I FUNERALI DI ANTONIA POZZI A PASTURO

La parola alla stampa locale dell'epoca


Ottant’anni fa, il 3 dicembre 1938, moriva, all’età di soli 26 anni, Antonia Pozzi. I funerali si svolsero a Milano lunedì 5 dicembre alle ore 15.30 e, il giorno dopo, alle ore 14.30 a Pasturo, dove la giovane poetessa milanese volle essere sepolta nel locale cimitero1. “Desidero di essere sepolta a Pasturo sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro”2, si legge nel suo Testamento. E ancora: “Ho visto un pezzo di prato libero che mi piace. Vorrei che mi portassero giù un bel pietrone e vi piantassero ogni anno rododendri, stelle alpine e muschi di montagna. Pensare di essere sepolta qui non è nemmeno morire, è un tornare alle radici. Ogni giorno le sento più tenaci dentro di me. Le mie mamme montagne”3. E proprio tra le sue tanto amate montagne Antonia riposa dal dicembre 1938 nel piccolo cimitero della sua prediletta Pasturo, luogo dell’anima, in uno spazio monumentale fatto di rocce (tre grossi massi di verrucano lombardo) e di arbusti con al centro il maestoso e dolce Cristo delle Beatitudini, opera in bronzo dello scultore Giannino Castiglioni (Milano, 1884 - Lierna, 1971).


65 Pozzi1


A distanza di ottant’anni vogliamo ricostruire la cronaca di quei funerali della Pozzi a Pasturo lasciando la parola non solo alle immagini che corredano questo articolo e che sono più eloquenti di tante altre parole, ma anche e soprattutto alla stampa periodica lecchese di quegli anni, rappresentata da due settimanali diametralmente opposti: il cattolicissimo “Resegone”, diretto dal coraggioso Edmondo Verga, e il fascistissimo “Popolo di Lecco”, che sostituì “Il Nuovo Prealpino” prima, e “La Provincia - Il Gagliardetto”, poi4.

Siamo in pieno regime fascista. Anni difficili per la stampa che in quel torno di tempo era tutt’altro che libera, attaccata e minacciata com’era da una legislazione sempre più restrittiva delle libertà civili. E proprio sotto questa lente vanno letti e interpretati i due ampi articoli, non firmati, relativi ai funerali pasturesi della Pozzi apparsi sui due settimanali lecchesi. Ci sembra opportuno riportare integralmente la cronaca apparsa su “Il Resegone” del 9-10 dicembre 1938, p. 3, e commentarla brevemente perché è la prima ad essere stata pubblicata rispetto a quella apparsa su “Il Popolo di Lecco” del 17 dicembre 1938, p. 2, e uscita quindi una settimana dopo. Su “Il Popolo di Lecco” del 10 dicembre 1938, p. 2, infatti, venne pubblicato solo il seguente trafiletto caratterizzato da artificiosa solennità per il profluvio dei titoli nobiliari e accademici: “Il grave lutto del Podestà. - Sabato scorso in Milano una breve malattia troncò l’esistenza della dott. Antonia Pozzi, figlia del nostro podestà gr. uff. avv. Roberto Pozzi, mentre lei si dischiudeva la vita con le sue dolci lusinghe. La compianta salma, per volontà dell’estinta, troverà, fra la gente affezionata che l’han coperta di fiori, l’eterno riposo nella cerchia di questi monti che le furono familiari nel nostro piccolo cimitero, modesto e raccolto come un focolare domestico. L’accompagnò infatti, commossa, dalla casa alla chiesa e da questa al camposanto lungo la via dell’Impero, recentemente tracciata, tutta la popolazione: notammo i bimbi ed i dirigenti dell’asilo infantile che nella famiglia Pozzi ha la sua salda base; i fanciulli delle scuole, le rappresentanze di una quantità di associazioni di ogni specie, contrassegnate dallo sfarfallio di un nugolo di gagliardetti, le autorità locali ed un numero infinito di persone autorevoli venute da vicino e da lontano, chiamate dalla voce del dolore; sembravano volessero riempiere il gran vuoto lasciato dalla lacrimata scomparsa. All’avv. Pozzi ed alla sua consorte N.D. Lina Cavagna Sangiuliani vada l’espressione del nostro vivo cordoglio: possa esso lenire l’acerbo dolore per la inaspettata perdita della loro giovane ed unica creatura”.


