UN LEGAME OLTRE LE DISTANZE

I doni degli emigrati pasturesi in Sicilia, Roma e Venezia

alle chiese del paese d’origine


Anche Pasturo, come altri paesi della Valsassina, fu toccato nei secoli passati dal diffuso, quanto ancora poco indagato, fenomeno sociale della emigrazione, dovuto alla esigenza di trasferirsi altrove in cerca di un lavoro più redditizio o di una vita migliore ma spesso per sopravvivere alle difficili condizioni locali.

L’emigrazione pasturese, documentata fin dal XVI secolo, ebbe soprattutto come destinazione la città di Venezia con la sua Repubblica, tanto da essere la meta più ‘gettonata’ dal grosso del flusso migratorio non solo pasturese ma anche valsassinese (si pensi, tanto per fare un esempio, al caso della vivace e numerosa colonia premanese a Venezia, indagata di recente da Enrico Ratti Taparéi, discendente da una famiglia di fabbri e ramai trapiantata nella città lagunare dalla seconda metà del Cinquecento). 

  

Altre mete dell’emigrazione valligiana furono terre più o meno lontane: Bergamasco, Bresciano, Torino, Roma, Napoli e, nel caso specifico di Pasturo, anche la Sicilia, un fatto per nulla consueto. Lo spostamento di emigrati dalla Valsassina nel regno di Sicilia è, infatti, allo stato attuale delle ricerche, una prerogativa esclusiva di Pasturo, mentre è ben attestato sulla sponda occidentale del Lario, dove in quasi tutte le chiese altolariane sono custodite preziose suppellettili sacre in oro e in argento (calici, ostensori, crocifissi, reliquiari), oltre alle cosiddette “gioie” portate da Palermo (gioielli devozionali, come corone del rosario, nonché monili d’oro e d’argento, come anelli, orecchini, fibbie ecc.) custodite con cura nelle varie famiglie.       

documentare l’emigrazione valsassinese, oltre a testamenti e a dispense matrimoniali, sono proprio questi preziosi donativi che gli emigranti inviavano alle rispettive parrocchie per attestare la salda e costante presenza di legami con il proprio borgo identificato idealmente con il “campanile”. Le donazioni in generale, quando non finanziavano la costruzione o la ristrutturazione di chiese intere, erano finalizzate all’acquisto di suppellettili per il servizio liturgico, con prevalenza di argenti, come calici, pissidi, ostensori, servizi d’altare (candelieri e croci, reliquiari, coperte di messale, turiboli e navicelle), che consentivano, per le loro dimensioni relativamente contenute, facilità ad essere trasportati anche a distanze notevoli.

              

Una delle testimonianze artistiche più antiche del flusso migratorio da Pasturo nel regno di Sicilia nel Cinquecento è rappresentata da una tanto preziosa quanto rara coppia di raffinati elaborati argentei, un vero e proprio unicum nel panorama delle argenterie sacre valsassinesi. Si tratta di un servizio per l’incensazione, cioè di un turibolo e della relativa navicella, contenitore per i grani d’incenso così denominato per la sua forma a nave, con allusione alla Chiesa, “nave” che conduce alla salvezza (figg. 1-2). I due elaborati furono realizzati in stile gotico da un abile argentiere della città di Palermo, come si evince dalla iscrizione incisa, su quattro righe, sulla superficie di uno dei due coperchi della navicella: “HOC . TVRIBVLVM / ET . NAVETAM . FECIT / COMUNIS . PAROCHIE / PASTVRIO HABITÃS . IN / RENGO (sic) . SCICILIE (sic) 1577” (fig. 3). Sempre di fattura siciliana sono anche le due custodie destinate a contenere i due sacri argenti: si tratta di due elaborati in cuoio lavorato e decorato, abbellito da sottili fregi dorati impressi a punzone a caldo, lungo i bordi (fig. 4).

                           

Oggetti d’arte dalla Serenissima attestano l’emigrazione pasturese a Venezia. Tra le argenterie sacre veneziane la parrocchia di Sant’Eusebio possiede una croce astile che reca sul nodo l’epigrafe: “FATA DE CARITA DE DEVOTI ABITANTI IN VENEXIA (sic) 1757” (fig. 5); l’elaborato reca pure due tipi di punzonature: il ‘leone in moleca’ e la marcatura di controllo del ‘Sazador in Zecca’ Zuan Piero Grappiglia (le lettere P G separate da un giglio araldico), in carica per la verifica degli argenti fra il 1757 e il 1802. La stessa iscrizione con la data 1757 e gli stessi punzoni si rilevano su un servizio di due cartegloria, cioè di incorniciature atte a esporre sull’altare fogli scritti o stampati con testi invariabili della messa, per facilitare la lettura al sacerdote impossibilitato a leggere il messale in momenti particolari del rito (figg. 6-7). Sulla cartagloria centrale è effigiata sulla sommità un’immagine di Sant’Antonio di Padova di cui i pasturesi erano particolarmente devoti.


