Quadro

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Il quadro di questa breve poesia del 1929, del periodo, quindi, in cui Antonia incomincia a scrivere versi, avrebbe potuto essere un quadretto a pastelli, come i disegni degli anni 1922-26, visibili nel corridoio della casa di Pasturo, che conduce allo studio, dove Antonia aveva uno spazio tutto per sé, per le sue letture e le sue fantasticherie infantili, prima, per i suoi pensieri, i suoi studi, la sua scrittura poetica poi. Questi disegni sono copie dal vero, certamente molto notevoli, a fronte della tenera età in cui furono realizzati, non solo per le linee morbide che s’immaginano sotto i colori dei pastelli, ma soprattutto per la leggerezza e la plasticità dei toni, che rivelano un eccezionale spirito di osservazione e un’altrettanta abilità nell’uso dei pastelli o della semplice matita.

Qui, in questo piccolo quadro poetico, i pastelli sono le parole, usate con la stessa maestria dei colori; ma, a qualche anno di distanza, la giovanissima artista non fa copia dal vero, anche se il vero c’è: crea, invece, immagini-simbolo, che rivelano un altro vero, quello del suo spirito di adolescente inquieta, che si apre alla vita, che della vita vorrebbe cogliere, e in fretta, tutti i segreti. E nasce il quadro.

La poesia si apre con la prima persona, con un riferimento ai pensieri che attraversano la mente di Antonia, in un paragone freschissimo non solo per le scelte lessicali come «acqua bambina», «passettini d’argento», ma anche per le immagini che esse compongono: l’acqua, infatti assume una dimensione umana nel suo «correre a passettini d’argento», proprio con la leggerezza e la grazia di una bambina, che gioca a rincorrere altri bambini, e altro scopo non ha se non di raggiungerli, indistintamente, senza preferenze di identità. Così l’acqua, «bambina» perché appena nata dal moto delle barche, corre dietro ad esse, indistintamente: Antonia capovolge l’effetto di scia, che le barche si lasciano dietro, e lo trasforma in un effetto di rincorsa allegra e spensierata, senza alcun progetto preciso, senza alcun criterio razionale. Proprio per questo il paragone con «i miei pensieri» diventa pregnante: Antonia avverte che troppe emozioni, sensazioni, troppi slanci e ripensamenti, timori e desideri la agitano, impedendole di concentrarsi su un pensiero di fondo, di unificare le proprie energie spirituali intorno a un unico centro e, con un’immagine di grande freschezza e vivacità, si pone e ci pone davanti al suo dramma interiore. E qui si chiude la prima parte della poesia.

   La seconda parte ci introduce in una duplice presa di coscienza dell’autrice: la prima, di ordine morale, è rappresentata dall’ombra del promontorio sul mare bianco: luce e ombra dicono il contrasto serenità-buio dell’anima, senso di «rimorso» per l’insensatezza del proprio vivere correndo «dietro tutte le barche»; ma in questa presa di coscienza morale si innesta l’altra, di ordine stilistico: la consapevolezza che la descrizione dell’acqua «bambina» e della sua corsa dietro le barche, del «mare bianco» e dell’ombra–rimorso, è una «sviolinata crepuscolare»; nella serietà dell’analisi della propria condizione spirituale questa sottile autoironia ci dice quanto la giovanissima poetessa abbia chiaro non solo il senso di ciò che scrive, ma anche quanto sia capace di autocritica: da questa impietosa analisi la sua poesia prenderà il volo verso la maturità artistica.

E si giunge, così, alla terza parte, quella conclusiva, nella quale l’ombra-rimorso e la «sviolinata crepuscolare» cedono il passo alla riscossa, al riscatto con un’immagine di grande forza e vitalità: il «nitido squillo battagliero» del faro; il cui ansimare e palpitare è quello dello spirito di Antonia, proteso verso un progetto di vita che si sta chiarendo e che sta diventando il centro verso cui andare, lasciandosi alle spalle le corse insensate «dietro tutte le barche».

 

                                                                                                          Onorina Dino



IL GRINZONE n.44