STORIA DI UN GIOVANE AGRICOLTORE
Mi chiamo Giovanni Mazzucotelli, sono un giovane agricoltore di 33 anni.
La mia esperienza nel mondo dell’agricoltura ha inizio dieci anni fa, con l’apertura dell’Azienda Agricola “Res Naturae”.
Ma la mia esperienza nel mondo della natura e delle produzioni agricole, sebbene in piccolo e in modo artigianale, ebbe inizio nella mia infanzia e la riconduco al rapporto con i miei nonni che per primi mi hanno introdotto all’orto, agli innesti delle piante da frutto ed alla bellezza di cogliere un frutto maturo al punto giusto dalla pianta.
La prima fase dell’azienda riguardò la produzione di piantine in vaso. Piante speciali, l’idea era che tutte le piante coltivate potessero essere mangiate. Avevano infatti sapori, profumi e consistenze diverse, alcune esotiche, altre più locali o comuni. L’idea mia e di mia moglie Maria, che nel frattempo mi ha accompagnato in questo lavoro, era di proporre un’esperienza sensoriale unica a chi venisse a trovarci nel nostro vivaio, qualcosa che effettivamente potesse restare nella memoria del visitatore. E così è stato.
Oggi però le cose sono cambiate. Nel periodo del covid il forte calo nelle vendite delle piante in vaso e il sorgere di un nuovo amore e di una nuova necessità personale hanno invertito la rotta delle produzioni di “Res Naturae”.
Sentivo sempre più la necessità di produrre qualcosa di primario. Un bene fondamentale per chiunque. Non uno “sfizio” od una “esperienza” che per quanto bella e affascinante scarsamente influenzava la vita delle persone. Sorgeva sempre più in me il desiderio di lasciare un’impronta in questa vita. E per farlo la produzione di piante in vaso e di rabarbaro, che nel frattempo si era inserito nell’offerta aziendale, non mi pareva il mezzo più efficace.

Inizia così la nuova avventura di “Res Naturae - Ortaggi di montagna”: una semplice, ma non banale, produzione di ortaggi sita in Valsassina, tra Introbio e Pasturo.
Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo” diceva Ippocrate, il padre della medicina scientifica nel 400 a.C.
Non solo, oggi a questa necessità riguardante la salute personale si aggiungono due grandi temi che sono quello ambientale e quello climatico.
L’agricoltura, in quanto produttrice di beni primari per l’essere umano, riveste un ruolo fondamentale nonché strategico nella nostra stessa esistenza. Ritengo che l’agricoltore dovrebbe rendersi conto della responsabilità immensa di cui è oggi investito. Siamo infatti in prima linea nel rapporto diretto con la natura e con l’ambiente. Siamo le prime sentinelle che avvertono un qualsiasi cambiamento nell’ambiente e nel clima e siamo anche i primi a subirne le conseguenze. Allo stesso modo siamo produttori di cibo. Siamo produttori di qualcosa di cui nessuno può fare a meno e di cui fa uso almeno tre volte al giorno per tutti i giorni della sua vita.
È fondamentale quindi che ci assumiamo le nostre responsabilità nei confronti di tutti questi fattori. Allo stesso modo si rende molto più necessario un vero sostegno istituzionale rivolto sempre più alle aziende agricole che producono vera qualità. Non solo in termini gastronomici od organolettici, ma qualità intesa come rispetto per la natura e per l’umano. Questo dovrebbero premiare le istituzioni, non i prezzi o la quantità.
Come nel mio piccolo posso mettere in pratica questi valori?
Personalmente ho scelto di non utilizzare più alcun tipo di trattamento anticrittogamico sulle mie colture, neppure quelli consentiti in agricoltura biologica. Per me è fondamentale che la produzione agricola possa inserirsi negli equilibri naturali già esistenti da milioni di anni senza stravolgerli ma sfruttandoli a suo vantaggio. Una differenza questa che può sembrare sottile ma fa la differenza. Quando mai vediamo piante selvatiche attaccate fino alla morte da un qualche parassita? Si tratta di un evento piuttosto raro e quando capita è perché di fondo c’è sempre il nostro zampino. Avremo infatti portato in giro qualche batterio o qualche insetto senza neanche rendercene conto rompendo così quell’equilibrio di cui sopra.

