IL VECCHIO ALTARE DEL 1628
QUANDO A PARLARE SONO LE PIETRE E NON SOLO


Nel linguaggio della storia le testimonianze si chiamano fonti e gli storici sono abituati, dal Droysen in poi, a classificarle, per comodità e convenzione, in tre grandi categorie: i resti muti, che sono tracce del passato giunte fino a noi (come gli avanzi di un antico muro o di una strada, una tomba, un vaso, un toponimo, un vecchio uso popolare); i documenti, che fissano puntualmente per iscritto un atto del passato (come un trattato di pace o di alleanza, un contratto privato, una legge, una lettera personale, una moneta con la sua legenda); la tradizione, che è il racconto che il passato ci ha tramandato di sé attraverso le opere degli storici. Quanto maggiore è l’oggettività della fonte, tanto maggiore è il rischio della soggettività nell’interpretazione: questo vale sempre per il resto e spesso anche per il documento, che per essere correttamente utilizzati dallo storico devono essere innanzitutto collocati in un contesto preciso, nel tempo e nello spazio. In questa delicata operazione intervengono le cosiddette discipline ausiliarie della storia: archeologia, epigrafia, numismatica, papirologia ecc.

Tra le fonti scritte un posto di prim’ordine occupano le iscrizioni (oggetto di studio dell’epigrafia), che altro non sono che “avanzi del passato” aventi lo stesso fine delle altre fonti: la registrazione e il ricordo. E’ il caso, per esempio, della targa in marmo nero murata sulla controfacciata sopra il portale della chiesa parrocchiale di S. Eusebio e realizzata nel 1749 per commemorare la consacrazione del tempio e dell’altare da parte del vescovo di Bobbio (PC), Francesco Maria Abbiati, avvenuta il 5 luglio 1628.

Ecco la trascrizione e la traduzione italiana del testo rigorosamente scritto in latino: “D(eo).O(ptimo).M(aximo). / TEMPLVM HOC ET ARA / MDCXXVIII DIE V IVLIJ / A FRANCISCO ABBIATO / BOBBIENSI EPISCOPO / CONSACRATA FVERE”. Trad. “A Dio Ottimo Massimo. Questo tempio e questo altare furono consacrati il 5 luglio 1628 da Francesco Abbiati vescovo di Bobbio”.

La lapide in esame ci ricorda, dunque, che chiesa e altare, già consacrati negli anni 1355, 1401 e 1425, furono riconsacrati con fastosa cerimonia ed encomio al popolo dal vescovo bobbiese Francesco Maria Abbiati il 5 luglio 1628, il quale pose nella mensa le reliquie di santi martiri (l’inserimento delle reliquie negli altari è documentato dal IV sec.), come testimonia la pergamena di consacrazione che fu rinvenuta entro una piccola scatola di piombo nel 1970 quando fu smantellato il vecchio altare del 1628, sostituito dalla nuova mensa rivolta al popolo (ditta Carlo Comana, 1970) consacrata il 22 novembre 1972 da mons. Ferdinando Maggioni.

Ecco una memoria del parroco di allora, don Tullio Vitali, conservata nell’Archivio Parrocchiale di Pasturo: “Questa pergamena fu trovata, racchiusa in una piccola scatola di piombo, nel sepolcretto della mensa dell’Altare Maggiore. La vecchia mensa venne tolta quando fu realizzato il nuovo Altare. Il Parroco Don Tullio Vitali”.

Ed ecco ora il testo e la traduzione della pergamena di consacrazione racchiusa nella scatoletta di piombo:

“MDCXXVIII Die V Mensis Iulii Ego Franciscus Maria Abiatus Episcopus Bobbii consecraui Ecclesiam, et altare hoc in honorem Sanct. Eusebii Pon., et Mart. et Reliquias Sanc. Mart. Stephani, Laurentii, Petri mar., Marini, Vrsini, Ioanneti, et Sanc. Quadraginta martirum in eo inclusi, et singulis Christifidelibus, hodie unum annum, et in die anniversarii consecrationis huiusmodi ipsam visitantibus quadraginta dies de vera Indulgentia, in forma Ecclesiae consueta concessi, Quod statuo esse primam mensis Iulii Dominicam diem”. Seguono le firme del presule e di don Gerolamo Reggio di Milano (Hieronymus Regius), promagistro delle cerimonie nella chiesa metropolitana di Milano (vice-cerimoniere del duomo, diremmo oggi), nonché notaio apostolico.

Trad. “1628, 5 luglio. Io Francesco Maria Abbiati vescovo di Bobbio consacrai la chiesa e questo altare dedicato a S. Eusebio Vescovo e Martire, e vi inclusi le reliquie dei Santi Martiri Stefano, Lorenzo, Pietro Martire, Marino, Ursino, Gioanneto e dei SS. Quaranta martiri, e concessi secondo la consueta formula ecclesiastica ad ogni singolo fedele che visiterà questa chiesa oggi l’indulgenza di un anno e nel giorno dell’anniversario di questa consacrazione quaranta giorni e stabilisco che questo giorno coincida con la prima domenica di Luglio”. La consacrazione di questo altare è altresì attestata negli Atti delle Visite Pastorali degli anni 1685, 1722 e 1746.

Visto che un’indagine locale va mantenuta in constante dialogo con la storia generale, ad un tempo facendosene illuminare e contribuendovi con l’apporto di quelle complesse situazioni che solo in ambito ristretto è possibile porre in evidenza, è bene spendere due parole sul vescovo di Bobbio e sul suo passaggio in Valsassina. Mons. Francesco Maria Abbiati, nativo di Gorgonzola, fu vescovo e conte della città di Bobbio dal 1618 fino alla morte avvenuta nel 1650. A lui si deve la costruzione del grande Santuario mariano di Bobbio, quello della Madonna della Vigna, il cui culto fu introdotto poi a Gorgonzola, suo paese natale, dove l’oratorio di S. Pietro dei Disciplini è noto per l’appunto come Santuario della Madonna dell’Aiuto. Nel 1628 mons. Abbiati venne in Valsassina, sostituendo il cardinal Federico vecchio e acciaccoso, come ci ricorda Andrea Orlandi nelle sue memorie: il 29 giugno cresimò a Primaluna ed il 30 a Introbio consacrò l’altare maggiore di S. Antonio abate assieme alle campane. Il 3 luglio lo troviamo a Dervio a riconsacrare la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, in seguito ad un generale riadattamento del sacro edificio come ricordava una piccola lapide che circa 25 anni fa venne agganciata rivolta verso il muro. Il 4 luglio è a Cortenova a consacrare la parrocchiale dei SS. Gervaso e Protaso nonché l’altare di S. Carlo nell’oratorio di S. Fermo. Il 5 luglio è a Pasturo e poi lo troviamo a Cremeno ad amministrare la cresima, con delega conferitagli dal cardinale Federico Borromeo, e a benedire alcune campane (due della chiesa di S. Giorgio, una dell’oratorio sul Cantello, altre due dell’oratorio di Cassina).

 

Queste brevi note storiche dimostrano chiaramente che “per lo storico tutto è fonte, se utile a costruire la storia”, come ha affermato Jacques Le Goff, riprendendo le teorie dei fondatori della rivista francese “Annales”. Ed è così infine che anche il nostro piccolo e limitato territorio, grazie ad una memoria custodita e coltivata, può ritrovare la sua collocazione in una scena culturale sempre più dilatata, se è vero che ogni angolo di mondo e ogni frammento di umanità può istruirci sul tutto.

 

                                                                                                            Marco Sampietro

 

IL GRINZONE n.39