rivelano in realtà autentiche miniere dalle quali si possono estrarre, sia pure solo in un noioso e (letteralmente) polveroso setaccio, storie che parlano di noi, della nostra terra, della comunità nella quale oggi viviamo e di cui molte altre persone, prima di noi, hanno fatto parte. Si chiamano ‘archivi’, questi luoghi, nascosti e fecondi, dove attecchiscono i semi delle storie, ed è un bel nome. ‘Archivio’ vuol dire, infatti, ‘arca’, poiché molte cose là si salvano dal diluvio della dispersione (ricordate Noè?); oppure, nella lingua degli antichi Greci, ‘principio’: inizio, appunto, di ogni storia che sia vera.

Finché stanno là dentro, quegli inizi di storie non sono che frammenti: pezzi di pergamena o di carta, vecchi registri sgualciti e quaderni poveri, scuciti e slabbrati, qua e là macchie di inchiostro, qualche strappo; hanno fattezze ancora non ben riconoscibili, con scritture antiche, ora diligenti, più spesso affrettate, e un poco strane.

Poi, eccole uscire alla luce, proprio di là, le nostre storie. Con fatica e travaglio, si capisce, come avviene ad ogni piccolo che lasci il caldo ventre materno.

Ascoltiamo ora dalla ‘viva’ voce di questi archivi parrocchiali due di queste storie di persone e vicende passate: brandelli di vita strappati al tempo, dismessi e malmessi, eppure ancor vivi.



Un pittore ‘pasturese’ morto a Laorca


Era il 12 aprile 1606. A Laorca si celebrarono le esequie funebri di un ‘depentor’, cioè di un pittore (e non solo, come vedremo), che rispondeva al nome di Francesco Cironi (o Ceroni), figlio di Bartolomeo. Era di Pasturo, o meglio, abitava in quel di Pasturo, non essendovi nato (era, infatti, oriundo della Valsolda, quasi certamente di S. Mamete), ma nel borgo ai piedi della Grigna si era sposato con Pedrina (Petrina) Ticozzi del ramo Notari (de nodarjis o de notarijs)1, dalla quale ebbe più figli dal 1584 in poi: Caterina (nata l’11 novembre 1584 e battezzata il 16), Domenico (nato nel 1586), Giacomo (nato e battezzato il 3 aprile 1594 e morto ventenne a Venezia nel 1614) e Domenico Cristoforo (nato il 22 agosto 1600 e battezzato il 30)2. Di mestiere Francesco faceva il pittore (pictor, come viene registrato negli atti di battesimo dei figli: “francisci pictoris”), nonché, all’occorrenza, l’intagliatore e l’indoratore. Nel 1580 e rotti (la data oggi si legge solo parzialmente) affrescò, apponendovi la sua firma, il portale d’accesso all’antica casa pasturese dei Bergamini della Chiesa oggi in via Alessandro Manzoni, al numero civico 89: vi è raffigurata una bella Madonna con il Bambino tra i SS. Rocco e Sebastiano, affiancati da angeli musicanti3. Nel 1585, a Narro (frazione di Casargo), affrescò sulla parete di fondo del presbiterio dell’oratorio di S. Rocco, a destra della Crocifissione, un’immagine mariana piuttosto insolita: la Madonna dell’albero con il Bambino4 (a onor del vero, questo affresco non è firmato dal Cironi ma gli è stato attribuito per affinità stilistiche con l’affresco pasturese di ascendenza tardoluinesca di casa Bergamini della Chiesa)5. Nel 1597 realizzò per la chiesa di S. Calimero ai Monti un altro affresco (oggi perduto) raffigurante molto probabilmente S. Francesco da Paola con l’effigie del testatore, Giacomo del fu Battista Merlo6. Sempre nel 1597, infine, intagliò e indorò il tabernacolo dell’altare maggiore della chiesa prepositurale dei SS. Pietro e Paolo a Primaluna: anche quest’opera cironiana non è arrivata a noi, essendo stata, con ogni probabilità, smantellata nel Settecento quando l’altare ligneo, ormai vecchio e tarlato, fu sostituito con un altro in marmo policromo, scolpito e dorato, realizzato, tra il 1774 e il 1776, dal marmorino varennate Giovanni Antonio Conca7.