Ma nella natura “selvaggia” questo non accade. E anche nel mio orto questo non accade. Perché quando arrivano gli
afidi (i piccoli pidocchi neri o verdi che infestano un gran numero di colture) arrivano anche le coccinelle o le vespe che li parassitizzano. Quando arrivano le cimici arrivano le mantidi religiose che le divorano volentieri. E quando negli ambienti parzialmente chiusi, come le serre, arrivano gli acari del pomodoro o della melanzana? A quel punto intervengo io, investendo parecchie risorse nell’acquisto di un’altra specie di acaro che si occupa di divorare il primo che stava a sua volta divorando i miei pomodori. Si tratta di un artropode autoctono e non alieno che però negli ambienti chiusi non entra di sua spontanea volontà e così lo inserisco io. E la cosa bella è che funziona.
Questa è la prova che esistono metodi alternativi per produrre rispettando l’ambiente e l’uomo.
Molti non hanno idea delle enormi quantità di prodotti fitosanitari che vengono usati nell’agricoltura convenzionale. In Italia meno che negli altri paesi UE o peggio ancora extra UE. Così come i diserbanti o l’esclusivo uso dei concimi, che io personalmente non condanno, ma che è fondamentale affiancare ad un buon accorpamento di sostanza organica da letame o da compost. Sì, perché le piante asportano sostanze chimiche dal suolo, e le utilizzano per costituire loro stesse. Ma il problema dell'agricoltura industriale è che si limitano a quello, dimenticandosi di altri fattori, quali il benessere dello stesso suolo che rischia di divenire un mero substrato inerte per la crescita di piante scarsamente ricche di sostanze benefiche e salutari. Al contrario un mio personale mantra è che ogni anno il suolo in cui coltivo devo lasciarlo migliore di come l’ho trovato, non impoverito ma più ricco.

Ebbene, dopo questo elenco piuttosto tecnico di “buone pratiche” per una sana gestione agricola ci si potrebbe domandare: perché gli agricoltori non lo fanno se è realmente possibile coltivare o allevare in un altro modo?
Ebbene la risposta è tutta insita nell’economia. Nel prezzo, nei circuiti della distribuzione del cibo ormai quasi totalmente delegati alle GDO (Grande Distribuzione Organizzata).
Spesso quando sentiamo notizie di caporalato nei campi del sud Italia, piuttosto che di vero e proprio schiavismo in Almeria o nei paesi del terzo mondo, pensiamo siano fatti lontani, di cui noi non siamo tenutari ed impossibilitati nel fare alcunché.
Ma la verità è un’altra.
Tengo molto a far notare che noi abbiamo un grandissimo potere per cambiare le cose: le nostre scelte quotidiane influenzano il mondo in modo radicale e profondo.
Quando paghiamo poco un prodotto, che sia agricolo o meno, pensiamo sempre che qualcun’altro sta mettendo per noi la differenza di quel valore.
A volte sarà un lavoratore sfruttato, a volte sarà l’agricoltore costretto a svendere i suoi prodotti, a volte sarà l’ambiente che risentirà di una produzione surreale e innaturale, a volte, anzi molto spesso, saremo noi con la nostra salute che colmeremo quella differenza di prezzo.
Dietro alla scelta che compiamo tutti i giorni, tre volte al giorno, ossia quella di nutrirci, si cela una grande responsabilità. Ed è nostro dovere informarci, chiedere, scoprire e capire perché sul mercato possiamo trovare prodotti simili a prezzi così diversi.
Questa è la nostra grande responsabilità quotidiana verso la natura, verso il prossimo e verso noi stessi. E assicuro che è la strada primaria per fare la differenza e provare a cambiare le cose. Dal basso, dal piccolo, dal poco ma io credo che questo mondo possiamo ancora migliorarlo.
Ho avuto due figli in questi ultimi cinque anni ed è per loro che voglio continuare questo lavoro fisicamente pesante e spesso psicologicamente estenuante. Ma ritengo che l’agricoltura e il cibo possano essere una strada privilegiata nel renderci persone migliori, più consapevoli del mondo che ci circonda, più consapevoli delle conseguenze delle nostre scelte, tornando ad un antico legame che da sempre mette in comunicazione l’essere umano a questa bella terra.
Ecco perché fare l’agricoltore oggi.
Giovanni
IL GRINZONE n.88