LINEA DIRETTA DAL KAZAKHSTAN

 

Mons. Adelio Dell’Oro, lecchese, nel 1972 è stato coadiutore “estivo” a Pasturo, dove è tornato per una celebrazione il 17 marzo 2013. Attualmente è Vescovo di Karaganda in Kazakhstan.


Karaganda, 29 gennaio 2022

 Ringrazio innanzitutto il mio amico Guido Agostoni per avermi invitato a rendere partecipi anche voi, lettori de “IL GRINZONE”, di come ho vissuto le tragiche vicende del Kazakhstan all’inizio di questo 2022.

I dolorosi fatti accaduti all’inizio di gennaio li conoscete tutti: la protesta, iniziata il 2 gennaio nella città occidentale di Zhanaozèn, vicino al mar Caspio, si è rapidamente estesa alle principali città kazake, soprattutto ad Almaty, la ex capitale e la città più importante dal punto di vista economico. Ad Almaty i manifestanti, usando armi e bombe a mano, hanno occupato e anche dato alle fiamme centri amministrativi ed edifici di organizzazioni governative regionali: il palazzo del governo regionale, la sede della televisione, l’aeroporto, una delle due stazioni ferroviarie. La rapidità e la contemporaneità dello sviluppo delle agitazioni non è stata però casuale, non si è trattato di una semplice protesta di piazza contro il caro bollette del gas e della benzina: la rivolta che a gennaio ha infiammato il Kazakhstan è una vera e propria crisi politica. Ci sono stati più di 200 morti e migliaia di feriti. La rivolta si è poi tramutata in un assalto di massa a tutti i punti di vendita. Sono stati saccheggiati supermercati, negozi di alimentari e di ogni genere di merci e di prodotti della tecnica; gran parte della città di Almaty è stata devastata.



Giovedì 6 gennaio le truppe dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), un’alleanza militare guidata dalla Russia, sono entrate nel Paese per porre fine alla rivolta. Il presidente Kazako, Kasym-Jomart Tokaev, ha fatto arrestare e mettere in prigione per alto tradimento il capo del KNB, i servizi di sicurezza kazaki, Karim Maksimov. Inoltre, il presidente ha sciolto il governo e fatto arrestare il Primo Ministro Askar Mamin e imposto lo stato di emergenza in tutto il Paese, e per alcuni giorni è stato anche oscurato Internet e chiuse le linee telefoniche.

 Ora io non voglio addentrarmi in un giudizio politico, come tanta stampa e mezzi di comunicazione hanno fatto, soprattutto in Europa, perché non ho tutti gli elementi di giudizio, ma tutti auspichiamo i risultati di un’indagine trasparente e onesta su quanto accaduto.

La domanda, che a me interessa di più, è la seguente: come mi toccano e cosa chiedono a me questi tragici fatti e questa dolorosa situazione? La prima cosa che mi tocca profondamente è il bisogno di educazione. In Kazakhstan, a mio avviso, questa è la mancanza più grave. Non c’è assolutamente la consapevolezza di cosa sia l’educazione, di che cosa voglia dire tirar su i ragazzi e i giovani, nelle famiglie e soprattutto nelle scuole e nelle università, di come li si possa aprire a tutta la realtà, proponendo loro un’ipotesi di significato da verificare. Quello che ho visto in ormai tanti anni della mia presenza in questo Paese è stato un continuo e insistente richiamo ad un nazionalismo vuoto e senza ideali concreti, per cui, complice anche la globalizzazione, le giovani generazioni sono cresciute con le ali tarpate, per quanto riguarda il senso e la responsabilità nella vita. Tutti gli ideali sono ridotti al benessere, al consumismo, alla carriera e ai soldi, concepiti in modo del tutto individualistico. Per questo a me sembra indispensabile educare al senso religioso, a un senso ultimo della vita e del mondo, che apra alla percezione del Mistero, da cui tutti dipendiamo e che solo ci può rendere fratelli e sorelle in una reale solidarietà di vita, anche sociale, e di destino. Credo anche che questo possa rendere i giovani, futuri responsabili di questo Paese, capaci di diventare guide e servitori del bene comune, della giustizia e quindi della concordia e della pace, tentativamente vincendo una corruzione che fa pensare solo a se stessi.

La seconda cosa che mi interroga è: che cosa io posso fare per contribuire a guarire le ferite di questo popolo e a costruire una società veramente più giusta e in pace? Un progetto che sto portando avanti - e per il quale mi permetto chiedere anche il vostro sostegno - riguarda la realizzazione di un edificio, che ospiterà un “Centro per disabili”, il Centro “Mayàk” (il Faro). Il motivo della mia proposta è legato al tentativo di realizzare un’opera sociale e caritativa a favore di adolescenti, con problemi di invalidità fisiche e psichiche. Questi ragazzi e ragazze a 16 anni finiscono le loro attività negli Istituti “speciali” a loro dedicati, e poi non hanno più nulla e sono costretti a stare “nascosti” in casa. E questa è una profonda ferita per la loro dignità umana e causa una grande sofferenza ai loro genitori. Per la conduzione di quest’opera mi sono rivolto alla Congregazione delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, con sede a Torino. A dicembre 2021 la Superiora Generale, madre Elda Pezzuto, mi ha confermato che ci invierà tre suore della sua Congregazione. Ora si tratta di costruire, su un terreno vicino alla Cattedrale di Karaganda, un edificio con i locali adatti a tale attività. Sarà realizzato in due tappe, a causa dei costi del progetto e della non totale disponibilità finanziaria a realizzarlo completamente da subito. Ho già lavorato al progetto con un architetto italiano e ora lo devo necessariamente sottoporre a un architetto locale, perché diventi esecutivo e possa ottenere i permessi di costruzione.

Vi sono molto grato per qualunque aiuto possiate darmi, perché, come diceva santa Teresa di Calcutta, sono le tante tante gocce che insieme formano l’oceano della carità.

Grazie ancora per la vostra vicinanza!

               

                                                   Don Adelio

 

 

IL GRINZONE n.78