LA CAPPELLETTA SI RINNOVA


In via IV Novembre dove attualmente si trovano la scuola e piazza XXV aprile, fino agli anni 60 c'erano i più bei prati di Pasturo, talmente belli che nella toponomastica locale erano chiamati il "giardino". Sopra un dosso, al centro di questi prati, era posta una cappelletta dedicata alla Madonna di Caravaggio. Lì confluivano tutti i sentieri che uscivano dal paese: quello che partiva da via parrocchiale; quello che veniva da piazza Vittorio Veneto, passando sotto la vecchia palestra; quello che arrivava da via Villette e quello che li congiungeva tutti a viale Trieste, allora chiamato semplicemente lo stradone.

Nel 1965, con la costruzione di Viale 4 Novembre e dell'edificio scolastico, si rese necessario abbattere la cappelletta. La cosa dispiaceva ai pasturesi: quella cappelletta, oltre ad essere significativa per l’aspetto religioso, era il punto d'incontro dei contadini impegnati nel lavoro dei prati ed era anche il luogo dove tanti bambini si trovavano per giocare, specialmente il mese di maggio dopo la funzione Mariana serale. L'architetto Delino Manzoni, progettista dell'edificio scolastico, pensò di costruire una nuova cappelletta inserita nel muro di cinta delle scuole.

Terminata la parte muraria, venne affidato l'incarico di dipingere un'immagine della Madonna al pittore Gian Carlo Vitali che nel frattempo aveva terminato i lavori nella Chiesa parrocchiale. Come aveva già fatto per l’affresco della cappella dei bambini, Vitali decise di ambientare il soggetto del nuovo dipinto, nel paese di Pasturo; rappresentò quindi la Madonna con Gesù Bambino e due scolari, uno dei quali offre un fiore a Gesù: sullo sfondo l’edificio scolastico, la chiesa parrocchiale e alcune case del vecchio nucleo del paese. La data: 13 novembre 1966 e la scritta “Perché la Madonna protegga i nostri bambini”. I modelli per Vitali furono la moglie Germana e i figli Sara e Velasco. “Avevamo solo due figli allora – ricorda la signora Germana – e mancava il modello per Gesù Bambino”; infatti la figlia Paola sarebbe nata quando i lavori della cappelletta erano già terminati.

Dopo oltre quarant’anni il dipinto cominciava a scolorirsi e presentare alcune crepe per cui l’Amministrazione Comunale pensò ad un eventuale restauro; interpellò il Vitali, il quale, considerato che i problemi erano stati causati dal tipo di intonaco e che qualsiasi tipo di restauro sarebbe stato un palliativo momentaneo, e perciò inutile, propose di sostituire l’affresco con un’immagine sbalzata in rilievo su una lastra di rame; lui avrebbe eseguito il disegno e l’avrebbe poi affidato a suo fratello Danilo (altro artista della famiglia) che avrebbe realizzato l’opera in rame. L’idea piacque, fu raggiunto l’accordo e realizzata la nuova opera, col quadro della Madonna che oggi si può ammirare nella cappelletta.


                                                                                           Gigi Orlandi

                                                                           

   


DAL DISEGNO... AL RAME

Quando, nello studio di Giancarlo Vitali a Bellano, abbiamo visto per la prima volta l’opera realizzata da Danilo, oltre ad apprezzarne la bellezza, abbiamo voluto sapere qualcosa di più sul procedimento utilizzato. Iniziamo la chiacchierata con Giancarlo, in attesa che arrivi anche il fratello Danilo.

 

Come si arriva a questo risultato?

GIANCARLO: Basterebbe vederlo lavorare. Ecco, gli elementi essenziali sono: a partire dal mio disegno, lui fa un calco, beh adess che i à inventàa la fotocopiatrice se fa na fotocopia del disegno, prima el faseva el calco, adesso incolla la fotocopia sulla lastra di rame e poi comincia a martellare e sbalzare e incidere i contorni del disegno. La lastra di rame i la tegniva pogiada, diciamo così, su un cuscino di pece di modo che martellandola, riceveva la bombatura ammortizzando i colpi, perché se si martellasse il rame sul duro si rovinerebbe.


E come spessore, la lastra di rame è una lastra sottile?

