Il fascismo eterno



Un elegante libretto dell’editore La nave di Teseo, per riproporre il contenuto di una conferenza tenuta da Umberto Eco il 25 aprile del 1995, agli studenti della Columbia University, nel cinquantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo in Europa: soltanto una cinquantina di pagine, caratterizzate da una scrittura chiara, essenziale, precisa.

Si tratta di un contributo ormai classico, come tale citato a piene mani, ma spesso senza cognizione di causa sui giornali, nei talk show, persino nelle chiacchere da bar, come succede a certi libri e film più citati che letti o visti.

La tesi di Eco si basa su due presupposti, che si possono così riassumere: 1) il fascismo fu certo una dittatura, una dittatura tutt’altro che all’acqua di rose, come talvolta interessatamente si vorrebbe far credere, anzi talora spietata, ma a differenza del nazismo e dello stalinismo non fu, a parere di Eco, completamente totalitario, per la debolezza e la “sgangheratezza” della sua ideologia e della sua politica; 2) il fascismo è incernierato su alcuni archetipi, per cui lo scrittore conia dalla lingua tedesca il termine, come si direbbe oggi virale, di Ur-fascismo o fascismo eterno.

Eco, forse anche con intento didascalico, ne individua quattordici caratteristiche, la cui attenta analisi è, a mio parere, la parte più interessante del volumetto per il lettore dei nostri giorni.

Le pagine finali del libro contengono un accorato appello e una pressante richiesta di vigilanza: l’Ur-fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili e può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai.

Questi concetti sono mirabilmente riassunti in una splendida poesia di Franco Fortini che, a mo’ di epigrafe, occupa l’ultima pagina.

                                        

                                                                                         Carlo Amanti

 

Indicazioni bibliografiche

Umberto Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, pag. 51.



IL GRINONE n.69