Queste sono, allo stato attuale delle ricerche e degli studi, le opere finora documentate del Cironi. La sua morte avvenuta a Laorca nel 1606, come risulta dalla inedita “Nota di morti de Pasturio et Baie et di morti fora di casa l’anno 1606”8, potrebbe aprire nuove piste di indagine: si potrebbe, infatti, pensare ad una sua attività artistica anche in quel sobborgo di Lecco dove - addentrandoci fatalmente nel campo delle congetture, sia ben chiaro - potrebbe aver perso la vita mentre stava lavorando in chiesa o in qualche casa privata9. Purtroppo non esistono a Laorca i registri dei morti di quegli anni e quindi non è possibile trovare ulteriori riscontri10, oltre alle scarne annotazioni del registro pasturese (“adi 12 aprile [1606] eseq(ui)e di fr(ances)co depentor alla horca”)11. Ma nella chiesa laorchese dei SS. Pietro e Paolo, per la precisione nella cappella della Madonna del Carmine in capo alla navata nord, sono documentate nel 1608, e quindi solo due anni dopo la morte del Cironi, delle pitture eseguite da poco (nuper) e per giunta ancora ‘grezze’, cioè di arte non sgrossata (rudes)12. Ne parlano gli atti della visita pastorale effettuata nella Pieve di Lecco nel 1608 dal cardinale Federico Borromeo in cui, a proposito della cappella del Carmine, si legge: “Iconem nullam habet, sed eius loco sunt imagines nativitatem D.N.I. Christi exprimentes, hinc inde SS. Sebastiani et Rochi imagines omnes nuper pictae sed rudes” (“Non ha la pala; al suo posto ci sono delle immagini che rappresentano la natività di N.S.G. Cristo e, ai lati, i santi Sebastiano e Rocco, da poco dipinte ma grezze”)13. Questi dipinti oggi non esistono più perché sostituiti da altri realizzati nel Settecento quando questa cappella mariana fu rimaneggiata dai luganesi Gaggini14. Stando così le cose, non si può certo dimostrare se i dipinti del primo Seicento fossero del Cironi. Perché tutto è possibile, tranne il recupero delle immagini.

 

 Dalla Valle Imagna a Pasturo (e a Introbio) per fare il medico condotto:il caso di Giacomo Cardinetti e della sua famiglia

 

  

    

Siamo a cavallo tra il Sei e il Settecento. A Pasturo giunse da S. Omobono in Valle Imagna il “Sig. dotor fisico” Giacomo Cardinetti, che esercitò l’arte ippocratica nel borgo pasturese dal 1698 al 1703. Sua moglie era la signora Isabella Cremosana. Ebbe tre figli: Rinaldo Martino (nato a Pasturo il 24 luglio 1698 e battezzato il 26)15, Valentina Regina (nata e battezzata a Pasturo il 22 novembre 1700)16 e Giacomo Antonio (nato e battezzato a Introbio il 7 febbraio 1707)17. Nel 1701 curò don Giulio Cesare Baroverio, parroco di Barzio nell’ultima sua malattia18. Fu senza dubbio fratello il signor Rinaldo del fu Giacomo che nel 1701 sposò a Pasturo la signora Maria di Ambrogio detto il Sartore del fu Laerzio Arrigoni19.                                

                                 

                                                                                                          Marco Sampietro


 

In memoria della celebre medievista Chiara Frugoni (4 febbraio 1942 - 10 aprile 2022), la cui guida e amicizia, per me fondamentali, resteranno fonte di consolazione e di incoraggiamento.

 1 Sulla famiglia Ticozzi di Pasturo cfr. A. Orlandi, Le famiglie della Valsassina. Repertorio con brevissime illustrazioni, La Grafica, Lecco 1932, pp. 190-200.

2 Archivio Parrocchiale di Pasturo [d’ora in poi APPas], Matrimoni, Battesimi, Morti, Stato d’Anime ed Elenco del Clero, Registro dei Battesimi dal 1555 al 1606. Cfr. inoltre Orlandi, Le famiglie della Valsassina cit., p. 169.