GIANCARLO: No, no, ma quell el la disarà luu quand el riva. La pece, se ricordo bene, i la tegniva nell’acqua colda, per mantegnila morbida e la lastra de ramm viene martellata nei due sensi a seconda se se voeur sbatt in fò o sbatt in dent el material, seguendo sempre il disegno, fin ch’el gh’è; perchè dopo col suo lavoro, anca el disegn el va via, ma ormai luu el l’ha riportàa sul ramm.


E dopo, tutte quelle sfumature di colori?

GIANCARLO: Lì invece, quell l’è mej che i le spieghi luu.... sono diversi i modi de facch ciapàa on certo color al ramm, con degli acidi e con altra roba riesci a ottenere dei verdi e altri robb... poi lui interviene con lo stagno, con una patina di stagno ottiene queste parti argentate. Adesso ha scoperto, io glielo avrei sconsigliato, quella vernice lì delle macchine che lo rende lucido.


Però lo mantiene nel tempo …

GIANCARLO:  Sì, dato che l’è all’aperto, però i la fà diventà un lavoro de oreficeria, de pasticceria, second mi le fà diventà un poo tropp luster, io glielo avrei sconsigliato, ma lui l’ha fatto per tanti alter robb, nei cimiteri e nei posti dove stanno all’aperto. Effettivamente le mantiene, dopo col tempo el perderà ‘n poo, però segond mi l’è trop lustro.


Nel frattempo ci ha raggiunti anche Danilo e con lui riprendiamo la storia dello spessore della lastra di rame.

DANILO:  Sette decimi... l’è quasi vott perchè ultimamente se trova pù el ramm giust. Na volta se andava da questi negozianti specializzàa, adess ghe n’è pù e bisogna ciapàa quell che gh’è. Per fare questo lavoro ho dovuto andare addirittura in un paese vicino a Bergamo dove ho degli amici che i fà padell e padelin de ramm; quell che se trova adess l’è anca on materiale durissimo, qualche millesimo di tolleranza, lavorandolo si sente, ed ero preoccupato..... Allora niente, incollo il disegno sulla lastra, poi l’appoggio su una base di pece che ho scaldato e inizio a fare una prima incisione; poi tolgo il disegno, giro la lastra e ormai intravedo i contorni del disegno al rovescio e allora inizio a buttar fuori con la pesa ... ci sono due blocchi di pece, che si immergono nell’acqua calda così si ammorbidiscono e si inizia a buttar fuori fino a quando è finito.


E le rifiniture?

DANILO:  Quelle si fanno alla fine. Per l’argentatura si usa una lega di argento e stagno: dopo averla fusa, la si cola sopra i punti che si vogliono trattare, poi, tenendo caldo il rame dal dietro, si passa un batuffolo di ovatta e la se tira e resta l’argentatura. Invece per la brunitura si usa un acido, il solfuro d’ammonio, el se mett su, reagisce con il rame e ‘l fa tutte le varie colorazioni.


L’ultima cosa è la verniciatura trasparente?

DANILO: Siccome quando questi lavori vanno all’aperto... cosa succede? come tutt i robb che va all’aperto, sia il marmo che el ramm, dopo ses mes ch’inn lì, gli agenti chimici che gh’è in de l’aria i ghe fa cambià tutt el color. Allora ho scoperto... vòo dal carrozziere e ghe fo dà su la vernice delle macchine, delle automobii, quella trasparente. Gh’è di robb che ò fàa per el cimiteri, sono sette o otto anni che son su e sono come quando le ho fatte. Per cui dovaria pu sucedegh negott.

GIANCARLO:  Pecà che i tend a vess on poo tropp luster...

DANILO: Quell sì purtropp ... però...


L’effetto finale è questo luccichio …

DANILO: E l’è on poo tropp lucid; allora io ho provato a farlo con una vernice opaca, però dopo un pò di tempo ho dovuto toglierla con lo sverniciatore perchè te vedet pù sota negot.

GIANCARLO:  Bisogna dì ‘na roba, almeno speri che ‘l suceda inscì, l’erem gemò dit l’altra volta, che un conto l’è vedel come adèss cont una lus artificial, mentre invece con la lus natural, colocada dent la soa nicchia tutt quell luster lì va a finì che el se nota più.

 

A tutti voi che passate in via IV Novembre l’invito ad esaminare di persona “l’effetto che fa”.

 

                                                                                                     Gigi e Guido


IL GRINZONE n.21