Il fuoco


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In un articolo apparso recentemente su “La Repubblica”, lo scrittore Paolo Rumiz, conoscitore della prima guerra mondiale più degli stessi storici di professione, evidenzia il bisogno di una “narrazione nuova”, in particolare di questa guerra, una narrazione diretta, lontana da “mielose rievocazioni, perché i libri non bastano a mettere il lettore nelle braghe del soldato”.

Ho la presunzione di aver scoperto un libro sulla prima guerra mondiale, che forse riesce a rispondere a questa esigenza: si tratta del romanzo di Henri Barbusse “Il fuoco”, pubblicato nel 1916, sulla base della diretta esperienza vissuta nei primi due anni di guerra dall'autore.

Ciascuno dei ventidue capitoli del volume racconta diversi aspetti e momenti della vita quotidiana dei soldati (i poilus, come venivano chiamati, letteralmente pelosi, villosi) nelle trincee del fronte franco-tedesco: l'abbigliamento, il fardello personale, il linguaggio, la licenza, la posta, le corvèes, il rancio, ma soprattutto i pidocchi, la fame, la sete, la stanchezza, il freddo, la pioggia, l'odore, i bombardamenti, gli assalti all'arma bianca, la morte e ancora la morte.

La peculiarità del romanzo risiede però nel fatto che non si parla di soldati in generale, ma di uomini in carne ed ossa, singolarmente connotati, con cognomi non importa se reali o di finzione letteraria, appartenenti allo stesso battaglione: il caporale Bertrand, Mesnil, Lamure, Barque, Biquet, Eudore, Paterloo, Cadilhac, Tirloir, Tulacque, Blaire, Fouillade, Marthereau, Cocon, Paradis, Pépin, Volpatte, Tirette, Farfadet e ovviamente l'autore; il solo ricordarne il nome è un doveroso esercizio di memoria.

Ciascuno di questi personaggi è mirabilmente ritratto nell'aspetto fisico, nei sentimenti, nel linguaggio, nei tic, nelle debolezze, nei comportamenti, nei sogni, nelle speranza, nei dolori, nella morte, insomma nella propria umanità.

Lo spietato realismo del racconto, di una crudezza in alcuni passaggi quasi insopportabile, è mirabilmente supportato da una scrittura apparentemente semplice, ma letterariamente viva e varia nei diversi registri, tanto da meritare all'autore il premio Goncourt.

 

                                                                                    Carlo Amanti

 



Henry Barbusse, Il fuoco, Castelvecchi editore, pag. 327.

IL GRINZONE n.50