Le benevole


 

Proporre il libro di Jonathan Littel “Le benevole” implica il superamento di alcune perplessità, in primo luogo riguardo la lunghezza del testo (quasi 1000 pagine), ma soprattutto relativamente al contenuto: la lettura di non pochi passi del volume mette a dura prova la testa e lo stomaco del lettore.

Il libro, pubblicato in Francia (l’autore, nato a New York, scrive in francese), è risultato un autentico caso letterario in Europa (premio Goncourt nel 2006), mentre è stato stroncato dalla critica americana, con l’accusa all’autore di estetizzare il male, rendendolo in qualche modo condivisibile, e di non prendere mai in considerazione il punto di vista delle vittime.

Una precisazione sul titolo: ”Le benevole” sono le Eumenidi della tragedia greca, cioè le divinità infernali dell’ira e della vendetta, preposte a perseguitare gli assassini.

Il romanzo è il lungo ed ossessivo monologo-confessione di un ufficiale nazista delle SS, Maximilien Aue, della sua cavalcata infernale attraverso gli orrori della seconda guerra mondiale e in particolare della Shoah, il punto di vista dunque di un carnefice, che si riassume in queste poche e terribili parole: ”Non ho alcun rimpianto: ho fatto il mio lavoro, tutto qui”.

Libro difficile, con brani di insolita crudezza tra massacri, sesso gay, frequenti descrizioni di funzioni corporali, indicibili efferatezze, un romanzo inquietante fin dall’ incipit, nel quale il carnefice chiama i lettori “fratelli umani”.

In effetti Maximilien Aue è parte di noi, la parte più nera.

 

                                                                                                    Carlo Amanti

 


Jonathan Littel, Le Benevole, Einaudi Super ET.

IL GRINZONE n. 27