PIETRO COMOLLI: PITTORE, ARTISTA, POETA


A volte il voler “italianizzare” tutto produce strane connessioni. Ad esempio in qualche cartina geografica riguardante la nostra Grigna, qualche “purista” della lingua italiana ha tradotto il dialettale “Baite Comòli” in “Baite Cumuli”. Ovviamente chi compie tali errori non conosce la storia del nostro territorio e di chi ci è vissuto. Per la verità ormai anche alcuni dei nostri compaesani comincia ad accusare qualche colpo … per cui se chiedete a molti giovani “Perché le baite che si trovano a metà strada fra il Pialeral e la Grigna si chiamano Comolli”, ottenete spesso, come risposta, un sonoro “E chi lo sa?”.

Partiamo da capo: Pietro Comolli, nato a Milano nel 1902, ha studiato matematica e filosofia all’Università di Pavia, si è poi dedicato all’arte frequentando l’Accademia di Brera, ha gestito con la moglie Zocchi Enrica un negozio di pelletteria (scarpe, borsette, guanti ecc. tutto rigorosamente fatto a mano) in Corso Matteotti a Milano (vicino a Via Montenapoleone per intenderci: i suoi clienti appartenevano alla “Milano bene” che sfoggiava poi i prodotti Comolli alla Scala …), era un artista, pittore e poeta ma soprattutto era un vero appassionato delle nostre montagne ed in particolare della Grigna. Proprio su questa montagna fece costruire, alla fine degli anni 1930 le sue baite. “Solo perché quel giorno c’era la nebbia – mi ricorda Annunciata Buzzoni, che aveva allora una decina d’anni e che è stata a servizio in casa Comolli sia a Milano che a Lierna fin da piccola – i tedeschi che nell’autunno del 1944 salirono al rifugio Brioschi per incendiarlo, come già avevano fatto col Rifugio Pialeral, non videro le Baite, che furono pertanto risparmiate”.

I primi anni arrivava a Lecco con il treno e poi, aiutato da alcuni pasturesi che gli portavano i bagagli e gli zaini, saliva a Pasturo o direttamente in Grigna, alle baite “Comolli” appunto. Ho un suo quadro che raffigura il “lavacc” di S. Calimero visto dall’alto, dalla sua baita: è dipinto su una tavola di “compensato” dietro alla quale ha scritto – anno 1938 - una dedica a mio padre, perché l’aveva accompagnato portando gli zaini da Lecco fino alle “Comolli”. Poi cominciò ad arrivare con la Balilla e negli ultimi anni con una “Giardinetta”; a Pasturo abitava in Via Grigna (all’incrocio con Via Bergamini) prima di costruire, agli inizi degli anni ’50, una nuova casa al “Ciarél”, ora abitata dalla famiglia Corti.

Con la moglie ed il figlio Paolo, che per una malattia faticava a camminare, arrivava ancora negli anni ’60 e ’70 con la sua auto e, quando non riusciva da solo, si faceva accompagnare o dall’Ernesto De Martini o da altri. Io stesso li ho più volte trasportati al Pialeral, o dal Bonasio o dall’Antonietta: volevano sempre pranzare all’aperto, per godersi il paesaggio anche se a volte faceva parecchio freddo. Del resto era un “cultore della luminosità - come di lui ha scritto Massimo Rossi – e non le faceva mai torto: per questo non sopportava le tende alle finestre".

 

A Pietro Comolli, ma anche alla moglie Enrichetta, la montagna era fonte di ispirazione: su in baita dipingeva (ha fatto varie mostre di pittura a Milano, Venezia e Roma), leggeva soprattutto trattati di filosofia e di arte, suonava diversi strumenti, scriveva poesie. Ricordo alcuni titoli: “Poesie” (Scheiwiller, 1942), “Liriche” (Guanda, 1943), “Poesie” (La Locusta, 1967), e “Arsura” (La Locusta) pubblicato postumo nel 1979. Nella prefazione si legge: “Nell’arte di Comolli c’è sempre una mente avvezza meditare e a contemplare, una dove l’esperienza anche autobiografica si fa riflessione morale e saggezza, un occhio di pittore che rende vive ed esemplari le intuizioni e le fantasie. Grande credente, ha vissuto la sua ispirazione artistica, il momento creativo dello spirito, ai confini della terra, sugli alti monti”. Forse anche per questo ha intitolato una delle baite sulla Grigna a S. Luca e quella sul Monte Muggio a S. Paolo.

“Ogni sua dimora – racconta sempre di lui Massimo Rossi - da quella cittadina, milanese, a quella sulla sponda del lago a Lierna a quelle sui monti (Grigna, Muggio, Chiareggio) fu dimora di poeta, di pittore, di musicista. In ogni casa si ripetono nel medesimo stile inconfondibile: scaffali e pile di libri, costellazioni di quadri, luminose pennellate rapite ad un’escursione alpina, quadri più impegnativi, strumenti musicali (dal violino al violoncello e alla viola, dalla chitarra al mandolino al banjo), cavalletto, pennelli, tubetti di colori, tavolozza e tante, tante matite”. Quando, giovane studente universitario di filosofia, lo andavo trovare a Pasturo o a Milano, mi colpiva la sua profonda umanità e la sua altrettanto profonda cultura; mi colpivano, nei libri che mi prestava da leggere, sui Padri della Chiesa o sui filosofi contemporanei, le sue annotazioni, le sottolineature in rosso o in blu (a seconda dell’importanza dell’argomento o della frase); devo dire che mi sentivo anche un po’ in soggezione ed ignorante di fronte alla sua cultura, che tuttavia non ha mai ostentato.

La moglie Enrica, lavoratrice indomita, pure ella sensibile cultrice degli stessi interessi del marito, ha condiviso con lui sia i momenti belli che quelli tristi della vita, soprattutto la sofferenza per il figlio Paolo. La presenza della moglie in effetti domina sia il paesaggio della pittura che la poesia di Pietro Comolli, come scrive in una sua lirica:

“Ma tu veglierai al mio fianco
estenuata compagna
lenirai con la debole voce
parole simili al canto
per mitigare l’angoscia
e sopravvivere fino all’aurora”.

 

Pietro Comolli è morto a Milano nel 1977: sulla sua Grigna sarà comunque sempre ricordato.

                                                                                         Guido Agostoni


IL GRINZONE n.17