Un’altra forma di Covid19 ha sconvolto l’umanità più di un secolo fa

LA "SPAGNOLA" A PASTURO NEL 1918

 

Nei mesi scorsi una emergenza sanitaria senza precedenti ha messo letteralmente in ginocchio l’intera umanità che si è trovata con il fiato sospeso per la comparsa di una malattia della quale ancora non si conosce la cura: il Covid19. Perché? Perché questa volta la pandemìa è davvero globale. Sembra un gioco di parole, considerato che nel termine “pandemìa” è già presente l’idea di universalità1. Eppure mai come oggi il contagio si è diffuso in forme molto più rapide e devastanti di quanto fosse accaduto, ad esempio, con Ebola, una malattia apparsa in Africa alla metà degli anni Settanta e purtroppo ancora oggi diffusa in quel continente. Nei primi anni Duemila, inoltre, abbiamo avuto a che fare con la diffusione della Sars, una pericolosa polmonite molto simile all’attuale Coronavirus.

Ma il Covid19 è senz’altro una delle malattie più contagiose che abbiano segnato la nostra storia. Anche la Valsassina non è stata, purtroppo, risparmiata da questa tremenda e mortale pandemìa. 

Pur essendo senza dubbio diversa dalle altre, l’emergenza che stiamo vivendo non è l’unica che l’umanità abbia dovuto affrontare. Epidemie di influenza sono infatti documentate fin dall’età antica, all’epoca di Carlo Magno e nella prima età moderna. Nel XIX secolo si registrarono due grandi epidemie influenzali: nel 1830 e nel 1880. Quest’ultima, detta “influenza russa”, ebbe origine in Asia centrale e, in tre ondate successive, fece circa un milione di vittime. Fu la prima della quale disponiamo di dati statistici.

Nel secolo scorso si consumò un’altra catastrofe umanitaria di dimensioni globali: la “Spagnola”, una forma influenzale particolarmente aggressiva, che si calcola abbia colpito un miliardo di persone e provocato complessivamente 50 milioni di vittime (in Italia i morti furono circa 600mila). Cifre altissime per un Paese ancora in guerra. La “febbre spagnola” apparve improvvisamente agli inizi del 1918 senza destare particolari allarmi, attenuandosi durante l’estate per poi ricomparire con tutta la sua virulenza nell’autunno di quello stesso anno. Scomparve rapidamente e definitivamente al termine dell’inverno dell’anno successivo. I primi casi si verificarono nel 1918, ma furono tenuti nascosti per non demoralizzare l’opinione pubblica, già messa duramente alla prova dalla Prima Guerra Mondiale. Fu infatti chiamata “Spagnola” semplicemente perché la Spagna, che non era coinvolta nella guerra e nei relativi condizionamenti propagandistici, fu l’unica nazione a non occultare quello che stava avvenendo: i suoi giornali, nella primavera del 1918, diedero apertamente notizia di una strana forma di malattia epidemica comparsa a Madrid e poi progressivamente diffusa in tutta la penisola iberica e da lì al mondo intero, veicolata dalle masse di soldati smobilitati e di prigionieri che tornavano alle loro case. I sintomi di questa influenza erano: febbre elevata, dolori muscolari e spossatezza. Nel volgere di pochi giorni, tuttavia la febbre subiva un ulteriore innalzamento, i tessuti degeneravano, comparivano muco e sangue nei polmoni, portando rapidamente a morte anche uomini e donne in perfette condizioni di salute2.

Dal punto di vista scientifico ancora si dibatte sulle cause della malattia: da dove venisse, da dove fosse originata, non si è mai venuti a saperlo con precisione. Gli studiosi hanno opinioni diverse, per quanto l’ipotesi oggi più seguita si concentri sull’Asia.

La “Spagnola”, che anche in Italia fece migliaia di vittime, rimase per lungo tempo nel ricordo e nell’immaginario collettivo. Ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, parlare della “Spagnola” suscita l’immagine di una tragedia che ha attraversato il mondo intero. Come una guerra, appunto, solo che in questo caso si trattava di una forma specifica di influenza, che in poco tempo arrivò a contagiare un miliardo di persone.

A Pasturo e a Baiedo, dove caddero per la patria già 40 giovani concittadini, morirono di “Spagnola” 15 pasturesi su 40 decessi registrati tra il luglio del 1918 e i primi quattro mesi del 1919. La “Spagnola” imperversò soprattutto nei mesi di ottobre e di novembre.