65 Pozzi2


La cronaca de “Il Resegone”, che risente comunque della retorica fascista di quegli anni, si apre con l’annuncio della morte prematura della giovane poetessa milanese:

“NECROLOGIO – Con la più viva e sincera commozione di tutta la nostra popolazione martedì, 6 corr., si sono qui ripetuti i funerali della dott. Antonia Pozzi, di anni 26, da Milano, vittima di breve, straziante malattia. Era figlia unica del nostro Podestà grand’uff. avv. Roberto Pozzi e della nobildonna Lina Cavagna Sangiuliani.

Per quanto risiedente a Milano, la compianta signorina era considerata da tutta la popolazione pasturese quale propria concittadina e per le virtù sue proprie, e le virtù ed i benefici qui arrecati dal Genitore e dalla Famiglia, era assai benvoluta ed amata”.

Segue poi un elogio sperticato - e inopportuno ai nostri occhi - della famiglia Pozzi e in particolare del padre, l’avv. Roberto Pozzi, che proprio in quegli anni era podestà del paese ai piedi della Grigna. Di lui vengono pomposamente ricordate le opere di beneficenza a favore di Pasturo e della sua gente.

“L’avv. Pozzi, cittadino onorario di Pasturo per le benemerenze da lui acquistatesi in passato, avendo sempre considerato Pasturo quale seconda sua patria, è ora nostro amatissimo Podestà, amato in modo speciale dagli umili che trovano sempre in lui un padre amorevole. Le opere pubbliche da lui compiute per lo sviluppo del nostro comune, le opere benefiche quale quella dell’istituzione di un consultorio per la maternità e l’infanzia per i comuni di Pasturo, Introbio e Primaluna; le sue munificenze a favore del nostro Asilo sono altrettante tappe dell’opera sua benefica compiuta senza ostentazione, con sacrifici di danaro e di tempo. E non nelle sole opere pubbliche si manifesta il cuore della famiglia Pozzi: lo sanno infatti quanti avendo dovuto per malattia recarsi all’Ospedale Maggiore di Milano hanno avuto giornalmente visite di conforto da parte di qualcuno di quella famiglia”.


65 Pozzi3


Viene quindi presentata quasi in sordina e con un tono velatamente misogino la figura di Antonia, che risulta quasi oscurata dalla imponente figura paterna.

“Onde non è a meravigliarsi se a siffatti sentimenti sia cresciuta anche Colei che oggi piangiamo; dall’atmosfera di bontà e di sano criterio spirante nelle domestiche pareti ella trasse gentilezza, modestia, cortesia ed affabilità di modi, cuore aperto a tutte le sventure. E fra di noi visitava silenziosamente le case dove eran sofferenze per alleviarle colla dolcezza della sua parola, col soccorso degli aiuti materiali. Intelligenza eletta e volontà forte la guidarono allo studio: conseguì nella R. Università di Milano il titolo di dottoressa in belle lettere, meritandosi la laurea d’onore. Benchè le condizioni economiche e il pensiero dei genitori fossero più che lontani dall’esigerlo, volle tuttavia dedicarsi all’insegnamento così da rendersi utile anche in questo alla società, guadagnando la più bella stima e simpatia fra gli insegnanti e la scolaresca”.


La cronaca si conclude con una descrizione molto dettagliata dei funerali che non tralascia di menzionare i nomi delle alte personalità convenute.

