Ora intatta

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  Il titolo incuriosisce e interroga: perché e che cosa vorrà dire quell’attributo “intatta”, riferito a un’ora del giorno, non precisata, anche se si intuisce che è giorno fatto, se Antonia Pozzi vede «svariare» sui tetti «ombre d’uccelli».
   È una giornata piovosa e la pioggia, cadendo fitta, crea la sensazione di essere dietro le sbarre di un carcere; ma è un carcere tutto interiore, come ci suggerisce il seguito della poesia: «apre i battenti/ questa mia fronte grigia». Il grigiore del giorno esprime, dunque, il colore dell’anima; ma è solo un attimo, perché nell’atto di “affacciarsi” e di riflettere nella terra cinerea il proprio sentire malinconico, forse anche triste, un soffio di vento potente e improvviso strappa quel velo monotono e cupo e scopre un pezzo di cielo.
   È da notare, qui, l’uso rovesciato del termine “gorgo”, che è proprio dell’acqua, del suo risucchiare qualcosa verso il fondo, verso il buio dell’inesistenza, con un significato, quindi, del tutto negativo; Antonia trasforma il “gorgo” in impeto di rinascita: da forza di morte in forza di vita, da sprofondamento verso il buio e il nulla, in spinta vigorosa dal grigio all’azzurro, dalla terra al cielo. È sotto questa luce improvvisa, che viene dal cielo, che possono scorrere sui tegoli, come in un tratto di pellicola, le ombre degli uccelli, diverse per forma e grandezza secondo il loro volo, più alto, meno alto, ma tutte in fuga: il «gorgo di vento», che ha squarciato la coltre che ricopriva il cielo, apre la via alla fuga degli uccelli dai loro rifugi obbligati, dal loro “carcere”, e li immerge nella libertà dello spazio e del volo.
   A questo spettacolo di vita, che si apre dinnanzi alla «fronte grigia» della poetessa, si unisce, quasi ad accompagnarlo, come un sottofondo musicale a un quadro di artista, un «disco di vecchia canzone»: vecchia, ma fattasi nuova nel breve tempo intercorso tra lo spaesamento , provocato dal “carcere-pioggia” e il ritorno alla vita, generato dal «gorgo di vento celeste»; straordinaria questa sintesi di vento – cielo, che toglie al vento ogni riferimento negativo di violenza e di forza e gli dà, invece, una connotazione di serenità e di gioia.
   È in questo momento, in cui i due opposti «fronte grigia – bimba scalza» si incontrano e si fondono, che scatta “l’ora intatta”: il ricupero dell’equilibrio interiore, fuori del tempo, fuori dello spazio; equilibrio messo in risalto non solo dalla struttura metrica della poesia, dove endecasillabi e settenari scrivono l’aria della «vecchia canzone», ma anche dal suono aperto delle “a” nel quint’ultimo verso, reso ancor più canoro dalla nasale “n” che le accompagna («una danza ricanta») , e dalla ripresa della parola «canzone», del verso precedente. Infine, il verbo «ricanta» accresce la gioia dell’unità di sé, ritrovata, «− singhiozzando tra risa −» nell’implicita ripetizione del canto e della danza. In questo ritrovarsi unica ed una il tempo non è più tempo che fa scorrere la vita, ma attimo di pienezza e di pace.

 

                                                                                              Onorina Dino


IL GRINZONE  n.40