TRADIZIONE E INNOVAZIONE


In visita al caseificio MAURI di Pasturo con la guida del Signor Franco Vizzardi, nipote del fondatore dell’azienda e per 44 anni operatore appassionato ai vertici della stessa.

 

 


Eccoci qua, tutti i redattori de IL GRINZONE, con camici e cuffiette, come se dovessimo entrare in un reparto di terapia intensiva.
Saliti inizialmente per un sentiero fino ai margini del bosco, abbiamo potuto abbracciare con uno sguardo questo complesso produttivo dalle linee architettoniche nel contempo tradizionali ed avveniristiche.


Sarà il tormentone della visita: ma siamo nel tradizionale o nell’avveniristico?

Lo studio di architettura di Milano che ha delineato il complesso ai piedi del Grignone è quello che ha progettato l’autodromo di Shangai per la formula uno: incominciamo a capire.

Entriamo nel ventre del complesso, quindi nelle viscere della montagna. Anche qui un dato ricorrente: spifferi freddi da ogni parte, da cunicoli che si addentrano nella pancia del Grignone chissà se per centinaia o migliaia di metri...

Acciaio inossidabile dappertutto; porte in plexiglas che si aprono e si chiudono magicamente: sembra l’avvenire. Ma è presente, e non vuole abbandonare il campo il passato: telai e cassette in legno, teli piccoli e grandi, che ti fanno venire in mente le casere di Biandino.


Chi vincerà la sfida? Chi, a gioco lungo, prevarrà? La tradizione o l’innovazione?

Procediamo attentissimi, guidati dal signor Franco, che ci spiega tutto.

Emilio Mauri: il fondatore, ottantacinque anni fa. La prima grotta di stagionatura, gli anelli cui legavano i cavalli ed i muli i contadini valsassinesi che portavano qui i loro prodotti. E poi altri, fino a Nicoletta Merlo, l’attuale amministratore delegato.

Oggi sono settemila metri quadri di stabilimento, la gran parte in grotta. Oggi sono 1300 quintali di latte lavorati al giorno nello stabilimento di Treviglio; oggi sono centomila forme di taleggio normalmente presenti a Pasturo per la stagionatura, mentre 35 mila forme di gorgonzola sono abitualmente in stagionatura in quel di Novara; oggi sono quaranta milioni di fatturato annui di cui il 25% esportato in tutti i paesi del mondo che amano il formaggio italiano...

 

Intanto anche il nostro occhio si è adeguato e notiamo ovunque computer. Notiamo che non c’è contenitore che non abbia una scheda con tutti i dati relativi al contenuto: produzione, stagionatura, composizione, destinazione…

Il personale addetto: uno spettacolo di simbiosi con le infernali piccole catene di montaggio, che sfornano caprini o “Duetto” a ritmi impressionanti.

Ma anche uno spettacolo di capacità di autonomia dell’operatore nell’interpretare i dati del computer, per personalizzare il prodotto secondo le esigenze del cliente.

 

Il signor Vizzardi, che ci spiega pazientemente quale tipo di formaggio matura dall’interno all’esterno e quale... viceversa; ammette, sconsolato, che a Brescia, ad esempio, il taleggio lo vogliono a pasta molle, a Milano più sostenuto e a Bergamo duro. E ad Atlanta? E a Tokio? Ma come si fa ad accontentare tutti? Il cliente ha sempre ragione? “Ma mi faccia il piacere!” direbbe Totò.

Ecco, alla Mauri danno sempre ragione al cliente.

 

Usciamo sui piazzali, ai bordi della provinciale.

E chi mai avrebbe pensato, passando in strada, che sotto la montagna ci fosse un tale complesso?

Il signor Franco ci stupisce ancora una volta, conducendoci in una cascina, ristrutturata dai soliti architetti maniaci del rispetto della tradizione, dove ci fa degustare quei magnifici prodotti della secolare tradizione casearia valsassinese.

E mentre ci congratuliamo con lui, ci viene spontanea una riflessione: solo un fortissimo radicamento nella tradizione ha permesso a questa azienda di sopravvivere, in mezzo ai colossi delle multinazionali.

Però: si fosse rinchiusa nel suo territorio, si fosse aggrappata al suo passato, sperando che qualcuno la difendesse dai colossi, oggi non ci sarebbe più.

No. Ha accettato la sfida, s’è aperta al mondo: ora porta in giro per i continenti i sapori, gli odori, i colori e, perchè no?, i valori della Valsassina.

 

Noi abbiamo conosciuto solo Millo Merlo, ma certamente i tanti personaggi, citati dal signor Vizzardi durante la visita, ogni mattina si affacciano dal cielo del Grignone e guardano giù, verso l’acciaio lucente ed il ferro arrugginito del complesso di Pasturo e, ne siamo certi, sorridono soddisfatti.            

                               

                                                                                      La Redazione


IL GRINZONE n.10  (2005)