RIFLESSIONI A DISTANZA...

                                     SULLA DIDATTICA A DISTANZA

 

Febbraio 2020: la scuola chiude. Momenti di confusione, notizie che si rincorrono ufficiose ed ufficiali, ansia da parte di famiglie, alunni, insegnanti.
Poi la progressiva presa di consapevolezza: il ritorno in classe si profila lontano e dal 3 marzo gli insegnanti dell’ICS “San Giovanni Bosco” sono invitati ad assegnare compiti e lezioni attraverso il registro elettronico Spaggiari; dal 9 marzo alcuni docenti si attivano attraverso le piattaforme più diverse: framatalck, hangoust meet, zoom: è chiara la necessità di riprendere i contatti, di tenere saldi i legami tra ragazzi abituati a vedersi ogni giorno, a confrontarsi, ad abbracciarsi, a litigare, insomma a condividere pezzi di vita.
Dal 18 marzo il nostro Istituto ottiene l’abilitazione all’utilizzo di G Suite for Education con il passaggio graduale di tutte le classi all’uso di classroom e meet: finalmente una sola piattaforma utile per cercare di continuare il programma, con ridimensionamenti e tagli, ma prima di tutto l’obiettivo è mantenere vivo il rapporto tra compagni ed insegnanti in un momento di isolamento, incertezza, paura, alcune volte di lutto.
Pochi gli assenti alle lezioni, a testimoniare il desiderio di stare insieme, di condividere anche questa modalità di scuola nell’attesa di ritrovarsi.

Vengono messe in campo molte iniziative: attivazione di uno sportello psicologico per sostenere alunni, famiglie ed insegnanti, corsi organizzati dal CPIA e dalla rete ITC per aggiornare i docenti e formarli all’uso delle nuove tecnologie, ampiamento del team digitale in un tutti i plessi dell’istituto, distribuzione di devices agli alunni che non hanno a disposizione gli strumenti per partecipare alla Dad, dietro richiesta delle famiglie.
Queste ultime si rivelano ancora una volta fondamentali per supportare i ragazzi in una situazione totalmente nuova in cui non è facile districarsi e senza la loro collaborazione nessuna operazione avrebbe potuto realizzarsi.

La ricerca di soluzione a problemi, l’aiuto tra pari, la spinta in avanti rispetto all’uso di alcune risorse tecnologiche disponibili hanno permesso all’inizio di costruire un ponte in un momento difficile per tutti e di ricreare un gruppo classe che minacciava di sfaldarsi.
In alcuni casi, alunni con difficoltà di concentrazione, hanno trovato una loro dimensione attivandosi in modo significativo sin dall’inizio producendo addirittura tutorial per i compagni.

Tuttavia il gap tra alunni attivi, impegnati e capaci e alunni in difficoltà è risultato indubbiamente accentuato e quindi si sono riproposti in modo macroscopico i problemi rilevati in classe: chi ha potuto disporre di strumenti, risorse personali e familiari, ha saputo adattarsi alla nuova situazione con flessibilità e creatività; chi aveva difficoltà di organizzazione, apprendimento, contesto familiare non favorevole si è spesso perso ritrovato incapace di rispondere alle sollecitazioni.
I problemi di connessione, la mancanza di giga, l’impossibilità di avere un ambiente idoneo in cui partecipare alle lezioni hanno fatto il resto.
Il cerchietto colorato che appare sul video è indice di un Pc acceso, non di una presenza reale.
La Dad non permette all’insegnante di stare a fianco di ciascun alunno, di richiamarne l’attenzione, di rimproverarlo se necessario o di incoraggiarlo nelle difficoltà; non permette di cogliere le smorfie del viso e chiederne ragione, magari in disparte o durante l’intervallo: un messaggio su whatsapp, ovviamente, non è la stessa cosa. L’isolamento, la mancanza di risposte, l’impossibilità di stare al passo sono il segno di una sconfitta, di un divario culturale e sociale che proprio la scuola, quale mezzo di integrazione, deve contribuire a colmare.

La scuola è una comunità che educa, si basa sul confronto e sull’apporto di tutti: in presenza, non dietro uno schermo. Come ci ricorda Alessandro D’Avenia nella sua rubrica sul Corriere del 9.11.20Noi siamo «presenti» quando spirito e corpo sono uniti, e la vita cresce nella misura in cui cresce questa unione. Se invece spirito e corpo si allontanano tra loro, la vita si avvilisce, viene «rimossa»: c’è una piccola morte tutte le volte che queste due dimensioni si separano, perché un corpo senza spirito è un cadavere e uno spirito senza corpo è un fantasma.

Alunni e insegnanti vivono come una sofferenza il non esserci fisicamente, perché è attraverso la relazione che passa la didattica, come ogni esperienza umana: se la prima diventa fragile o si affievolisce c’è il rischio concreto di perdersi.

                                                                                                             Rosalba Pensotti


IL GRINZONE n.74