LEZIONE DI SOPRAVVIVENZA

 

Lo scorso mese di aprile un pasturese, durante un’ascensione sull’Etna ad oltre 3.000 metri sul livello del mare, sorpreso da un cambio improvviso delle condizioni meteorologiche, è rimasto bloccato per un’intera notte su una lastra di ghiaccio a Torre del Filosofo, nel versante sud del vulcano.


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Fuori fa particolarmente freddo (sono i giorni in cui anche a Pasturo di sera il termometro segna da - 5 a - 8 gradi). Qui però siamo al caldo, nella casa di Marco, con la stufa accesa e un buon limoncello… Non occorrono domande perché il racconto si attiva spontaneamente. 

Marco aveva circa vent’anni quando, sul Pizzo dei Tre Signori, in una bella giornata primaverile fu raggiunto da un vento gelido che in poco tempo aveva reso la neve, sulla quale fino a poco tempo prima si camminava in sicurezza, una lastra di ghiaccio. Diventava difficilissimo e rischioso camminarci sopra. E quella volta la discesa dal Pizzo fu veramente difficile…

Memore di quella esperienza, una domenica di dicembre del 2000, dopo aver preparato l’attrezzatura per un’ascensione in Grigna ed essersi avviato, quando avvertì la stessa aria gelida proveniente da Nord, decise di rinviare la salita. Lo stesso giorno, proprio sulla Grigna, ci furono tre morti, scivolati sulla neve diventata improvvisamente una lastra di ghiaccio…

Certamente queste precedenti esperienze hanno aiutato Marco Paroli lo scorso mese di aprile a fare delle scelte che solo pochi sarebbero stati in grado di compiere ma che, al contrario, sono da raccontare e da diffondere per l’importanza che hanno ai fini della sicurezza in montagna.

 

Sicilia aprile 2015


Salito sull’Etna in una bella anche se fredda giornata di primavera, poco prima di mezzogiorno Marco raggiunge la vetta in prossimità di uno dei crateri del vulcano, a circa 3.300 m di quota. A quel punto comincia a soffiare il vento ed insieme compare un po’ di nebbia. Marco inizia la discesa. La neve, che prima “teneva bene”, non è più la stessa: si era formato in modo abbastanza repentino uno strato di ghiaccio superficiale poco visibile ma estremamente pericoloso. Dopo aver camminato per un po’, resosi conto che l’orientamento diventava sempre più difficile e che, nonostante i ramponcini, il rischio di scivolare era molto alto, decide di fermarsi. Col cellulare avverte il soccorso fornendo le indicazioni per spiegare approssima-tivamente la sua posizione, senza però avere dei punti di riferimento certi

E’ circa l’una del pomeriggio, il vento continua a soffiare e la temperatura a scendere. Dalla centrale operativa (gestita dalla Guardia di Finanza) riceve rassicurazioni: non avrebbero attivato l’elicottero (come Marco chiedeva), ma i soccorsi sarebbero arrivati con il gatto delle nevi utilizzato per le piste da sci sottostanti. Intanto le ore passano, il freddo aumenta e non si vede nessuno. Alla fine anche il cellulare, con cui Marco si tiene in contatto con la centrale operativa alla quale continua a chiedere di inviare l’elicottero, si sta scaricando. Ormai è tardo pomeriggio quando finalmente avverte il rumore dell’elicottero che, tuttavia, a causa della nebbia e dell’imbrunire, non riesce a vederlo. Marco lo sente un paio di volte sopra di sé, ma neppure la pila, con cui cerca di segnalare la sua presenza, viene notata dagli elicotteristi… 

Quando Marco vede l’elicottero allontanarsi, pensa che non c’è più nulla da fare. La temperatura è ulteriormente calata (il giorno dopo gli diranno che era scesa fino a -15 durante la notte), il vento estremamente gelido continua a soffiare, il buio incombe…

E’ completamente solo e può contare solo sulle sue forze. Deve fare qualcosa al più presto, sicuro di non poter sopravvivere una notte in quelle condizioni.

