UN MAGICO MATRIMONIO INDIANO

 

È stato un legame lungo 12 anni che ci ha permesso di partecipare ad un matrimonio indiano a Indore, nella regione del Madhya Pradesh a sud di Nuova Dehli.

Nel 2012 l’Istituto Tecnico Parini di Lecco offrì agli studenti l’opportunità di un interscambio culturale con una scuola Indiana; si trattava per gli studenti italiani di vivere un’esperienza scolastica in India e di offrire in Italia lo stesso percorso di scuola e di accoglienza agli studenti Indiani. Naturalmente gli studenti furono ospiti di famiglie che si resero disponibili ad accogliere e vivere l’esperienza. Nacque così il legame fra noi e Kunal, un legame tenuto in vita così a lungo grazie all’utilizzo dei social. Le nostre comunicazioni sono state costruite sulle ricorrenze importanti, sullo scambio delle esperienze di studio (la fine delle superiori, l’università ed infine l’avvio nel mondo del lavoro) fino a luglio 2023 quando, con un messaggio su WhatsApp, Kunal annunciava il suo matrimonio e l’invito a parteciparvi esteso a tutta la famiglia, che Kunal ora chiama la sua famiglia Italiana.

Sapevamo da nostro figlio Mattia, che era stato ospitato in India, il livello economico della famiglia; sapevamo che vivevano in una casa su tre piani, con grandi scale interne e che il nonno di Kunal era stato uno dei membri della corte suprema di giustizia dell’India; sapevamo, come tutti, che i matrimoni indiani durano più giorni e che vengono celebrati fra feste e sfoggio di eleganze e colori, ma quello che abbiamo vissuto è andato al di là di ogni aspettativa.

Le feste per noi iniziarono appena scesi dall’aereo: un’auto di rappresentanza, con tanto di autista e tendine ai finestrini, ci attendeva fuori dall’aeroporto e ci condusse all’albergo (prenotato e spesato) di un elevato livello. Naturalmente il personale pretese di portarci le valige in camera e l’autista con un improbabile inglese, ci fece capire che ci avrebbe condotto immediatamente alla casa dello sposo. E così, senza neppure il tempo di capire o semplicemente respirare, fummo catapultati in mezzo a decine di persone che suonavano e ballavano in casa e in strada. Ci accolsero al ritmo di tamburi accompagnandoci fra due ali di persone verso Kunal e la sua famiglia. Fu un incontro entusiasmante, con abbracci e segnali di riconoscenza e stupore, abbracci e saluti che significavano un invito inderogabile al ballo, alla condivisione delle danze la cui gestualità non ci era dato comprendere. Ci fecero visitare casa, ci presentarono parenti e amici dello sposo, ci offrirono piatti e dolci di ogni tipo e, dopo aver danzato e mangiato, l’autista ci condusse di nuovo in albergo.

E questo fu l’inizio!


     


Il giorno successivo ci accompagnarono al tempio di Shiva, uno dei dodici templi più importanti per gli Induisti, un utile e interessante tentativo per farci meglio comprendere in quale tipo di mondo ci trovavamo. Il giorno dopo fummo ospiti in un altro albergo dove si sarebbero svolte le feste degli ultimi tre giorni. Un albergo dove erano state riservate circa 100 camere, tutte destinate ai partecipanti al matrimonio. È difficile immaginare la location; a grandi linee potremmo pensare ad un’area grande come un campo di calcio sul cui lato lungo sorgeva questa costruzione imponente. Un lungo e largo corridoio ci sorprese al mattino seguente con una distesa di cibi, verdure, frutti e altri alimenti vari, con decine di persone presenti e, come promesso dal nostro ospite, c’era sempre un angolo e una possibilità di cucina italiana, anche se non rinunciammo all’assaggio di vari sapori.

Crediamo che in una terra così ricca di cultura e mistero, i matrimoni non siano solo una semplice celebrazione, quanto una vera e propria esaltazione della tradizione, con un continuo ed esuberante susseguirsi di rituali antichi, decorazioni suggestive, musiche, danze colori e costumi tipici di un patrimonio locale! Non è stato soltanto l’unione di due persone quanto, così ci è parso, l’unione di due famiglie, la presentazione e la rappresentazione anche della propria ricchezza, una esaltazione che per noi sembrava oltrepassare l’eccesso.

