"TOGNETO" SI RACCONTA

 

Antonio Orlandi (Tognèto), piccolo di statura, non ha bisogno come Zaccheo di salire sull’albero per farsi notare; la sua presenza si evidenzia subito per la dinamicità e l’organizzazione degli eventi cui partecipa, si tratti di un corteo, di una processione o di un funerale… e non solo a Pasturo. Tanto è vero che si avverte subito, quando manca, anche la sua “assenza”: dov’è Tognèto? ci si chiede.

Ricoverato a Sondrio per un intervento chirurgico, è apparso anche sulle pagine locali del giornale “La Provincia di Sondrio” che proprio in quei giorni ha effettuato un servizio su alcuni reparti del nosocomio cittadino. E tuttavia non è così facile contattarlo per un’intervista: costretto a casa per la convalescenza post ospedaliera, gli fanno visita diverse persone, per cui trovarlo “libero” si rivela più arduo di quanto pensassi… ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

Nato nel settembre del 1936, alla soglia quindi degli ottanta, Tognèto non ha perso nulla della sua disponibilità a collaborare con le varie Associazioni: dall’AVIS al Centro Soccorso Valsassina, dall’ACI (dove ha ottenuto anche il premio come “veterano del volante”) al gruppo dei Combattenti e Reduci, per finire alla sezione Autieri della Valle e di Lecco. Proprio su proposta di quest’ultima Associazione è stato insignito nel 2007 dell’onorificenza di “Cavaliere della Repubblica”, di cui è legittimamente orgoglioso.

La mia vita inizia prima della nascita” mi dice subito. E’ una specie di sensazione e di riflessione che spesso si è trovato a fare pensando alla sua mamma che, proprio quand’era incinta del nostro “Tognèto” ha perso una figlia di 12 anni, Tognèta: “E’ un po’ come se il dolore che lei ha certamente provato per quella perdita, l’avessi vissuto anch’io…”.
Erano tempi difficili e anche il cibo scarseggiava in quel periodo; il papà lavorava a Trecate in un’azienda casearia e solo raramente riusciva a tornare a casa. Per questo non ricorda molto di lui, morto a 41 anni per patologie del cuore quando Togneto aveva solo 4 anni. “Ricordo qualche regalino che ci portava quando tornava a Baiedo; faceva il ‘confratello’ e quando magari ci meritavamo qualche sberla ‘partiva dall’alto’ (era molto grande) minaccioso ma alla fine ci dava una carezza. Del funerale ho in mente una giornata piovigginosa con molto fango sulla strada da Baiedo a Pasturo…”.
La situazione ovviamente si è resa per loro ancora più difficile; la mamma andava a servizio da alcune famiglie e dall’Esterina (l’osteria allora presente a Baiedo). Il fratello Giovanni lavorava alla fornace e la sorella Fausta (“la mia seconda mamma”) presso un caseificio.
Piaceva molto la scuola a Tognèto ed aveva anche buoni risultati, ma le circostanze non gli hanno permesso di continuare a studiare. Anzi, come spesso accadeva in quei tempi, fin dagli 8 anni andava d’estate sui monti a prendere il latte per una gelateria. “Mi pagavano una lira al litro se la stalla si trovava sopra Cornisella e 50 centesimi se era sotto”. Durante le elementari, nell’intervallo, si fermava all’asilo a mangiare un piatto di minestra, probabilmente offerta dal Comune. Ricorda che per fare un favore alla maestra Bambina aveva portato a scuola una “bacchetta” che doveva servire per indicare meglio le città sulla carta geografica appesa alle pareti; in realtà era stato il primo a sperimentarla… sulle mani.
C’erano anche persone che aiutavano: “la mamma dell’Angelo e dell’Oliviero mi dava spesso una fetta di polenta e un po’ di carne secca avvolta nella carta da zucchero”.
Al termine delle elementari, per un’emorragia cerebrale, muore anche la mamma e Tognèto si trova da solo coi due fratelli. Inizia a fare il “famei”: prima da Bartolomeo Orlandi (Bertòla) per due anni a Nava e poi da Marino “Cichè” per un anno, per finire da Giuseppe Invernizzi (Giorgiòn). Non c’era paga allora, ma il lavoro era compensato dal mantenimento. “Quando sono andato dall’Invernizzi, in via Mulini, Giuseppe mi ha preso per mano, mi ha accompagnato in cucina e mi ha fatto vedere una borsa appesa dicendomi ‘Qui c’è il pane’. Poi mi ha portato in cantina (io non avevo mai visto tutto quel ben di Dio: salami, taleggi, formaggi) e mi ha detto: ‘Qui c’è il companatico’. Per finire mi ha riportato nel cortile e guardando la stalla, la cascina e tutt’attorno mi ha detto: ‘Qui c’è anche tanto da lavorare’…”. A buon intenditor, poche parole.
Dopo i 15 anni, tramite uno zio che abitava a Cesano Boscone, è stato portato sempre come aiutante in una azienda agricola a Cascina Nuova. “Sul libretto di lavoro c’era scritto ‘vaccaro’: in stalla dovevo accudire le mucche, mungerle (ovviamente a mano), seguire i vitelli ecc. Ci si alzava alle 2 di notte e si lavorava fin verso le 7 quando si andava a fare colazione (1/2 litro di latte e tante michette). Al pomeriggio si ricominciava verso le 2 fino alla sera alle 8”.
Nell’azienda è stato molto apprezzato (“ero diventato il capo famèi”), guidava il trattore e altre macchine agricole.
E’ rimasto a Cesano Boscone fino al servizio militare: inserito nel Corpo degli “autieri” (aveva la patente) da Sassari, dove ha fatto il CAR, è stato inviato in Friuli dove ha sempre fatto l’autista (“guidavo il 42 FIAT, l’unico ribaltabile di allora”) e l’istruttore di guida per i camion.
Nel frattempo la sorella Fausta si era sposata e viveva col marito a Novara, dove gli aveva trovato un lavoro come garzone da un “gommista”. Ha lavorato lì dal 1959 al 1968: “All’inizio lavoravo in officina, riparazione e ricostruzione delle gomme. Poi sono stato incaricato di fare il rappresentante, sempre per la stessa azienda, per tutto il Piemonte, per cui ho girato nei vari posti della Regione, da Vercelli a Domodossola ad Asti e così via”.
Tornava ogni anno, d’estate, a Baiedo a trovare i parenti. Un’estate, siccome glielo aveva promesso, è andato a trovare una signora di Primaluna (che d’inverno abitava anch’essa a Novara): era nei prati a fare il fieno e con lei c’era anche sua nipote, Giuseppina Maroni. Hanno cominciato a “parlarsi” (così si diceva allora) e nei fine settimana Tognèto saliva a Bellano (dove si era trasferito e sposato il fratello Giovanni) per correre anche al paese da Giuseppina.