                    58 Fig9     58 Fig10


Nella chiesa della Madonna della Cintura la cappella laterale sinistra è dedicata per l’appunto al Santo patavino. Da segnalare nella medesima chiesa è anche una lampada pensile sulla quale è riportata la scritta: “ANNO 1748 / FATA / DI ELE / MOSINE / RACOLTE / DA DEVO / TI ABBI / TANTI IN / VENEZIA” (figg. 8-9-10). Si notano, ripetute, le marcature con il ‘leone in moleca’ e il contrassegno del ‘Sazador in Zecca’ Zuanne Premuda (le lettere Z P separate dal profilo di un volatile).

E per finire a documentare l’emigrazione pasturese a Venezia è un cucchiaino d’argento fuso che riporta sul verso l’iscrizione “1751 / VENETIA” relativa alla data e al luogo di esecuzione dell’opera e sul diritto l’effigie di Sant’Antonio di Padova (figg. 11-12)

Altre argenterie sacre di fattura veneziana sono state recensite in altre parrocchie della Valsassina: Cortenova, Introbio, Primaluna e Taceno. 
L’emigrazione pasturese a Roma è documentata, come ci riferisce l’Orlandi, da “un ricco piviale di seta rossa e d’oro, di origine romana, come attesta il cartiglio intessutovi: Romanorum pietas”.

In conclusione, questi doni hanno un intrinseco valore religioso; sono un’espressione di identità espressa attraverso l’attaccamento affettivo alle proprie origini e al gruppo sociale di provenienza; e sono testimonianza di un forte senso di partecipazione con l’aggregazione in confraternite in vista di un sostegno reciproco.
Con queste brevi note si è voluto incominciare a valorizzare e far conoscere questo prezioso patrimonio di fede e di arte in vista di uno studio più approfondito sul fenomeno dell’emigrazione, a cui sono legati secoli e secoli della nostra storia, con una inevitabile ricaduta anche sulla valutazione delle nuove emigrazioni oggi nel mondo.

 

                                                                                                    Marco Sampietro


Riferimenti bibliografici

 

 

Sull’emigrazione pasturese

Angelo Borghi, I paesi della Grigna. Episodi dello sviluppo di Pasturo, in Andrea Orlandi, Memorie di Pasturo e Bajedo in Valsassina, Comune di Pasturo, Pasturo 1995, pp. 327-332.

Andrea Orlandi, Memorie di Pasturo e Bajedo in Valsassina, Comune di Pasturo, Pasturo 1995, pp. 62-68.

 

Su argenti e suppellettili liturgiche 

Paola Venturelli, Splendori al Museo Diocesano. Arte ambrosiana dal IV al XX secolo, catalogo della mostra a cura di Paolo Biscottini (Milano 2000), Milano 2000.

Oleg Zastrow, Antiche e sconosciute argenterie veneziane a Taceno, in “Archivi di Lecco e della Provincia”, a. XXXV, dicembre 2012, pp. 37-49.

Oleg Zastrow, Antichi cuoi lavorati e decorati. Un patrimonio artistico derelitto e ignorato, in “Archivi di Lecco e della Provincia”, a. XXIX, ottobre-dicembre 2006, pp. 47-63.

Oleg Zastrow, Antichi e unici argenti siciliani in Valsassina. La confutazione di errati giudizi storico-artistici sugli argenti di Pasturo, in “Archivi di Lecco e della Provincia”, a. XXVIII, aprile-giugno 2005, pp. 43-53.

Oleg Zastrow, I due unici argenti siciliani presenti nelle parrocchie del Lecchese. Chiarimenti e aggiornamenti critici, in Il tesoro dell’isola. Capolavori siciliani in argento e corallo dal XV al XVIII secolo, 2 voll., a cura di Salvatore Rizzo, catalogo della mostra a Praga, Maneggio del Palazzo Wallestein (19 ottobre-21 novembre 2004), Catania 2008, vol. I, pp. 86-93.

 

IL GRINZONE n.58