Individuato un piccolo blocco di lava sporgente dalla neve, riesce a rompere la crosta ghiacciata e poi, con le mani e coi piedi, inizia a scavare una buca nella neve che in profondità è abbastanza farinosa. Si accuccia come meglio può in quella fossa gelida che almeno un po’ lo ripara dal vento sempre più forte e freddo. Una nottata da incubo: “Saltellavo per il gelo pur avendo due giacche a vento addosso. Non sentivo più né mani né piedi; dopo una notte infinitamente lunga è finalmente arrivata l’alba, uno dei momenti più freddi e difficili. Ho ricominciato a sperare nei soccorsi ma, nonostante non ci fosse più nebbia, non vedevo né sentivo nessuno. Neppure il cellulare, scarico, sembrava dar segni di vita; una volta però, e solo per un attimo, si è acceso e sono riuscito a ritelefonare al Centro di Soccorso. Dopo pochi minuti ho sentito il roteare delle pale e visto un elicottero dei carabinieri. Non poteva atterrare e neppure aveva il verricello per recuperarmi, ma certo poteva dare indicazioni agli altri soccorritori… Non ho mai benedetto i carabinieri come quella mattina …”

Marco vede l’elicottero allontanarsi, ma poco dopo avverte il motore del gatto delle nevi che si sta avvicinando. Per la verità i soccorritori - gli hanno riferito poi - l’avevano dato per morto (come era già successo ad altre persone in quanto era impossibile sopravvivere a quelle temperature) e mai si sarebbero aspettati quello che Marco invece aveva compiuto.

L’avventura non è finita perché su quel ghiaccio e con quelle pendenze anche il gatto delle nevi deve evitare di scivolare; solo con i cingoli dentati riesce ad avvicinarsi per recuperarlo.

Lo considerano quasi un miracolato e si complimentano con lui per quanto fatto per sopravvivere. Caricato sul mezzo di soccorso lo portano alla centrale e, constatato che complessivamente sta bene, lo accompagnano alla macchina. “Volevo tornare a casa al più presto ma, tolti gli scarponi, ho visto che le dita dei piedi erano totalmente nere; inoltre gli occhi mi lacrimavano tantissimo e riuscivo a guidare solo per qualche ora e poi dovevo fermarmi a riposare per poi ripartire …”.

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Dopo un viaggio “a tappe” durato tutta la notte e la giornata successiva, Marco arriva a casa a Pasturo e, a seguito di un controllo medico, si reca al Pronto Soccorso dove gli prospettano l’alta probabilità di amputazione delle dita, a meno che… “In effetti, durante la notte passata con i piedi vicini alla stufa, sembrava che qualche lieve coloritura si facesse breccia in mezzo al nerofumo delle mie dita. E il giorno successivo, all’ospedale, ho cominciato a sperare; col passare dei giorni, pian piano la circolazione si è ripristinata e per fortuna non c’è più stato bisogno di interventi drastici. La funzionalità dei piedi è ripresa normalmente con gradualità; soltanto avverto maggiormente il freddo e in alcuni casi un particolare formicolio cui devo prestare attenzione”.

Questo, in sintesi, il racconto di Marco, piuttosto restio a parlarne quasi si sentisse “in colpa” per una presunta imprudenza. In realtà appare in tutta evidenza la bravura e la capacità di sopravvivenza, per nulla scontate. Quando all’alba aveva lasciato la macchina al Rifugio “Sapienza”, sopra il paese di Nicolosi (CT), ed aveva iniziato l’ascensione, le condizioni del tempo erano ottimali: in Sicilia, in piena primavera, faceva ancora freddo ma era una bella giornata di sole... Occasione splendida per una salita…

La montagna, però, segue logiche “sue” ed è importante accorgersene ed agire di conseguenza.

La prima scelta corretta, in mancanza di punti di riferimento per la nebbia e constatato che la neve era ghiacciata, è stata quella di non proseguire. Secondariamente è stato fondamentale per Marco, consapevole che fino al mattino non avrebbe potuto muoversi e che nessuno l’avrebbe raggiunto, attivarsi per creare un minimo di riparo, visto l’approssimarsi della notte. Marco ha compreso in quella occasione l’estrema importanza di avere uno smartphone dotato di GPS: solo così avrebbe potuto dare ai soccorritori l’esatta posizione ed essere rintracciato senza difficoltà. E’ una sottolineatura che Marco fa; lui stesso ha provveduto subito ad acquistare un cellulare con quelle caratteristiche…

Mentre indica questa importante attenzione e precauzione, soprattutto se si va in montagna da soli, Marco parla anche di una APP finora poco conosciuta ma estremamente valida, proposta in particolare dal Soccorso Alpino insieme al Servizio del 112; si tratta appunto di una APP, “Where Are You”, che permette, anche in mancanza di rete, di segnalare con un semplice tasto la propria posizione georeferenziata in modo preciso.

Sono indicazioni estremamente importanti che non si può far altro che condividere e sostenere.

 

                                                                                            Guido

 

IL GRINZONE n.54