Nel 1969 si sono sposati a Primaluna dove hanno “messo su casa”. Entrambi lavoravano in officina, ma non nella stessa. Pochi anni dopo si iscrive anche alla Scuola Serale e consegue il diploma di Scuola Media (“siamo andati a fare gli esami alla Tommaso Grossi di Lecco”) mentre nel 1971 (e fino al ’74) la moglie prende la gestione della Cooperativa di Consumo, con annesso Bar, nella piazza della Chiesa. Nascono i due figli, Morgan nel ’74 e Norma nel ’76. L’anno successivo, mentre Tognèto mantiene il suo lavoro in officina, la moglie inizia la gestione del circolo ARCI, sempre nella piazza della Chiesa a Primaluna. Proprio lì, la sera del 6 settembre 1979, all’ora della chiusura, avviene la tragedia che sconvolge la famiglia: la moglie viene uccisa mentre i successivi colpi sparati contro di lui vanno fortunatamente a vuoto. Così Tognèto si ritrova solo, con due figli piccoli: “Sono stati la mia salvezza; loro mi hanno dato il coraggio per ripartire…

Rimane a Primaluna fino al 1987 quando si trasferisce a Baiedo dove aveva costruito la casa e dove già aveva deciso, anche con la moglie, di andare ad abitare.

Arriva anche la pensione e la sua attività si sposta in modo ancor più significativo verso le Associazioni. A Primaluna, per parecchi anni, ha fatto parte del Consiglio dell’Asilo Torriani, di cui è stato anche Presidente; a Pasturo si impegna nella Pro Loco e nei vari gruppi di cui fa parte. Non trascura neppure l’attività sportiva: aveva iniziato verso i 40 anni a partecipare alle varie competizioni podistiche, soprattutto in montagna, sia come singolo che come membro del Gruppo Sportivo “Giovanni XXIII”; anche a Pasturo è presente al via della Pasturo – Alpe di Cova per il trofeo “Aliprandi Ambrogio a.m.”

Una domanda viene spontanea: dove prendi tutta questa energia? “La voglia di vivere, ma anche un impegno personale, la voglia di collaborare con le diverse associazioni e di rendermi utile. E’ sempre bello vedere qualcuno che ti dà una mano…” Non può neppure mancare, alla festa di Baiedo, al tradizionale “incanto dei canestri”, dove la fa da mattatore.
Alla domanda sui figli, che vivono con lui, gli brillano gli occhi; “Sono veramente disponibili e bravi. Norma lavorano in casa e il fratello in una Ditta . Entrambi sono anche sportivi: Norma ha partecipato a molte gare di corsa fino a quando per un problema al ginocchio ha dovuto chiudere; Morgan con la passione della moto ma anche del tiro alla fune (negli anni 2002 e 2003 è stato campione italiano individuale)”.
Si trova bene a Baiedo e a Pasturo, avverte che tutti gli vogliono bene ed anche per questo “cerco di essere sempre disponibile e di dare una mano nelle varie situazioni e nelle diverse Associazioni”. Per questo è amareggiato per lo scioglimento, pochi anni fa, dell’Associazione “Combattenti e Reduci: “Per me avrebbe ancora senso, come testimonianza per ricordare ai giovani quello che i nostri genitori o nonni hanno fatto per permettere a noi ora una vita migliore e di libertà”.

Farebbe ancora tutte le scelte che ha fatto? “Ho un solo rimpianto, quello di non aver ‘fatto la firma’ e continuato la vita militare (autiere nel genio pionieri)”.

 

                                                                                         Guido

 

IL GRINZONE n.51