GIOVANNI GANDIN, GUIDA ALPINA



Il 30 novembre dello scorso anno, è deceduta la signora Costadoni Beatrice (conosciuta come signora Bice) moglie di Giovanni Gandin, che a Pasturo solo i più anziani ricordano. Gandin, nato a Zogno il 23.11.1904, è vissuto a lungo nel nostro paese e, per oltre vent’anni, è stato gestore del Rifugio Pialeral. Guida alpina, ha accompagnato in diverse scalate re Alberto del Belgio, quando il sovrano, fra il 1930 e il 1934, in incognito saliva ogni anno al Rifugio Carlo Porta dei Piani Resinelli, dove si tratteneva alcuni giorni per compiere escursioni e arrampicate sulle nostre montagne. In cordata andavano sempre in tre: re Alberto, Gandin e il conte Bonacossa. Su un giornale dell’epoca è riportato un episodio curioso: pur avendo fra loro, durante le ascensioni, rapporti amichevoli, Gandin si rivolgeva sempre al sovrano chiamandolo “altezza” (a parte il fatto che Gandin era molto piccolo di statura mentre re Alberto era decisamente alto!). Un giorno sulla Grigna, mentre erano in parete, a Gandin che continuava a ripetere “altezza”, re Alberto disse: “Ricordati che oggi l’altezza sei tu per me”. In effetti era Gandin a trovarsi in testa alla cordata…

Per le sue numerose imprese, anche in occasione di interventi di soccorso, è stato insignito nel 1965 della medaglia d’oro dalla Sezione del CAI di Lecco.

Riposa dal 21.12.1971 nel cimitero di Pasturo.

                                                                                                                                                                              


Una delle Guide Alpine della “Casa delle Guide” Introbio ricorda un episodio importante dell’attività alpinistica di Giovanni Gandin.

 

Chi si trovasse a passare sotto la parete Nord-est del Pizzo della Pieve, vicino alle rocce dove la neve delle valanghe invernali resiste a lungo anche d’estate formando una piccola macchia di neve, tradizionalmente chiamata “nevaio”, e chi poi abbia voglia di salire la più alta parete delle Grigne lungo la via Fasana-Bramani, incontrerà, proprio all’inizio di questa via, una lapide messa lì a ricordo di due sfortunati alpinisti milanesi, Severino Veronelli e Bruno Cattaneo, caduti nel tentativo di compiere la prima invernale nel mese di Dicembre del 1931. Veronelli e Cattaneo dovevano essere due forti, per pensare di affrontare una salita di questo livello durante la stagione invernale: ottocento metri di altezza, con i tratti più impegnativi (4°) in camino e la parete rivolta a nord-est che non prende mai il sole. Nel 1931 non doveva proprio essere una salita banale.

Qualche cosa non ha funzionato. I due cadono e restano appesi a circa metà parete, in bilico, trattenuti dalla corda di manilla. Come sempre in queste tragiche circostanze, scattano le operazioni di soccorso. La S.E.L. (Società Escursionisti Lecchesi) ha un proprio gruppo Guide e Portatori di cui fanno parte Giovanni Gandin, Renzo Galbiati e Pierino Vitali che il 31 dicembre compiono un primo tentativo per recuperare almeno le salme. Ma da tre giorni il tempo è pessimo - neve e ghiaccio ricoprono la parete - e rende infruttuoso ogni loro sforzo. Il 1° gennaio un gruppo di accademici del C.A.I. Milano e della S.E.M. (Società Escursionisti Milanesi) effettuano un nuovo tentativo senza fortuna. Tutta la Valsassina è mobilitata e la “Fasana” assume giorno dopo giorno un aspetto truce e fastidioso, di cui si libererà solo dopo molto tempo. 

Gli amici dei due sfortunati non demordono e chiamano due Guide di Valtournanche, i fratelli Alberto ed Amato Bich. Fortunatamente ed inaspettatamente una temperatura mite, sciroccale, viene in aiuto ed in pochi giorni le condizioni della parete migliorano notevolmente. I due Bich e Gandin salgono decisi e a notte fonda rientrano con le salme dei due alpinisti. Non sappiamo se i due Bich abbiano chiesto l’aiuto di Gandin, o se Gandin con la forza del suo carattere abbia chiesto di accompagnarli. Non è importante questo. E’ importante la solidarietà verso i due sfortunati che ha unito lo sforzo delle Guide del Grande Cervino e della Piccola Grigna.