3 L’affresco fu restaurato nel 1988 da Giacomo Luzzana per conto del Comune di Pasturo. Sull’affresco cfr. A. Orlandi, Memorie di Pasturo e Bajedo in Valsassina, Amministrazione Comunale di Pasturo, Pasturo 1995, p. 128; A. Borghi, I paesi della Grigna. Episodi dello sviluppo di Pasturo, in A. Orlandi, Memorie di Pasturo cit., p. 349; M. Sampietro, La collana di corallo: un amuleto per difendere i neonati, ne “Il Grinzone”, 10 (34 – marzo 2011), pp. 6-7.

4 La rappresentazione della Madonna dell’albero, unica in Valsassina, crea un legame con gli omonimi santuari di Prospiano di Gorla Minore (VA, precedente al XV sec.) e di Carimate (CO, 1517) dove è venerata l’immagine e si inserisce nella grande fioritura che ebbero i santuari mariani nel secondo Cinquecento. Potrebbe anche essere legata alla Madonna della quercia di Viterbo (1467) a cui erano particolarmente devoti i domenicani. Sull’oratorio di S. Rocco a Narro cfr. Le chiese della Valsassina. Guida storico-artistica, a cura di F. Oriani, Banca della Valsassina, Cremeno 2014, pp. 323-326.

5 Sampietro, La collana di corallo cit., p. 7.

6 Orlandi, Memorie di Pasturo cit., pp. 127-128; Sampietro, La collana di corallo cit., pp. 6-7.

7 M. Sampietro, “Francesco Zarone pittore habitante in Pasturo”. Novità sull’artista di S. Mamete: non fu solo pittore ma anche intagliatore e indoratore, ne “Il Grinzone”, 12 (44 – ottobre 2013), pp. 15-16. Sui marmorini Conca di Varenna cfr. M. Sampietro, I Conca di Varenna. Un’altra bottega di scalpellini nel Settecento valsassinese, ne “L’Angelo della Famiglia – bollettino parrocchiale di Introbio”, a. 83, n. 4 (ottobre-dicembre 2014), pp. 3-8.

8 Si tratta di un fascicolo conservato in APPas, Matrimoni, Battesimi, Morti, Stato d’Anime ed Elenco del Clero.

9 A Prato la Valle si trova Casa Bolis con affreschi di gusto manierista della fine del Cinquecento o dei primi decenni del secolo successivo (tra cui una Madonna con il Bambino, molto ritoccata, e un S. Sebastiano, di buona mano). Cfr. A. Borghi, Laorca nel territorio di Lecco, a cura del Consiglio circoscrizionale di Rancio-Laorca, Lecco 1982, p. 43.

10 Le registrazioni iniziano dal 1632, cioè subito dopo la peste di manzoniana memoria (cfr. L. Consonni, Per una storia di Laorca, Cattaneo, Lecco 2009, p. 67).

11 APPas, Matrimoni, Battesimi, Morti, Stato d’Anime ed Elenco del Clero.

12 L’aggettivo latino rudes potrebbe alludere anche alla mediocrità delle pitture o al fatto che fossero incomplete o completate da qualche imbianchino locale. Essendo scarsa la documentazione, aggravata dalla perdita delle pitture stesse, non resta che presentare in via di ipotesi le varie alternative.

13 C. Marcora (a cura di), La Pieve di Lecco ai tempi di Federico Borromeo (dagli atti della visita pastorale del 1608), Banca Popolare di Lecco, Lecco 1979, pp. 393.

14 Sulla chiesa di Laorca cfr. Borghi, Laorca nel territorio di Lecco cit., pp. 44-46; Id., Il lago di Lecco e le valli. Sacralizzazioni, Strutture della memoria, Cattaneo, Oggiono 1999, p. 151.

15 APPas, Registro dei battesimi dal 6 luglio 1640 all’11 luglio 1748.

16 Ibidem.

17 Archivio Parrocchiale di Introbio, Nati 1665-1711.

18 Orlandi, Le famiglie della Valsassina cit., p. 168. Una scheda biografica su don Baroverio, parroco di Barzio dal 1663 al 1701, la si può leggere in O. Zastrow, L’ultima trasformazione della chiesa di Sant’Alessandro: una memoria recente fra eventi antichi e uomini di un tempo a Barzio, Parrocchia S. Alessandro, Barzio 2003, pp. 49.

19 APPas, Matrimoni dal 27 agosto 1640 al 9 febbraio 1746. Cfr. inoltre Orlandi, Le famiglie della Valsassina cit., p. 168.


  IL GRINZONE n.79