‘Francesco Zarone pittore habitante in Pasturo’

Novità sull’artista di S.Mamete: non fu solo pittore ma anche intagliatore e indoratore


Nonostante negli ultimi anni si sia registrata una vistosa impennata numerica di articoli e studi di contenuto storico-artistico, segno di una accresciuta sensibilità alle problematiche della conoscenza e della tutela del patrimonio artistico locale, resta ancora tutta da indagare la cosiddetta produzione minore di quegli artisti valsassinesi e non,">i cui nomi non sono saliti alla ribalda o agli onori delle cronache. Tra questi figura senza ombra di dubbio Francesco Cironi (o Ceroni), un artista di S.Mamete o Mammete, proveniente dalla Valsolda, che si stabilì a Pasturo come “depentore” intorno al 1583 e vi morì nel 1606. Figlio di Bartolomeo si sposò con Pedrina Ticozzi del ramo Notari, da cui ebbe diversi figli che però non seguirono le orme del padre ma si dedicarono alla ferrarezza sia a Pasturo che in quel di Venezia come era allora consuetudine. Dalla produzione superstite del Cironi emerge essenzialmente la sua attività di frescante, attivo a Pasturo e nel circondario alla fine del Cinquecento. Nel 1587 (?) dipinse, infatti, a Pasturo, sopra il portale d’accesso all’antica casa dei Bergamini della Chiesa in via Alessandro Manzoni, una bella Madonna con il Bambino tra i SS. Rocco e Sebastiano, affiancati da angeli musicanti. Al 1597 risale l’affresco ora perduto nella chiesa di S. Calimero ai Monti raffigurante molto probabilmente S. Francesco da Paola con l’effigie del testatore, Giacomo del fu Battista Merlo. E per finire, attribuito al Cironi per affinità stilistiche con l’affresco cinquecentesco di Pasturo è l’affresco della Madonna dell’albero con il Bambino dipinto nel 1585 sulla parete di fondo del presbiterio dell’oratorio di S. Rocco a Narro, frazione di Casargo. Ma il Cironi non fu solo un pittore: fu anche un valente intagliatore e indoratore, come lo saranno altri artisti della sua epoca o a lui posteriori come nel caso di Francesco Antonio Rubini di Aveno, che fu attivo nella seconda metà del Seicento in Valsassina (Premana) e nella Valle del Bitto. Questa sua sconosciuta attività artistica, di cui, allo stato attuale delle conoscenze, non resta nulla, è attestata da un documento conservato oggi presso l’Archivio Prepositurale di Primaluna (Documenti e istrumenti 1500). Si tratta di un contratto stipulato il 22 marzo 1597 tra il Prevosto e la fabbriceria di Primaluna, da una parte, e il Cironi, dall’altra, con cui veniva commissionato al “pittore habitante in Pasturo” un lavoro abbastanza impegnativo: intagliare e indorare il tabernacolo dell’altare maggiore della chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Per dovere di cronaca, non dimentichiamo che tra il 1595 e il 1598 il sacro edificio fu completamente rinnovato e interessato da lavori di adeguamento.

Lasciamo ora la parola al testo originale, che riportiamo qui di seguito integralmente, sicuri che l’impatto diretto con un documento può avere una sua insostituibile efficacia.

 

[1] 1597 Adi 22 Marzo

 

Sia notto et manifesto a qualunche persona legera [= leggerà] il presente scritto qualmente il Sig. Preuosto della chiesa prepositurale delli ss. Pietro et Paolo di Primaluna et li Sindici d’essa per una parte, et mastro Francesco Zarone pittore habitante in Pasturo per l’altra parte, si sono convenuti et hanno fatto mercato come di sotto cioè

 

che detto pittore habbi à fabricare li scalini dell’altar maggiore d’essa chiesa cioè tre scalini uno sopra l’altro da tutte due le bande dil tabernacolo et lavorarli con cornice, intagli et altri fiorami, indorati tanto intorno essi quanto in mezo cioè li cornici et fiorami et intagli

 

et che esso pittore habbia à meter lui l’oro

 

item che esso pittore habbi à far li piedi al tabernacolo con quatro modioni [= modiglioni, cioè mensole che sorreggono cornici o cornicioni: si tratta di un dialettalismo; una delle caratteristiche dei dialetti lombardi è proprio quella dell'oscillazione tra i tipi foglia / foia] et cornici et li suoi balaustri fatti de colonette con le cornici et le sue finiture (?) o pomi intorno al detto tabernacolo et con il suo piede su l’altare lavorati, e che habbia ad indorare à detto tabernacolo dalla [2] parte di drieto et farli il suo uschiolo alla forma di quello dinanzi et indorarli et ritocar esso tabernacolo con l’oro et altre pitture nei loghi ove è guasto, et che habbia à indorar tutti detti modioni, cornici, balaustro, colonette et tutti li altri ornamenti intorno à tutto detto tabernacolo tanto dinanzi quanto di drieto et questo conforme ancora al dissegno dato et che esso pittore li habbia à metter lui l’oro come di sopra

 

et che detti Sig. Preuosto et Sindici habbino à dar à detto pittore per mercede sua delle suddette tutte fatture et oro ducatoni n.° sette et darli li assi, legnami et chiodi

 

et che detto pittore habbia à far tutte le suddette

 

item che detto pittore habbia a far tutte le suddette cose et indorature da qui à un mese prossimo che viene in circa. Sotto pena di ... et per fede etc.

 

Io Francesco Cerono suddeto et affermo prometto come di superiore

 

[3] Adi 22 Marzo 1597

dati al contrascritto Pittore per capara del suddetto molone ducatone uno de quali dinari lire tre si sono riceuto dalli heredi di Luigi Baruffaldi da Cortabio per il fitto dell’anno 1596 et soldi 55 che sono tolti fori dalla bussola. Lire 5 soldi 15

 

Item adi 7 aprile 97 dati al detto pittore per il Sig. Preuosto. Lire 23 soldi 2

 

Item adi 22 aprile sudetto per tanti dati et scossi à nome della chiesa. Lire 4 soldi 4”.

 

Purtroppo dell’altare ligneo di fine Cinquecento, vecchio e tarlato, non resta nulla: fu sostituito da un altare in marmo policromo, scolpito e dorato, datato 1776. Ma a ricordarcene l’esistenza è una carta ingiallita e sbiadita, eppure così carica di storia e di mistero.  

           


                                                                             Marco Sampietro

 

IL GRINZONE n.44