VENT'ANNI IN GRIGNA


Il 10 ottobre ultimo scorso abbiamo organizzato una festa al Rifugio Brioschi. Siamo soliti, come gestori e amici del Rifugio, organizzarne una ogni cinque anni. Abbiamo festeggiato il centenario del Rifugio nel 1995, abbiamo continuato nel 2000 in corrispondenza del 110° anniversario e siamo arrivati quest’anno al 115°.
Non sto qui a parlare delle ristrutturazioni, di cui nel tempo il rifugio Brioschi ha goduto, necessarie per essere adeguato alle normative, ma soprattutto ai suoi frequentatori. Un rifugio ultracentenario che è tuttora visitato e utilizzato da alpinisti ed escursionisti. Strano, ma vero.


 

Chi era presente il 10 ottobre ha potuto ammirare il mare di nuvole sottostante, stando al sole, mentre sulla cima partecipava alla Messa e ascoltava i discorsi di commemorazione.

I rifugi sono stati una grande invenzione, occorre darne merito al Club Alpino, quello italiano e quelli dei paesi nel cui territorio sono presenti le Alpi. Hanno dato la possibilità a migliaia, anzi a milioni, di persone di godere della montagna, di avere grandi visioni, anche di riposarsi e di essere soccorsi. Per questo sono rimasti, sono aumentati di numero, si sono ammodernati, sono stati dotati di impianti energetici fotovoltaici e solari e sono state stabilite modalità avanzate di trattamento dei rifiuti. Il rifugio è una piccola città e deve essere fornito di tutto l’essenziale per potere fare fronte ad ogni evenienza. Deve inoltre essere possibile comunicare con la città per avere informazioni e per sapere che fare in caso di emergenza.

Tutto questo genere di informazioni, con la storia del rifugio, i problemi che sono sorti, il maltempo e il bel tempo, le ho sintetizzate in un libro da poco pubblicato; quel che mi preme raccontare qui sono le mie sensazioni, il mio sentimento nel momento di lasciare il rifugio dopo vent'anni.

Il sindaco di Pasturo, Guido Agostoni, è intervenuto nel giorno della festa a raccontare la storia di suo zio che fu gestore del rifugio per un lungo periodo. Vide la sua distruzione nel 1944 e la sua ricostruzione nel 1948. Mi immagino che la frequenza degli alpinisti fosse più diradata rispetto ad oggi, i pasti più frugali, la condizione di vita di chi vi soggiornava permanentemente molto più disagiata rispetto ad oggi; ma, mi chiedo, cosa avrà provato quando l’ha dovuto lasciare?
Avrà pensato forse, come me, che la sera, magari solo al rifugio, non vedrà più certi tramonti rossi di fuoco, con una delle montagne più caratteristiche, il lontano Monviso, che solo in quei momenti, all’estremo ovest, si fa vedere, o che non sentirà più, ben difeso dal rifugio, il fragore della tempesta di vento e di neve e nemmeno sarà in apprensione per escursionisti che hanno annunciato dal basso la loro partenza, ma che dopo diverse ore non arrivano, e contento quando finalmente appaiono…

Al rifugio Brioschi si è consolidato negli anni un mondo fatto di gente strana, o piuttosto, si potrebbe dire, gli strani sono coloro che arrivano con fatica, senza fare cose particolari, dopo tre – quattro ore di cammino; i “normali” sono quelli come “Dù pomm” (due mele) che sale velocemente dal basso e quando arriva in cresta ridiscende fino ai Comolli e poi risale al rifugio; suo unico pasto sono due mele che si porta sempre con sé. Oppure quelli (in effetti è l’unico) come Claudio (“il gorilla”) che sale al rifugio quasi ogni giorno. L’anno scorso ha totalizzato ben 251 salite; e non gli basta perché negli altri giorni (salvo il lunedì di riposo) frequenta altre cime. Ci sono poi i tre (Marcella, Gianni e Vittorio) che arrivano puntuali anche d’inverno con la neve, la domenica alle 7,30 di mattina dandosi appuntamento ai Colli di Balisio da dove partono alle 3 e 30 di notte. C’è anche Mauro (Ravanello pallido) che dalla strada carrozzabile impiega meno di due ore a salire e ogni volta verifica se è riuscito a guadagnare un minuto rispetto alla precedente volta. E ci sono alcuni gruppi del CAI che aspettano sempre il periodo invernale per salire di notte con la luna piena, anche se il termometro segna temperature che vanno dai meno 15 ai meno 20. Non mancano gli sciatori come Pierangelo (il matt), che sale da Primaluna e arriva in cima con gli sci ai piedi: poco ci manca che entri diretto con quelli a prendere il thè… Tutti alpinisti che, nonostante l’apparente pazzia, sanno andare in montagna e, pur veloci, mantengono una sana prudenza. E purtroppo non è e non è stato così per tutti: mi è capitato di vedere persone che con la neve e il ghiaccio salgono al rifugio senza ramponi. Non potrò dimenticare quel 17 dicembre del 2000 quando nel giro di due ore sono morti 4 escursionisti, tre dei quali, in una condizione di copertura del manto nevoso di uno strato di ghiaccio, non calzavano i ramponi.

Sono stati vent’anni molto intensi: momenti di fatica, di gioia e anche di lunghi silenzi e solitudine; oppure di grande confusione quando con bel tempo centinaia di escursionisti danno l’assalto alla vetta. In ogni caso la Grigna non mi mancherà perché resterà dentro di me e, quando la nostalgia si farà sentire, prenderò la strada del Pialeral per salire ancora.

Un saluto a tutti i Pasturesi che abitano alle pendici della Grigna, che “la sentono” e la vedono ogni giorno: se ha il cappello, se la cima è innevata, se la luna la illumina…


                                                           Fulvio Aurora
                                                           Gestore del Rifugio Brioschi fino al 31 dicembre 2010


IL GRINZONE n.33 (2010)