“I funerali sono riusciti un’attestazione degna dell’affetto che lega vicendevolmente la famiglia Pozzi con la popolazione, mesto poema di glorificazione dell’estinta. Ogni casa del percorso funebre portava addobbi a lutto: tutta la popolazione ha seguito la bara; parenti, amici, conoscenti, estimatori da Milano, da Lecco, dalla Valsassina in grande numero. Nell’impossibilità di poter elencare tutte le personalità intervenute ci limitiamo a segnalare la presenza dei podestà e segretari politici della Valsassina: di parecchie Assoc. di combattenti, con gagliardetti: il cav. Mozzi consigliere della Prefettura della prov. di Como; i dott. Formigoni e Vaccheri della Cattedra Ambulante; il Capitano cav. Greppi dell’Associazione Alpini di Lecco; la direttrice del Collegio Reale delle fanciulle – del quale l’avv. Pozzi è presidente – con numerose convittrici; l’avv. Guido Pesenti ex Podestà di Milano ed altri ancora. Più di trenta le corone di fiori inviate. Ora la salma riposa nel nostro Cimitero, dove la famiglia Pozzi ha eletto il suo riposo assecondando il vivo desiderio dalla Defunta ripetutamente espresso. Sia pace e gloria alla sua bell’anima: sia di conforto ai genitori ed ai parenti il pensiero di aver acquistato in Cielo un Angelo protettore. Anche da questo foglio, mentre esprimono il loro cordoglio per la immatura perdita, Parroco, Suore e Popolo si uniscono nell’invocare dalla religione santa, pace e rassegnazione. Al benemerito Podestà di Pasturo ed alla sua famiglia anche il “Resegone” presenta in questa dolorosissima circostanza l’espressione del suo profondo cordoglio”.


 

65 Pozzi4

 


La cronaca apparsa su “Il Popolo di Lecco” del 17 dicembre 1938 riprende in sostanza l’articolo de “Il Resegone” ma il tono è decisamente più fascistizzato. Bastino i seguenti stralci: “E’ facile immaginare a quali massime, a quali sentimenti s’informassero la mente e il cuore della figlia, cresciuta in quella atmosfera di bontà e di sano criterio. Ella rispondere gentilmente ai saluti, o salutare per la prima, con fare spontaneamente nobile, pacato e semplice, da ispirare affetto e riverenza. Ella visitare silenziosamente la casa di chi soffre, per alleviarne le pene con la dolcezza della parola e con aiuti materiali; sempre modesta, sempre dimessa, così che l’apparizione di lei riusciva doppiamente confortatrice”. E ancora: “Ora la salma riposa nel cimitero di Pasturo, dove la famiglia Pozzi ha eletto il suo requietorio. Pace all’anima cara; conforto agli afflitti genitori e parenti”.

Leggendo questi articoli così ridondanti di elogi e di adulazioni nei confronti della famiglia e in particolare del padre, non possiamo non rimanere colpiti dalla totale assenza di stima e considerazione nei confronti della Pozzi sia come donna sia come poetessa. A ciò si aggiungeva l’incomprensione all’interno della società e della cultura italiana degli anni Trenta, che, in qualunque ambiente, cattolico o laico che fosse, imponeva alla donna un forte controllo delle proprie emozioni, negandole una vera libertà decisionale. C’era poi la sottovalutazione della sua creatività che pretendeva di uscire dalle rigide maglie di canoni estetici convalidati dalle istituzioni maschili. Ma tutto ciò era frutto della mentalità di quei tempi. Non dimentichiamo che la Pozzi sarà riscoperta solo negli anni Quaranta da Montale e Parronchi e in anni più recenti da un vasto pubblico e dalla critica, sia in Italia che all’estero, grazie alla progressiva pubblicazione delle sue opere.

Dalla cronaca dei funerali emerge l’affetto dei pasturesi tanto amati dalla Pozzi, come si legge in una lettera del 14 aprile 1935 all’amico Remo Cantoni: “Qui non c’è che gente taciturna, rozza: ma io penso che se un giorno resterò sola e verrò a vivere qui, il saluto di questi vecchi baffuti, di queste donne sdentate, il sorriso dei bambini sudici che mi vengono nelle gambe, mi consolerà molto…”5.

 

                                                                          Marco Sampietro

 

 

1 Cfr. il necrologio apparso su “Il Corriere della Sera”, 4 dicembre 1938 trascritto in G. Bernabò, Per troppo vita che ho nel sangue. Antonia Pozzi e la sua poesia, Milano 2004, p. 300.

2 A. Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938, a cura di G. Bernabò e O. Dino, Milano 2014, p. 314.

3 A. Pozzi, Diari, a cura di A. Cenni e O. Dino, Milano 1988, p. 380.

4 Cfr. A. Ruggiero, Storia del giornalismo lecchese, Lecco 1966, pp. 22-28, 84-85.

5 Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo cit., p. 217.



IL GRINZONE n.65