CHI HA BISOGNO... VA AIUTATO

 

Il mondo dovrebbe essere così: chi ha bisogno va aiutato". Dopo un anno e mezzo di completo immobilismo emotivo, fisico e morale dovuto alla pandemia, ho sentito la necessità di fare mia la frase di Gino Strada. Fin dai tempi dell'università ho avuto modo di avvicinarmi al mondo della cooperazione internazionale, in particolar modo il mio interesse si è sempre posto nei confronti dei Paesi in cui ci sono conflitti armati, specialmente nel Medio Oriente. Ecco il mio pensiero materializzarsi…

È la mezzanotte del 14 maggio quando atterro in una Beirut quasi completamente al buio. La situazione in Libano infatti è di totale crisi economica, crisi che sta trasformando questo Paese da accogliente a Paese di emigrazione. Si fatica a trovare benzina, lavoro, elettricità e medicine. L’elettricità è presente nelle abitazioni per circa 6 ore al giorno, mentre nei campi profughi manca anche per 5 giorni di fila. I prezzi sono lievitati fino a dieci volte tanto a causa dell'inflazione, mentre i salari sono rimasti gli stessi, di conseguenza anche reperire i beni di prima necessità è molto difficoltoso, infatti, per acquistare il pane ci si impiega anche svariate ore a causa delle interminabili code davanti ai panifici. Il tutto è ancora più difficile per i siriani, circa un milione e mezzo sono quelli residenti in Libano, ma sono 6,6 milioni i siriani che vivono costretti al di fuori della Siria, in particolare appunto in Libano, Giordania e Turchia. La situazione di grave emergenza rende i rapporti fra libanesi e siriani molto tesi, soprattutto al Nord, nella regione dell'Akkar, quella in cui mi trovo, la più povera del Libano, a pochi passi dal confine siriano, in cui appunto si trova la maggior concentrazione di siriani e di campi profughi.

Mi trovo qui nei panni di cooperante con l'ONG Mishwar, termine arabo che significa 'viaggio'. Il senso di questa organizzazione non governativa è insito nel significato del suo nome, è un percorso al fianco dei giovani rifugiati ma anche con la gente del posto, cercando di fornire supporto attraverso iniziative guidate dalla comunità che vogliono essere creative, responsabilizzanti e giocose. Le difficoltà e le esigenze delle persone sono in continuo aumento e il modo in cui lavoriamo si adatta costantemente, soprattutto in un momento di estrema crisi come questo. Ogni giorno condividiamo la vita con queste persone che, non dimentichiamo, vivono questa situazione di precaria stabilità da più di dieci anni. La maggior parte dei siriani vorrebbe poter ritornare in Siria, nelle loro case, nella loro terra, ma finché non ci saranno condizioni di sicurezza e garanzie per l'incolumità personale, questa opzione di rientro è praticamente impossibile. A fine maggio ci sono state le elezioni, Bashar al-Assad ha vinto con il 95%, risultato ottenuto con l’obbligo, con la forza, tanto che le persone con cui viviamo, ci hanno raccontato che i loro parenti ancora in Siria sono stati costretti a votare e anche per questo, ancora oggi, le persone stanno fuggendo dal loro Paese natale. Questo è un altro motivo per il quale i siriani non credono più nel ritorno a casa e in un possibile cambiamento: chi rimane è soggiogato dal potere, chi scappa è considerato come oppositore, soggetto a ritorsioni e torture che spesso portano alla morte. I racconti delle famiglie che aiutiamo sono le testimonianze della vita di questi anni, sempre che di vita si possa parlare. Sono vite interrotte, vite di separazione, di dolore e di ingiustizia; vite fatte di mancanza di libertà e di ogni diritto civile e umano. Inoltre, il governo libanese non ha firmato gli accordi di Ginevra, per cui, ai profughi siriani non è riconosciuto lo status di rifugiato e questo rende impossibile la tutela e la formazione di campi strutturati.

L'accesso alla scuola per i bambini siriani è praticamente impossibile, e questa è una grandissima piaga che affligge questa popolazione che già si trova in difficoltà, rendendo impossibile una visione rosea del futuro di questa gente, costretta alla miseria e incapace di vivere in lungimiranza ma solamente capace di sopravvivere giorno dopo giorno. Nonostante ciò, fra uno scherzo e l’altro, i più piccoli diventano i migliori insegnanti di lingua araba, unica lingua di comunicazione fra noi volontari e la popolazione locale.
Per i bambini, nati e cresciuti all'interno dei campi profughi però, vivere in questa maniera così alienante è la normalità, è l'unica realtà conosciuta, tanto che molto spesso, incontriamo bambini che sono occupati nel ruolo di contadini raccoglitori, con una paga di circa un euro per otto ore lavorative. La maggior parte delle energie di noi volontari di Mishwar si focalizza di conseguenza nei confronti dei bambini, e il nostro obiettivo è quello di ridare spensieratezza e ingenuità, ma anche di supporto alle varie emergenze mediche che ogni giorno affligono la comunità. Uno degli ultimi progetti a cui ho partecipato è stato quella della costruzione di altalene di legno, montate nei vari campi profughi sparsi sul territorio e fonte di curiosità e divertimento da parte dei più piccoli. Un’altra iniziativa per coinvolgere la comunità è quella di organizzare piccole gite all’aperto, come andare a fare un bagno nelle fresche acque del fiume o combattere la calura estiva facendo picnic in montagna, mentre all’interno del campo, abbiamo installato proiettori per una giornata-cinema e invitato giocolieri e pagliacci per ricreare un’atmosfera da circo. Inoltre è stato recentemente aperto da Mishwar un negozio di articoli di artigianato a Beirut, nel quale è possibile acquistare sapone naturale, gioielleria, arredamento in legno per esterni e vestiti, oggetti che sono completamente realizzati dai rifugiati siriani e il ricavato delle vendite viene totalmente distribuito nella comunità. Essere qui, per me, sul campo, al loro fianco, è fonte di ispirazione, di resilienza, di coraggio e anche di pazienza. Quando parti verso luoghi di questo tipo, la mentalità occidentale ti spinge a pensare che tu possa essere utile a loro, l'amara verità è che queste persone ti insegnano ogni giorno il valore della vita e a quanto sia sacro viverla nel modo più dignitoso possibile.


                                                                           Francesca Moneta


IL GRINZONE n. 76