DIARIO DAL SOL LEVANTE

 

Durante la scorsa estate ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza molto particolare: si tratta di uno scambio culturale organizzato tramite l’associazione Rotary Club di Lecco. Dopo aver espresso la mia preferenza riguardo alla meta, sono stata messa in contatto con una famiglia di Taiwan la cui figlia, Bobo, aveva scelto di vivere la stessa esperienza di scambio, scegliendo come meta il nostro Paese.

Dopo essere stata ospitata nella loro casa a Taipei, dove sono stata trattata come una seconda figlia, anche la mia famiglia ed io abbiamo accolto Bobo a Pasturo.

In molti mi hanno chiesto il motivo che mi ha spinto a scegliere questa destinazione. E’ stata la curiosità di scoprire un mondo tanto lontano e sconosciuto e la volontà di mettermi in gioco scegliendo di trascorrere un mese in una realtà tanto diversa da casa. Per raccontare tutto ci vorrebbero pagine e pagine, spero tuttavia di riuscire a trasmettere le emozioni che ho provato con questi due racconti.

Sono due pagine del diario che scrivevo ogni sera: in una descrivo la nonna di Bobo e la sua casa spettacolare; nell’altra ricordo una serata trascorsa in uno dei mercati che affollano le strade di ogni città e paesino di Taiwan.

       

Decimo giorno

Prova a sentire il caldo umido di Taipei, dopo un acquazzone durato almeno un'ora.

E ora immagina di essere in macchina e guardare fuori dal finestrino: il cielo si sta riempiendo di una luce soffusa e aranciata, i lampioni e le insegne luminose iniziano ad attirare l'attenzione ora che il giorno si sta via via spegnendo. Arrivata a destinazione stenti a riconoscere la città, perché gli edifici qui sono più bassi, la strada è ripida e tante piante fanno da cornice alla via. Senti un fruscio tra le foglie e se guardi bene vedi un piccolo scoiattolo avventurarsi tra i rami, dimenando la coda lunga e folta.

Pochi metri e sei arrivata, entri dal cancello, sali le scale e ti ritrovi in un giardino che mai avresti immaginato di trovare in una città piena di edifici l'uno attaccato all'altro e strade sempre affollate da motorini rumorosi e veloci. Intorno a te ci sono venti, trenta, forse addirittura quaranta alberelli in miniatura, ognuno nel suo vaso decorato e variopinto, curati con amore e costanza dalla padrona di casa. E lei è lì, orgogliosa in mezzo a loro, che li mostra, raccontandone la storia, alle sue quattro amiche. Quattro signore, venute a trovarla dal Giappone, che con il sorriso la ascoltano e si stupiscono della bellezza dei fiori di uno, della presenza di piccoli frutti ancora acerbi sull'altro e dell'età che un altro ancora dimostra di avere, con il suo tronco ritorto e a tratti spoglio. La signora dei bonsai ti chiama: "halo,halo"; vuole dirti vieni qui, guarda che belle le mie creazioni, stupisciti anche tu di fronte alle spiegazioni che, con un inglese marcato da un forte accento cinese, cerco di darti. Ti porta alla cascatella, in fondo al giardino, che si tuffa nel laghetto delle carpe giapponesi che eleganti si muovono nell'acqua.

Ti perdi un attimo a guardare una porta di legno chiaro, ricca di intagli in stile orientale, che, socchiusa, sembra porre fine al giardino dei bonsai. Ma proprio quando i raggi del sole infuocato del tramonto si insinuano nella fessura tra le ante ecco che la signora si avvicina ai battenti e spalanca la porta che nasconde dietro di sè un altro giardino con un'altra fila di bonsai che ne delimitano il contorno.

Finita la visita del suo giardino, nonna Amy ci fa entrare tutti nella sua casa, in parte già intravista attraverso le ampie vetrate che danno sul primo giardino, quello della cascata. È curiosa una scritta, appresa al muro all'ingresso: "please, no photo", non fate fotografie. A questo punto puoi aspettarti di tutto dalla casa di questa sorridente signora, che già sta accompagnando le amiche nella sala del tè. Di tutto sì, ma potevi aspettarti di trovare un museo in miniatura entrando dalla porta che conduce in salotto? Vasi di ceramica risalenti alle antiche dinastie della Cina imperiale, eleganti mobili di legno intagliati finemente e disegni fatti con inchiostro nero e colorato appresi alle pareti ancora libere.

La sala del tè è l'ultima in fondo, accanto alla cascatella dei pesci giapponesi, e il tavolino è già imbandito: grappoli d'uva, mango succoso e di un arancione brillante, melone e coppette piene di stuzzichini. Il set di teiere in terracotta è sul tavolo, pronto per essere usato cosi come le foglie secche di tè racchiuse in una scatolina. Tutti devono osservare e annusare le foglie prima che si versino nella teiera per preparare l'infuso. La signora inizia il rito della preparazione versando l'acqua bollente sopra alle foglie: questo serve a scaldarle e a farle tornare morbide e umide.
Il primo tè non si beve, lo si versa su una seconda teiera per scaldarla. Dopodiché la signora prepara, teiera dopo teiera, il tè per tutti i suoi ospiti esigendo che tutti si soffermino ad annusarne il profumo prima di berlo.

 

Ventiquattresimo giorno

La luce del sole si è ormai spenta e la strada cha attraversa Kenting è illuminata a giorno dalle insegne luminose delle bancarelle del night market. È questo il cuore del piccolo paesino invaso dai turisti in cerca del divertimento che le onde del suo mare azzurro possono offrire. Alla sera, all'ora di cena o subito dopo, tutti questi turisti si gettano nel fiume di persone che, affiancato su un lato dai venditori ambulanti e sull'altro da scooter che sfrecciano veloci, si muove lentamente su entrambi i lati della strada. Tutti si accorgono che vieni da lontano e nonostante questo ti trattano come uno di loro, provando a usare il cinese prima che l'inglese per comunicare con te. Altri, sorpresi dalla tua presenza, ti chiamano da lontano, anche solo per ricevere un saluto in risposta al loro. Probabilmente molti cercheranno di farti provare le loro specialità: frutta dolcissima, qualunque genere di frittura, dalle patate dolci agli oreo, e bevande rinfrescanti a base di frutta o di tè.

Ti sorprenderai notando che alcune persone estraggono, dai sacchetti appena acquistati, zampe di pollo o un collo d'oca con tanto di becco all'estremità: non si butta via niente qui, tutto quello che può essere mangiato viene cucinato. Tra una macchina adattata a griglia per cucinare spiedini di carne e un banco pieno di frullatori, ci sono bancarelle di vestiti colorati, costumi e “flipflops”, bracciali e nastri per capelli. Continui a sorseggiare il frullato di papaya che hai appena acquistato e ti lasci guidare dalle persone che ti circondano: ti conducono in mezzo alla musica dei locali al margine della strada, tra l'odore di cibo e quello del fumo delle piastre bollenti. Quando il bicchiere è vuoto sei tornata al parcheggio da cui eri partita quasi due ore prima.

                                                                                                                                                                                                          

                                                                            Chiara Pigazzi


IL GRINZONE n.46