Tutto è possibile


60 tutto  possibile


Siamo in Illinois, nel Midwest degli Stati Uniti,  ma non quello delle grandi città, bensì l’altro della più profonda provincia, dalle sterminate distese di grano, di soia e di terra marrone, ambiente che da sempre è inesauribile fonte di ispirazione per tanta letteratura e cinematografia.
Qui è ambientato il libro, che a me è parso un vero gioiellino, “TUTTO è POSSIBILE” di Elizabeth Strout, scrittrice di pregio, già ampiamente conosciuta per la sua cospicua bibliografia, scrittrice presente ed applaudita quest’anno al festival della letteratura a Mantova.

Il libro è composto di nove capitoli, che costituiscono altrettante storie, quasi racconti a sé, ma in effetti risulta un vero romanzo unitario, una biografia collettiva, con un perfetto incastro di situazioni e personaggi.
Questi ultimi sono descritti con assoluta maestria nelle loro caratteristiche fisiche, ma soprattutto psicologiche, con una abilità che direi pittorica e con una finezza di tratto, tanto che Pete, Lucy e Vicky Burton, le Principessine Nicely, i  Peterson-Cornell, Charlie Macauley, Missisipi Mary, Abel e Dottie Blaine, gli Appleby restano impressi nella nostra mente, come  altrettanti quadri di Edward Hopper esposti in una galleria.

La provincia americana, dicevo, è descritta nella sua povertà materiale, ma soprattutto nella sua miseria morale, tra vergogne indicibili, desideri irrealizzabili ed irrealizzati, meschinità e slanci di generosità, il tutto sotto una pesante cappa di immobilità, ma comunque sempre con il bisogno ed il sogno di tutti di essere compresi.

Qualcuno, come Lucy Burton, riesce ad evadere da questo ambiente plumbeo e diventa una scrittrice di fama, raccontando in un memoir la sua storia, che è poi quella di tutti.

Allora davvero “Tutto è possibile”, in negativo, ma anche in positivo: non è altro da quello che ci garantisce la seconda virtù teologale: la Speranza.

La scrittura è limpida, fluida, essenziale, mai ridondante, sia nelle parti descrittive che nei colloqui.


                                                                                                      Carlo Amanti 


                                                                                                            

Elizabeth Strout, Tutto è possibile, Einaudi, pg. 205.

IL GRINZONE n. 60



Siamo in Illinois, nel Midwest degli Stati Uniti,  ma non quello delle grandi città, bensì l’altro della più profonda provincia, dalle sterminate distese di grano, di soia e di terra marrone, ambiente che da sempre è inesauribile fonte di ispirazione per tanta letteratura e cinematografia.

Qui è ambientato il libro, che a me è parso un vero gioiellino, “TUTTO è POSSIBILE” di Elizabeth Strout, scrittrice di pregio, già ampiamente conosciuta per la sua cospicua bibliografia, scrittrice presente ed applaudita quest’anno al festival della letteratura a Mantova.

Il libro è composto di nove capitoli, che costituiscono altrettante storie, quasi racconti a sé, ma in effetti risulta un vero romanzo unitario, una biografia collettiva, con un perfetto incastro di situazioni e personaggi.

Questi ultimi sono descritti con assoluta maestria nelle loro caratteristiche fisiche, ma soprattutto psicologiche, con una abilità che direi pittorica e con una finezza di tratto, tanto che Pete, Lucy e Vicky Burton, le Principessine Nicely, i  Peterson-Cornell, Charlie Macauley, Missisipi Mary, Abel e Dottie Blaine, gli Appleby restano impressi nella nostra mente, come  altrettanti quadri di Edward Hopper esposti in una galleria.

La provincia americana, dicevo, è descritta nella sua povertà materiale, ma soprattutto nella sua miseria morale, tra vergogne indicibili, desideri irrealizzabili ed irrealizzati, meschinità e slanci di generosità, il tutto sotto una pesante cappa di immobilità, ma comunque sempre con il bisogno ed il sogno di tutti di essere compresi.

Qualcuno, come Lucy Burton, riesce ad evadere da questo ambiente plumbeo e diventa una scrittrice di fama, raccontando in un memoir la sua storia, che è poi quella di tutti.

Allora davvero “Tutto è possibile”, in negativo, ma anche in positivo: non è altro da quello che ci garantisce la seconda virtù teologale: la Speranza.

La scrittura è limpida, fluida, essenziale, mai ridondante, sia nelle parti descrittive che nei colloqui.

 

Indicazioni bibliografiche                                                                                                                   

Elizabeth Strout, Tutto è possibile, Einaudi, pg. 205, € 19.