I dati sono tratti dai registri dei morti della parrocchia di Pasturo (vol. dal 1901, pp. 83-89). A constatare il decesso furono i medici Maestri3, Berera e Mazzoleni. Parroco di Pasturo era in quegli anni don Francesco Maroni, che resse la cura fino al 1927.

Ecco l’elenco dei caduti di “Spagnola”:

Pigazzi Anselmo, figlio di Giovanni e di Bergamini Giulia, di anni 8, morto il 10 luglio 1918 per polmonite doppia (dott. Maestri).

Ticozzi Giovanna, figlia di Tommaso e di Galbani Domenica, di anni 28, morta il 18 agosto 1918 per bronco polmonite.

Agostoni Battista, figlio di Giuseppe e di Paroli Margherita, di anni 40, morto il 9 ottobre 1918, per polmonite da influenza (dott. Maestri).

Bergamini Severino, figlio di Carlo e di Bergamini Maria Elisabetta, di anni 83, morto il 16 ottobre 1918 per senilità e bronco polmonite (dott. Maestri).

Cimpanelli Mansueto, figlio di Carlo e di Baroni Isabella, di anni 24, morto il 18 ottobre 1918 di polmonite doppia (dott. Maestri).

Galbani Domenica, figlia di Antonio Maria e di Costadoni Caterina, di anni 70, morta il 21 ottobre 1918 di bronco-polmonite (dott. Maestri).

Merlo Maria Maddalena, figlia di Eusebio e Galbani Rosa, di anni 40, morta il 27 ottobre 1918 di polmonite (dott. Maestri).

Doniselli Giovanni, figlio di Eusebio e di Anesetti Maria, di anni 76, morto il 30 ottobre 1918 per senilità e bronco polmonite (dott. Maestri).

Colombo Amalia, figlia di Giuseppe e di Colombo Isabella, di anni 50, morta il 30 ottobre 1918 per polmonite (dott. Maestri).

Orlandi Caterina, figlia di Carlo e di Ticozzelli Francesca, di anni 27, morta il 31 ottobre 1918 per bronco polmonite (dott. Maestri).

Bergamini Maria, figlia di Francesco e di Invernizzi Teresa, di anni 40, morta il 3 novembre 1918 per polmonite.

Costadoni Giacomina, figlia di Giovanni Battista e di Tantardini Maria, di anni 32, morta il 5 novembre 1918 per polmonite (dott. Maestri).

Ticozzi Angela, figlia di Giuseppe e di Devizzi Carolina, di anni 34, morta il 7 novembre 1918 per polmonite (dott. Maestri).

Bergamini Dante, figlio di Giuseppe e di Ticozzi Giovanna, di anni 3, morto il 4 marzo 1919 per polmonite (dott. Berera).

Costadoni Celeste, figlio di Giovanni Battista e di Doniselli Antonia, di anni 74, morto il 14 aprile 1919 di polmonite (dott. Mazzoleni).

Passato lo shock, la ripresa fu rapida e le conseguenze sociali della “Spagnola” spinsero molti Stati a organizzare un sistema sanitario pubblico e a varare leggi per regolare l’adozione di orfani.

Cosa succederà dopo questo lungo periodo di isolamento, dopo che si sarà trovato il vaccino contro il coronavirus SarsCov2? La storia ci insegna che le epidemie sono sempre esistite e che si superano. “Ricominciare” è, dunque, la parola d’ordine anche oggi per noi, una volta usciti da questa emergenza sanitaria che tanto ha cambiato la nostra vita quotidiana.

 

Marco Sampietro

 


1 La pandemìa (dal greco pàn che vuol dire “tutto” e da démos, che significa “popolo”, anche nel senso di “popolazione” di un Paese o di un continente) è una malattia che interessa tutta la popolazione, a differenza dell’epidemìa (dal greco epí, una preposizione che si può tradurre in vari modi, ma che contiene anzitutto l’immagine di qualcosa che sta “sopra” qualcos’altro, come ad esempio l’epidermide, che è lo strato più esterno della pelle) che si concentra su una regione o su una categoria di persone più esposte al rischio.
2 Sulla “Spagnola” cfr. P. Gulisano, Pandemie. Dalla peste all’aviaria: storia, letteratura, medicina, Milano 2006.
3 Felice Maestri (1880-1969) fu medico condotto a Introbio dal 1908 al 1940. Nel 1970, in sua memoria, venne restaurata la cappelletta della Peregrinatio Mariae in località Troggia.

 

IL GRINZONE n.71