BOSNIA E SERBIA: NON SOLO GUERRA


“Finché si vedrà un uomo da solo su una bicicletta, potremo pensare che l’umanità ha ancora speranza”.

Era febbraio quando io e Franco ci siamo messi a tavolino per decidere il prossimo viaggio in bicicletta: quasi senza pensarci entrambi abbiamo scoperto che avevamo voglia di andare a visitare quei paesi tanto devastati da una lunga e inutile guerra, i paesi della pulizia etnica e del genocidio di Srebenica. Così il giorno successivo avevamo già prenotato in rete un volo di andata a Dubrovnik e uno di ritorno da Belgrado. Partenza il 27 giugno.

Sistemati i bagagli alle due di notte del giorno stesso - la sveglia era prevista per le 4.00 - abbiamo passato la sera in giro per Lugano, immaginandoci come sarebbero stati i giorni successivi e pianificando la pedalata, anche se l’intenzione era di decidere giorno per giorno le tappe.

Dopo un volo di poco più di un'ora atterriamo all’aeroporto di Dubrovnik, sotto la pioggia; si avvicina un tizio che ci fa sapere che lui viene lì ogni anno da 12 anni e non ha mai visto l’acqua… sarà un segno premonitore? In effetti la pioggia ci terrà compagnia un po’ durante tutta la vacanza.

Comunque montiamo le bici tra la curiosità degli altri viaggiatori e cominciamo a pedalare sotto una leggera pioggerellina che alla fine non dà neppure così fastidio. Guardiamo Dubrovnik: dall’alto appare in tutto il suo splendore, sempre bellissima; la strada corre - noi un po’ meno - tra il mare e un’esplosione di fiori e profumi della macchia mediterranea, in particolare stupisce la fioritura delle lantane (che percepisci per il classico profumo che assomiglia a quelle vitamine colorate che ci davano da bambini), e poi elicrisi, salvie, rosmarini, moltissimi melograni selvatici: veramente uno spettacolo impagabile.
Dopo una ventina di chilometri ci fermiamo a mangiare i panini che ci siamo portati dall’Italia; lo sforzo fisico e il dispendio di energie ci impongono frequenti spuntini durante il giorno. La strada prosegue lungo la costa con un saliscendi che affatica i nostri muscoli non ancora abituati allo sforzo. Ci tocca anche la prima, e speriamo, l’ultima foratura: effettuata la riparazione ripartiamo tra faticose salite e briose discese rese un po’ pericolose dall’asfalto bagnato e dalla pioggia che continua a scendere.
Io e Franco cominciamo a pensare che il viaggio sarà soprattutto pedalare e mangiare: quindi prosciutto e formaggio della Dalmazia, spiedini con la classica salsa ai peperoni croata, patatine, insalata. Dopo una decina di chilometri abbiamo il primo contatto con la Bosnia, pochi chilometri di costa, per poi rientrare in Croazia. Verso le 19, dopo 133 chilometri, arriviamo a Pocitelj, definita “il cuore turco della Bosnia”: in effetti é un bellissimo borgo sul fiume con la moschea e le case arabeggianti. In una di queste, deliziosa e accogliente, troviamo alloggio. Dopo una doccia ristoratrice andiamo … a mangiare: cevapci con patatine, insalata e coca cola. Verso le dieci ci abbandoniamo a “russamenti” epocali che poco hanno a che fare con le preghiere dei muezzin...

Il giorno dopo pedaliamo nel sole su una bella strada in leggera salita costeggiando il fiume Neretva alla volta di Mostar. Il paese è molto bello e il centro storico acciottolato di sassi tondi e scivolosi è veramente caratteristico; essere sul famoso ponte di Mostar dà delle sensazioni strane, belle se lo si guarda dal punto di vista architettonico mentre la vista della case con i segni dei bombardamenti e il ricordo della guerra mette tristezza.

Il viaggio prosegue col sole (poco), la pioggia (frequente) e qualche vero e proprio diluvio che a volte ci sorprende. Richiamo alcune impressioni e ricordi significativi delle diverse tappe: i tanti ristoranti che cuocevano gli agnelli con un metodo particolare, sulla brace su grill che vengono fatti girare da ruote azionate ad acqua; i bambini in bicicletta che a volte ci accompagnano per un po’ confermando l’impressione che abbiamo avuto e cioè che i Bosniaci sono persone simpatiche e cordiali; le camere d’albergo presentate come “nice room” e che invece si rivelano vere e proprie catapecchie senza acqua calda; in compenso le deliziose pekara (pasticcerie) dove facciamo sosta al mattino per qualche dolcetto e le provviste; le ottime cene a poco prezzo che ci compensano delle fatiche del giorno; l’arrivo a Sarajevo (nel mezzo di un fortissimo temporale, con molto freddo e raffiche di vento). Qui visitiamo la città vecchia e la moschea; Sarajevo è molto bella e tranquilla e, fatti salvi i grandi cimiteri, non ha i segni della guerra passata; il centro è fatto di case a un piano ed è pieno di negozi orafi.

L’arrivo a Sebrenica, dopo essere passati in una zona dove stanno ancora sminando; fa una certa impressione vedere i cartelli, che avvisano del pericolo mine, e le buche nel terreno dove le dissotterrano. Il mausoleo dedicato alle 8032 vittime del genocidio, avvenuto nel luglio 1995, provoca commozione e sale lo sdegno per quello che è successo.

Passaggio in Serbia: risalendo il corso della Drina sembra di essere … a Brivio, lungo l’Adda, però con meno case e meno traffico. La Serbia è ancora più vantaggiosa della Bosnia: con l’equivalente di 7 euro mangiamo in due una grigliata mista e un’insalata. Sulla strada ci fermiamo a mangiare i lamponi dopo aver visto tutto il giorno ragazzini venderli. Ad Arandelovac, per un attimo ci illudiamo: in paese ci sono dei bagni termali, e già pensiamo a bagni rilassanti e rigeneranti ma la fortuna non è dalla nostra parte, quello è il giorno dedicato alle terapie e non sono ammessi turisti...

L’ultima tappa ci porta a Belgrado dove arriviamo a metà pomeriggio; non esiste nessun cartello e ci troviamo in centro nell’isola pedonale senza nemmeno accorgerci. Belgrado, che significa città bianca, unisce aspetti moderni e parti antiche, con una rocca molto bella che offre uno splendido panorama sulla confluenza della Sava con il Danubio, che sono eccezionalmente in piena. Il centro ricorda le capitali europee ed è molto animato, con tanti giovani che chiacchierano e passeggiano tranquillamente.
L’indomani mattina sveglia alle 4,00, salutiamo Belgrado e partenza per l’aeroporto, dove impacchettiamo le bici, ci imbarchiamo ... e siamo in Italia.

Per gli amanti delle statistiche: abbiamo pedalato per un totale di 827 km in complessivi otto giorni, siamo stati in sella per 43 ore complessive, la velocità media è stata di 19 km/h, la velocità massima, raggiunta nella discesa verso Sebrenica, è stata di 73 km/h, il peso delle borse era di circa 16 kg.

Prossimo viaggio? Kossovo!


                                                                                     Giorgio Mazzoleni

IL GRINZONE n.32 (2010)