E mentre noi consumavamo la nostra colazione, fuori, nel terreno antistante, decine di operai erano al lavoro nella costruzione di pagode, tende, scenografie teatrali utili per la festa serale. Un palcoscenico largo quanto il lato del terreno con luci e drappi indescrivibili, tutto il campo circondato da chioschi con decine di cibi provenienti da tutti i territori indiani. Mentre gli invitati si aggiravano nella degustazione e negli assaggi, sul palcoscenico si susseguivano danze e orchestre degne della migliore tradizione cinematografica di Bollywood. In tutti e tre i giorni i lavori si replicavano e mentre il mattino si smontava il tutto, dal primo pomeriggio si ricostruiva e si rimontavano nuove scenografie, nuovi palcoscenici e nuovi stand. Invitati? Circa 2.000 il quinto e ultimo giorno di nozze.

Nel mezzo di questa magnificenza avvenivano i riti più formali: l’arrivo degli anziani capifamiglia, in questo caso su una rolls royce bianca d’epoca, l’arrivo dello sposo su un cavallo bianco, la presentazione della sposa sotto archi di luci rosa e specchi, oppure l’utilizzo del fuoco sacro, cerimonia in cui la coppia deve compiere sette passi attorno al fuoco recitando l’impegno indù del matrimonio. E per concludere, al posto dello scambio degli anelli, la tradizione indù prevede che lo sposo leghi una collana con due pendenti d’oro (chiamata Mangalsultra) al collo della sua sposa con tre nodi a rappresentare un’unione forte e duratura. Questi rituali vengono accompagnati da canti ayurvedici in sanscrito. Non esiste in effetti un singolo momento determinante in cui la coppia diventa “marito e moglie”, e non esiste una sola persona che abbia l’autorità di dichiararli tali; ogni passaggio viene recitato in momenti e luoghi differenti, all’esterno come all’interno, nell’immensa sala da pranzo con piatti e posate d’argento.

Oltre alla meraviglia delle luci, danze, colori, abiti, spettacoli, la ricchezza delle proposte alimentari, ci ha sorpreso la rappresentazione di differenti Indie, la presenza invisibile e complessa di numerosi addetti alle pulizie, ai rifornimenti degli stand, all’offerta di acqua o di ricambio dei bidoni dell’immondizia. Persone che si muovevano tra gli ospiti in divise assai improbabili, senza incrociarsi ma scivolando fra gli ospiti, girando attorno e penetrando nei gruppi in maniera silenziosa, quasi invisibili, intenti nel loro lavoro.

Tutto era normale, tutto era accettato, la ricchezza come la povertà, l’esibizione di abiti come la povera tunica dell’addetto alle pulizie, senza ostentazione da una parte e senza impaccio dall’altra. Rivolgersi però ad un domestico per una informazione qualsiasi non era vietato, ma inopportuno sì, e subito si palesava il capo o responsabile del servizio ad interrompere la conversazione

E in tutto ciò, come è normale che sia, i giovani rampolli si davano appuntamento negli angoli nascosti del parcheggio, (futuro sposo compreso), nelle ore notturne per bere o fumare, per rivendicare la propria età, per restare ancora un po’ insieme.

In una delle tante terre di mezzo, fra gli estremi della ricchezza e delle povertà, ospiti fra gli ospiti, ci siamo a volte sentiti frastornati: abbracciati dalla sincera gentilezza e facilità di relazione con le persone e colpiti dalla povertà di chi dorme sui marciapiedi nella polvere, tra la spazzatura e a fianco di cani randagi.

Abbiamo partecipato con grande curiosità a tutte le differenti situazioni, un po’ sospesi fra interesse e ignoranza, fra curiosità e stupore, fra riconoscenza e desiderio di fuggire.

Troppe sono “le Indie” per riuscire ad avere uno sguardo oggettivo, una sensazione chiara e un pensiero unico. Troppe le emozioni e le contraddizioni, troppi gli incanti e le fascinazioni spirituali, ma troppi anche gli stenti, le miserie e le povertà. Un dato solo ci appare chiaro ed è la gentilezza, il sorriso e l’amabilità delle persone, la cortesia e la pazienza, e l’infinita (per noi inimmaginabile) capacità di condividere spazi senza ostacolarsi mai a vicenda.

 

                                                                                                                  Pope e Tina




IL GRINZONE n. 87