Resta un attestato dei fratelli Bich che dice tutto: “6 Gennaio 1932. I sottoscritti Bich Alberto e Amato formulano la presente per dichiarare che nel recupero delle salme di Bruno Cattaneo e Severino Veronelli, periti sulla parete Fasana del Pizzo della Pieve il 27.12.1931, il Signor Giovanni Gandin si è dimostrato un eccellente scalatore tanto per prudenza, agilità e prontezza ed energia e cortesia. Proponiamo venga nominato Guida del Club Alpino Italiano.” (In effetti il 28 ottobre 1933 il Podestà di Lecco consegnava a Giovanni Gandin la medaglia di bronzo al valor civile concessa da Sua Maestà il Re.ndr).

 

E’ questa una pagina poco nota dell’alpinismo lecchese e di Giovanni Gandin.

 

Guida alpina, ha “intitolato” alcune delle Vie più belle della Grignetta:

- la Punta Giulia (1° assoluta (D) il 20.06.1929 con G. Perego e R. Ponzini): ha solo un difetto, la brevità. Una Via così pulita, se fosse lunga 300-400 metri sarebbe il sogno di ogni arrampicatore;

- l’Ago Teresita (1° assoluta per il diedro Nord (D) il 25.08.1929 con P. Vitali e G. Riva): le pubblicazioni specializzate ancora oggi la valutano max A0/6°- “molto remunerativa -delicata”;

- Torrione Magnaghi centrale (parete est (D-) il 06.09.1931 con R. Galbiati e Eros Bonaiti), oggi valutata max A0/5°+ “bellissima via classica”;

- Piramide Casati (spigolo sud-ovest (D-) il 01.10.1933 con Ugo di Vallepiana), una Via dove si ”impara” ad arrampicare max 4°+.

- Punta Lilliana (1° assoluta (3°) il 10.09.1932 con A. Polari e L. Guidi), una prima alla ricerca del “nuovo” in Grignetta, forse mai ripetuta;

- Torrione Cinquantenario Parete sud (TD-) il 27.06.1932 con R. Galbiati e Vittorio Gerli) ancora oggi una delle più belle vie della Grignetta: “Fantastica arrampicata molto elegante” ricreata con passi di 6°+ e 7°- in libera” (A. Gogna)

 

Una nota a parte meritano le traversate aeree compiute da Gandin tra le Guglie della Grignetta: il 20 giugno 1931 con R. Galbiati, P. Vitali e Tina Galanti, raggiunge la Guglia Angelina dall’Ago Teresita e il 5 Luglio dello stesso anno raggiunge il Fungo direttamente dalla Lancia sempre con gli stessi compagni. Cose Dolomitiche!

 

Il rione di S. Stefano di Lecco è dominato a Nord dalla parete Rossa del San Martino. Nella Caverna che si trova al centro, chiamata anche “ Occhio del ciclope”, in alto e proprio nel mezzo, qualche metro sopra il bordo strapiombante, c’erano e ci saranno ancora, credo, alcuni vecchi chiodi arrugginiti e due moschettoni altrettanto vetusti, messi in una posizione incredibile sopra un vuoto stancante, tra rocce gialle e nere bruciate dal sole. Il giorno dopo la frana disastrosa che precipitò da quella parete sul finire degli anni 60, cancellando Via Stelvio e distruggendo la Casa del Sole e molte vite, incontrai Gandin in Santo Stefano. Lì avevo visti quei chiodi e quei moschettoni, alcuni mesi prima, durante un tentativo di Via nuova un po’ più sulla destra. Gliene parlai, ma, testa bassa e mani in tasca, in dialetto mi disse sottovoce: “E’ meglio lasciarli dove sono quei chiodi…”.

 

                                                                          Guida Alpina

                                                                          Erba Donato, “Casa delle Guide” - Introbio




IL GRINZONE n.22